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EDITORIALE

Avvertenze agli italiani "autocertificati" in Kenya

Riuscire ad arrivare non significa diventare immuni

21-12-2020 di Freddie del Curatolo

La “trovata” dell’autocertificazione di variazione temporanea del domicilio sta funzionando.
Questa regola non scritta ma accettata, ha spinto verso il Kenya molti italiani letteralmente in fuga dal loro Paese in cui ogni giorno cambiano le regole e che per Natale non promette grandi concessioni.
Le gabbie aeroportuali sono state aperte ed effettivamente sembra che nessuno, tra le istituzioni, abbia l’interesse a trattenere chi prima di oggi ha voluto mollare la nave prima che affondasse.
Ma si riuscirà a partire anche nei prossimi giorni, con qualche lasciapassare in più per recarsi all’aeroporto. D’altronde un cambio di domicilio internazionale mica è un trasferimento da comune a comune o da regione a regione, no?
Autocertificati con indirizzi nuovi, ma più o meno con le stesse idee (poche ma in compenso fisse, come diceva il Poeta) di sempre.
Ma anche le avvertenze di chi è riuscito a venire in Kenya pur non essendo residente sono ancora le stesse che vi avevamo lanciato qualche settimana fa: anche se la situazione qui non è tragica, se i keniani non muoiono come in Europa (l’età media conta, ricordatelo) non significa che non ci sia il Covid-19 e che voi non possiate essere i prescelti, specie perché arrivate da un altro clima e altro stress.
Quindi gioite del fatto che siete in Kenya in piena estate, ma rispettate comunque le buone usanze di contenimento del contagio, tanto più che qui sono anche passibili di multe salate e di inconvenienti (di lingua, di abitudini, di maniere) con le forze dell’ordine.
I keniani sono pe la stragrande maggioranza asintomatici, ma ogni qual volta siano stati fatti tamponi a caso, almeno il 40% è risultato positivo.
Ricordate anche che la sanità pubblica non ha grandi possibilità di curarvi e quella privata è molto cara. Un giorno in terapia intensiva con supporto d’ossigeno può arrivare a costare 500 euro.
In più le cliniche convenzionate con le assicurazioni sono poche e anche per questo potrebbero non avere posto nei reparti Covid-19.
Insomma, prendete pure l’aereo, fate la vostra bella autocertificazione semiseria, ma non prendete niente altro alla leggera.
Abbiamo notato a Malindi (è la mia cittadina d’adozione, lo sapete, ma anche la meta classica dell’italiano leggerino...) alcuni connazionali appena arrivati e tanto felici di vedere che la popolazione locale non rispetta quasi per nulla le regole Covid-19 e altrettanto serenamente spiega che qui non c’è mai stato un caso, che è tutta un’invenzione del Governo per ottenere fondi dall’Organizzazione Mondiale della Sanità e via dicendo.
Due presidi di altrettante scuole a Malindi e Kilifi, un beach boy di Watamu, due poliziotti di Contea, un infermiera, la sorella e il genero di un medico di Malindi non la pensavano così, ma non hanno potuto spiegare agli altri cosa succede a prendere il virus in forma grave. Perché ora non ci sono più.
Nessuno di loro aveva patologie pregresse.
Vi potrete godere le vacanze, il mare, la savana, le spiaggie, i villaggi e la loro umanità, anche stando in sicurezza e facendo capire ai locali che il vostro atteggiamento è una forma di rispetto e che se dall’altra parte non c’è lo stesso approccio, che ci sia almeno la distanza.
E buone vacanze, italiani autocertificati!

TAGS: autocertificazione kenyaturisti kenyaitaliani kenyanatale kenya

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