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Pino Bollini, un medico filosofo tra i Borana

La storia di un italiano e del progetto di Sololo

15-08-2019 di Freddie del Curatolo

Trentacinque anni fa un medico italiano in vacanza nella terra dei Samburu viene folgorato dalla vergine bellezza e dall’umanità di quelle lande desolate e prive di ogni contatto con la civiltà.
Dopo pochi anni Pino Bollini, chirurgo milanese con numerose specializzazioni ed esperienze in Patria, si trasferisce con moglie e due figli di 8 e 10 anni a Laisamis, tra il confine con l’Etiopia e il magico nulla.
In 27 mesi consegna un piccolo ma completo ospedale alla Diocesi di Marsabit, regolarmente riconosciuto dal Governo del Kenya e operativo ancora oggi.
“La prima sensazione d’Africa che mi travolse fu l’incredulità – racconta - L'uomo era già andato sulla luna da 20 anni e quando lo raccontavo lì, ridevano credendo che scherzassi. In quel primo viaggio ho visto ragazzi fare capriole di gioia dopo avergli dato solo un po' d'acqua; ma ho anche visto morire per disidratazione; di fame, di tetano... Ricordo un parto gemellare dove la prima nacque in una capanna a Maralal e la gemella vide la luce alcuni giorni dopo a più di cento chilometri di distanza all’ospedale di Wamba, dove l’avevano portata spinti dalla disperazione, con la speranza di un aiuto, che hanno trovato. E’ sopravvissuta lei, così come a Laisamis, senza incubatrice, anche neonati di meno di 900 grammi.
E’ stato come ritrovarsi in un film e toccare con mano l'indomita forza della vita. Poi anche le sconfitte, le disillusioni...forse sarebbe meglio non ricordare tutto. Toglietemi la memoria e rifarei tutto, ma se mi lasciate la consapevolezza  di quanto ha richiesto l'arrivare fino ad oggi, non so se avrei la forza ed il coraggio di ricominciare”.
Vissuta così, l’Africa non può che entrare nel sangue: dopo alcune esperienze in Guinea Bissau e in Sudan nel 2000 Bollini, vive anche la situazione estrema della Somalia, lavorando tra l’altro con la Beata Suor Leonella Sgorbati che lì verrà uccisa.
“Ecco una persona che non potrei mai dimenticare – ammette Bollini - Tutti sanno cosa era in quegli anni la Somalia e cosa è ancora oggi. Penso che gli ultimi su questo mondo, siano proprio quelli che vivono in situazioni simili, guerre incluse, dove il "volontariato-puro", per "cause di forza maggiore",  è spesso impossibilitato ad aiutarli in modo significativamente risolutivo. Chi sta veramente dalla parte degli ultimi ? Chi non ha interessi a starci”.
Così è nato il Progetto di Sololo, gestito con la Ong CIPAD per prevenire il fenomeno dei “ragazzi di strada”. Da medico a missionario: l’italiano da quindici anni è l’unico “mzungu” che vi lavora, per il resto viene gestita totalmente da persone del posto. Sololo è terra di pastori Borana, popolazione semi nomade che si sposta a seconda dell’acqua e dei pascoli, attraversando zone aride e veri e propri deserti.
E’ da anni una zona insicura e flagellata da scontri tribali, con alto rischio di infiltrazioni di elementi legati al terrorismo somalo. Oltretutto i cambiamenti climatici negli ultimi anni hanno ulteriormente messo in ginocchio la popolazione. Dall’altro lato la strada asfaltata completata nel 2016 ha migliorato i collegamenti da Nairobi (che dista 800 km) e diminuito il banditismo. Tuttavia la popolazione locale vive in bilico tra l’emarginazione e le tentazioni distorte dei tempi moderni.
In questo contesto, CIPAD cerca attraverso l’assistenza, le cure sanitarie e l’aspetto psicologico prima e l’istruzione poi, di aiutare questa gente ad uscire dall’idea di ineluttabilità della propria miseria.
“Ci facciamo carico dei bambini orfani e vulnerabili garantendo loro alloggio, vitto, vestiario, cure sanitarie e studio – illustra Bollini - che per i più meritevoli arriva fino alla laurea. Alcuni ex studenti sostenuti da CIPAD oggi sono laureati ed in piena carriera. Uno di loro, nato nella savana più sperduta, è stato a Vienna con incarichi amministrativi presso l’ambasciata del Kenya. Solo pochi anni fà il Borana che si recava al sud del paese diceva “vado in Kenya” intendendo dire che avrebbe oltrepassato Isiolo a 500 km da Sololo. Allora Isiolo era considerato il confine sud di queste aree desertiche e semidesertiche. I dati ufficiali di pochissimi anni fà documentano come il 70 per cento di questa popolazione aveva un reddito procapite sotto alla soglia di povertà, internazionalmente riconosciuta in un dollaro. Secondo i nostri calcoli, addirittura con meno della metà. Nonostante ciò loro vivevano; questo a riprova che il loro modello tradizionale non aveva bisogno di soldi per riuscire a mantenersi. Forse misurare il benessere con i soldi non è lo strumento giusto. La solidarietà del gruppo, ricevuta dal singolo solo se meritata, in certi contesti estremi come quello di Sololo, è vincente anche là dove il singolo soggiace. In questo senso il Progetto Sololo funziona perché nasce dai loro problemi, per risolverli con soluzioni trovate da loro stessi. Aver costituito una ONG keniana che li rende allo stesso tempo beneficiari e gestori delle scelte è vincente. Si può affermare con certezza che il progetto assiste gli “ultimi degli ultimi” e lo fa tramite gli  stessi ultimi”.
Qualche numero: 92 famiglie attualmente assistite, 253 minori sostenuti, 15 operatori, oltre mille persone complessivamente beneficiate totalmente o parzialmente dal progetto attraverso borse di studio, assistenza sociale, cibo, alloggio e sanità. Grazie anche al grande lavoro di Bollini nel reperire fondi indispensabili a far andare avanti Sololo.
“Attualmente è impensabile, visto il genere di beneficiario e di contesto, poter strutturare in loco fonti di sostentamento che garantiscano l’autosufficienza economica completa del Progetto Sololo - conferma il missionario italiano - Di conseguenza, il progetto è destinato a spegnersi in mancanza di un adeguato sostentamento economico, seppur oggettivamente minimo. Attualmente la nostra raccolta fondi si ferma ai due terzi di quanto sarebbe necessario. Le nostre riserve ci consentono oggi di raggiungere più o meno la fine di questo anno poi, salvo imprevisti aiuti economici, saremo costretti a ridurre gli interventi del progetto. Il costo totale del progetto, escludendo le costruzioni e le spese extra legate alla carestia, si aggira in media  intorno ai 160 euro a persona all'anno. Una cifra modesta, considerato tutto, ma difficile da mettere insieme con il solo sostegno di amici e benefattori privati. Anche pochi, pochissimi euro, fanno la differenza per qualcuno. Il mondo delle singole persone non cambia in meglio con gli slogan o con le violenze, anche se solo verbali e magari dettate da pregiudizi, bensì cambia con i fatti e questi fatti il più delle volte sono piccolissimi ed apparentemente insignificanti, come la donazione di pochi euro a CIPAD, lontana e sconosciuta ong africana. Oltretutto, purtroppo, quando le grandi organizzazioni umanitarie mancano di trasparenza e provocano discredito, questo ricade anche sulle piccole e piccolissime organizzazioni come la nostra. Quando i grandi esagerano con la loro informazione-propaganda, ci offuscano. Possono involontariamente anche arrivare a spegnerci quando ci privano dei finanziamenti con le loro potenti campagne che si rivolgono perfino ai piccoli donatori che sono gli unici ai quali possiamo ancora appellarci”.  
Aiutare oggi Bollini e la terra keniana in cui opera, significa allo stesso tempo far fronte ad emergenze come la carestia da siccità ma anche a continuare ad aiutare i minori, attraverso i sostegni a distanza. Ma significa anche sposare una filosofia della solidarietà che noi di malindikenya.net da anni abbiamo sposato.
“Ci rivolgiamo soprattutto a chi vive ancora rifiutando la superficialità e ragionando con la propria testa sulle proprie scelte, condividendo o meno, ma accettando in ogni caso un confronto costruttivo. Il “diverso” fa paura proprio perché è sconosciuto. Il buon senso però spiega come solo nel confronto con gli altri e nello scambio delle conoscenze c'è la possibilità per ognuno d'imparare qualcosa di diverso e quindi di poter scegliere e crescere. In alternativa a questo, si rimane condannati a restare ciò che si è; poco o tanto che si sia. Non è auspicabile essere tutti uguali. Il razzismo sicuramente finirà quando saremo tutti mulatti. Ma non sarà proprio una bella cosa. Tutti uguali, neppure avremmo la speranza di poter cambiare. “Il diverso” ci è indispensabile per crescere e capire il contesto in cui ci si trova e si agisce è fondamentale per vivere il quotidiano con coerenza. Il motto del Progetto Sololo è “Pensa globale e agisci nel particolare”. 
Grazie a questo percorso, alla costante ricerca della Verità e al confronto con Cristo e con la sua Proposta, si può restare inseriti nel mondo senza esserne schiavi. Essere sempre se stessi, aprendosi con onestà e sincerità, scrivendo la propria storia con la parola chiave “amare”, è la vera rivoluzione che si può mettere in atto oggi”.

Per ulteriori informazioni sul Progetto Sololo e su Pino Bollini: www.sololo.it

Per donazioni o sostegni a distanza: 

CIPAD Obbitu OVC Sololo - Kenya Commercial Bank Moyale - Conto n° 1105476219

TAGS: italiani kenyamedico kenyastorie kenyapersonaggi kenyaborana

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