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AMBIENTE

Diani: lo scandalo delle navi che rubano la sabbia

Troppo vicine al litorale, spiagge ed ecosistema in pericolo

25-03-2019 di redazione

Gli operatori del settore turistico sono quantomai sul piede di guerra per la questione delle navi che dragano da tempo la costa sud per rifornire di sabbia corallina da costruzione le varie opere di infrastrutture nazionali, a partire dal porto di Mombasa, ferrovie e autostrade.
Dal 2016 col beneplacito delle istituzioni grosse navi cinesi, giapponesi e una olandese sono al lavoro giorno e notte, prelevando tonnellate di sabbia dal litorale tra Likoni e Tiwi Beach, località turistica a pochi chilometri dalla più rinomata Diani.
Operando per comodità in maniera illegale a poche decine di metri dalle spiagge, quando dovrebbero effettuare questi lavori oltre le 8 miglia marine, agiscono da tempo indisturbate. 
Uno scempio che rischia di rovinare per sempre l’ecosistema marino della costa sud e per il quale la NEMA non ha mai fornito le analisti di impatto ambientale, nonostante a più riprese associazioni ambientaliste e turistiche lo abbiano espressamente richiesto.
Nei giorni scorsi il direttore della Kenya Tourist Federation, Mohammed Hersi, in un seguitissimo twit ha invocato l’attenzione del Presidente Kenyatta sulla questione, prima che sia troppo tardi.
“Presidente, le vorrei sottoporre direttamente questo problema – scrive Hersi sul suo profilo twitter – siamo anche noi per lo sviluppo e vogliamo un porto migliore, ma non a spese della nostra splendida Diani Beach, località balneare premiata a livello internazionale. Lì vicino, a Tiwi Beach, la raccolta della sabbia avviene a molta meno distanza delle otto miglia nautiche dal litorale. Abbiamo preso contatto con vari uffici ma nessuno ha voluto mostrarci lo studio di accessibilità ambientale. Alcune zone di Diani stanno già trasformandosi in zone rocciose senza sabbia. E’ questo che vogliamo? Appaltatori che scelgono le vie più brevi e facili a scapito del nostro ecosistema e del turismo?”
Il Governo Kenyatta in questi ultimi mesi ha intensificato la lotta alla corruzione, iniziando a colpire anche membri del suo stesso partito. Anche questo si profila come un caso di “chiusura occhi”, che può davvero fare male alla natura della costa keniana.
Il Dio denaro, in nome di un ventilato sviluppo che dovrebbe portare benefici a tutti e che invece continua ad arricchire solo la classe dirigente nazionale e le grandi aziende straniere, è il protagonista indisturbato di questa rovina a cui però in molti, fortunatamente anche keniani, vogliono dire basta.
Nel 2017 gli esperti della Coast Ocean Research Development Indian Ocean (CORDIO) avevano già lanciato l’allarme.
“La raccolta della sabbia arriva fino a 30 ai 50 metri dei pendii della barriera corallina sulla costa meridionale del Kenya, a Waa e Tiwi – scriveva la CORDIO - La qualità dei depositi di sabbia, la larghezza del crinale e la limitata profondità sembrano fare di questa zona una delle principali opzioni per soddisfare le esigenze di costruzione nel porto di Mombasa , delle ferrovie, i terminal e le altre strutture. Tuttavia, la barriera corallina è una delle principali risorse naturali del Kenya ed anche una fonte economica per le Contee costiere, in particolare per la pesca e il turismo.
La raccolta di sabbia sul versante esterno del reef della costa keniota sta apparentemente aumentando negli ultimi anni, a causa della domanda di progetti di costruzione su larga scala per il materiale. Tuttavia non vi è apparentemente un'azione coordinata per identificare altre potenziali fonti di sabbia e affini per le costruzioni .  La raccolta selvaggia della sabbia rappresenta un caso emblematico della necessità di una pianificazione dello spazio marino e di una pianificazione integrata tra i diversi settori governativi - e necessaria se il Kenya vuole raggiungere le sue aspirazioni di Blue Economy.

TAGS: diani beachsabbia kenyainfrastrutture kenyacorruzione kenya

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