Editoriali

EDITORIALE

Aeroporto Malindi, è di nuovo calato il silenzio

Perché aver investito già tanti milioni e non finalizzare?

19-03-2019 di Freddie del Curatolo

Lo scorso novembre, durante la presentazione di un piano di marketing turistico della Contea di Kilifi, avevamo assistito personalmente all’ennesima benaugurante levata di scudi in favore della tanto attesa espansione dell’aeroporto internazionale di Malindi.
Alle richieste degli imprenditori e delle associazioni del settore turistico, il Ministro del Turismo Najib Balala e il Governatore di Kilifi Amason Kingi, stringendosi la mano come i più famosi e titolati colleghi Uhuru Kenyatta e Raila Odinga avevano fatto qualche mese prima, ci avevano assicurato che con la ritrovata unità di intenti tra maggioranza ed ex opposizione, il vento avrebbe soffiato in un’unica direzione e ne avremmo visto i frutti dopo pochi mesi. Nel frattempo Balala invitava gli imprenditori a “fare qualcosa” e Kingi cercava di attirare nuovi investimenti nella regione.
“Gli abitanti delle zone soggette agli espropri saranno rimborsati con fondi già elargiti dal Governo” aveva detto Balala, ricordando che erano disponibili anche i bilioni di scellini per l’allungamento della pista di atterraggio.
A distanza di quattro mesi non solo nulla è cambiato, ma non si vedono soluzioni all’orizzonte.
Gli albergatori, che da quattro anni hanno segnato sul loro taccuino la data ventilata all’inizio dello stanziamento di fondi per Malindi, ovvero fine 2020, iniziano seriamente a dubitare che verrà rispettata tale scadenza, e mentre l’ennesima stagione senza tratte internazionali su Malindi si avvia al termine, fanno la conta dei danni.
“I continui ritardi dell’inizio dei lavori decisivi e finali per adeguare l’aeroporto agli standard internazionali avviliscono la destinazione – ha spiegato l’hotelier e consulente del Governo keniano Roberto Marini ai media nazionali – i turisti di oggi prediligono mete di vacanze dove il tempo di trasferimento dall’aeroporto all’hotel non supera i 30 minuti. A Zanzibar, ad esempio, questo avviene”.
In questo caso non si perdono solo turisti, ma anche catene alberghiere che sarebbero interessate ad investire a Watamu e Malindi, ma non trovano comodo né lo scalo a Mombasa con almeno due ore e mezzo di trasferimento via strada, né tantomeno le coincidenze di voli interni da Nairobi.
Nell’ottica che ogni Contea del Kenya abbia uno scalo internazionale, per favorire non solo il turismo ma anche i commerci con altri stati del continente africano, è incredibile che la Contea di Kilifi, che oltretutto ha nel turismo la prima fonte di guadagno in assoluto, non affretti i tempi per averne uno.
Oltretutto non c’è nemmeno da costruirlo ex novo, è quasi pronto!
L’altro aspetto quantomeno insolito, è che effettivamente sono già stati spesi dei soldi per rimborsare chi è stato spostato, per l’allargamento dello spazio di manovra (apron), per il raddoppio dei parcheggi, la costruzione di una nuova rete di recinzione e sicurezza di 7,5 km e soprattutto per l’allungamento della pista da 1-4 km agli attuali 2.5. Per far atterrare i boeing, ce ne vogliono 3.8.
“Malindi è uno dei centri turistici più importanti della costa nord –spiega Maureen Awuor, responsabile dell’associazione di hotelier (KAHC) della Contea di Kilifi - che attrae anche personalità e uomini d'affari di spicco a livello internazionale. L'aeroporto fornirebbe un'opportunità per gli investimenti e far crescere l’intera economia regionale”.
Dunque è solo la lentezza congenita del sud di questo Paese a frenare l’espansione dell’aeroporto di Malindi o c’è dell’altro? E se dell’altro c’è, cosa può essere più importante dello sviluppo turistico dell’intera regione, che potrebbe portare benessere per tutti e rilanciare la destinazione a livello mondiale? Come cantava Bob Dylan, la risposta soffia nel vento, come un aeroplanino di carta.

TAGS: aeroporto malindimalindi internazionaleeditoriale kenya

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