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Lucciole, categoria tra le più penalizzate dal Covid-19 in Kenya

Coprifuoco e chiusura bar, migliaia di libere professioniste sul lastrico

10-09-2020 di Freddie del Curatolo

In Kenya rappresentano una grossa fetta degli introiti dei “liberi professionisti”, hanno un sindacato che sa farsi sentire ed alcune di loro pagano anche le tasse, a fronte delle migliaia che lavorano “in nero” (ma non solo “con il nero”...).
Non faranno alzare il PIL nazionale ma qualche altra cosa grazie a loro, da che mondo è mondo, si è sempre alzata.
Con l’emergenza pandemia, però, le “sex workers” del Kenya, le lucciole da bar sono allo stremo.
Dopo tre mesi di lockdown e coprifuoco e altri due in cui il divieto di passeggiare nelle ore notturne e  chiusura di tutti i bar hanno chiuso i loro luoghi di lavoro e diradato i clienti, le ragazze di vita del Kenya che, a differenza di quanto avviene in molti Paesi occidentali e asiatici non hanno dietro protettori o addirittura mafie, ma esercitano liberamente come fossero cameriere o soubrette, attraversano una crisi che tramite loro ha messo in ginocchio intere famiglie e migliaia di bambini.
Negli slum di Nairobi, le “night ladies” diventano “Bellés de jour” ma hanno difficoltà a vendere le loro grazie ai clienti perché non ci sono locali dove elargire i loro servizi.
Spesso i pub che il Governo ha deciso di tenere chiusi per altri 30 giorni hanno anche camere al minuto, mentre le stamberghe locali, pur potendo, non hanno neanche riaperto per via delle regole imposte dal protocollo sull’hospitality.
“Non possiamo certo ospitare i nostri clienti a casa – ha detto una di loro in un’intervista ad un canale televisivo nazionale – perché i nostri figli scoprirebbero che la mamma non fa la cassiera o la ballerina. Io ne ho sei da sfamare, compresi quelli di mia sorella che non c’è più”.
La sopravvivenza non è mai stata una questione morale, nei quartieri poveri e paradossalmente questa dura realtà ha aumentato la dignità di alcune di loro.
Il sindacato ne è la riprova.
E’ inutile mentire, il Kenya vive di abitudini legate alla vita da bar, alcool e sesso in primis.
Il Covid-19 le sta cambiando radicalmente e il Governo sembra aver approfittato della situazione anche per cercare di riportare il proprio popolo sulla retta via.
Le sindacaliste di Mombasa a giugno, quando la Contea era ancora chiusa, avevano chiesto al Governatore Hassan Joho di poter essere incluse nel novero dei “servizi essenziali” per cui i cittadini potevano spostarsi in tutta la regione.
A Nairobi dopo la proroga di agosto, hanno invece chiesto di poter accedere a tamponi gratis per recuperare la fiducia dei loro clienti.
Fuori dagli slum, nella capitale, è un fiorire di appuntamenti in case private e feste particolari.
In alcune di queste è stato pizzicato anche qualche politico che ha cercato nottetempo di tornare a casa sua o gruppi di rampolli dediti a orge.
Niente di strano e soprattutto niente di diverso da quel che succede altrove, ma è il lato economico a preoccupare la categoria. Dopo quattro sfibranti mesi anche i clienti sono a corto di contanti.
Per gran parte delle lavoratrici del sesso, il reddito quotidiano non supera i cinque euro. Attualmente però anche per le più volonterose, non ci sono lavori che possano garantire tale introito.
Per le ragazze del centro e dei quartieri della Nairobi bene, c’erano anche mance fino a 500 euro al giorno e i loro vestiti, gli appartamenti in affitto e la vita in generale era di buon livello.
Ora molte di loro, che sembrano davvero modelle o “studentesse” come spesso s’ironizza quando i turisti stranieri se ne innamorano sulla costa, sono costrette ad abbassare di molto le pretese, ma spesso si convincono che non ne valga la pena, come appunta una di loro sul quotidiano nazionale The Standard. Inoltre non hanno nemmeno la scappatoia delle località turistiche come Malindi, Watamu e soprattutto Mtwapa e Nyali, perché turisti non se ne vedono.
Insomma, un tempo le brave ragazze dicevano “se sarò in bancarotta, mi toccherà prostituirmi”.
Oggi sono le prostitute a pensare che tutto sommato andrebbe bene anche fare la cameriera ai piani in un hotel o l’operaia in un’azienda tessile.

TAGS: prostituzione kenyalucciole kenyastudentesse kenya

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