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Nuove prove, rinviato ancora processo rapitori Silvia

L’udienza si doveva tenere stamattina a Chakama

24-10-2019 di Freddie del Curatolo

Tutto era pronto da giorni nel villaggio di Chakama per una nuova udienza del processo a tre dei presunti componenti della banda di criminali che rapirono la sera del 20 novembre 2018 la volontaria italiana Silvia Romano.
Come accadde lo scorso 29 luglio per l’apertura del processo, data la quantità di testimoni da ascoltare e la difficoltà di recuperarli e trasportarli alla Corte Giudiziaria di Malindi, ma anche per farli sentire a proprio agio nel loro habitat naturale, l’udienza prevista per la mattina di oggi, giovedì 24 ottobre, avrebbe dovuto tenersi nella scuola elementare del villaggio dell’entroterra malindino dove la giovane milanese fu rapita.
Invece questa mattina a Chakama è tutto tranquillo come sempre, non ci sono né il Pubblico Ministero Alice Mathangani né tantomeno il Giudice Julie Oseko oltre ovviamente ai tre cittadini keniani “alla sbarra”, Moses Luwali Chembe, Abdalla Gababa Wario e Ibrahim Adan Omar, che dallo scorso 2 settembre sono accusati di terrorismo. Il capo d’imputazione è stato cambiato per i primi due dopo che nel corso delle indagini sono emerse nuovi elementi probatori. Accusa che invece era già stata formulata nei confronti di Ibrahim Adan Omar, trovato in possesso di armi, i famosi Ak47 che potrebbero essere quelli utilizzati dai malviventi che rapirono la volontaria milanese.
Le nuove udienze infatti sono state rinviate, ufficialmente per “motivi tecnici”, a metà novembre, le date potrebbero essere quelle di giovedì 14 e venerdì 15 novembre.
In realtà sarebbero state proprio le indagini di questi ultimi due mesi, svolte di concerto tra le forze dell’ordine keniane e quelle del nostro Paese, a portare al secondo rinvio del processo.
Il PM di Malindi avrebbe infatti acquisito altri elementi nuovi e fondamentali da sottoporre alla difesa, evidenze scaturite proprio dalle nuove indagini che confermano una volta di più, al netto di tutte le chiacchiere, la sinergia tra autorità keniane e italiane, confermata da un recente sopralluogo sulla costa del Raggruppamento Operativo Speciale dell’Arma dei Carabinieri, più comunemente conosciuti come ROS.
E’ quindi qualcosa più di una speranza che oltre alle vicende processuali, la collaborazione tra chi lavora per riportare a casa Silvia Romano stia procedendo in maniera seria ancorché giustamente silenziosa e a fari spenti, al di là delle naturali speculazioni di media e certa opinione pubblica.

 

TAGS: silvia romanoprocesso kenyarapimento kenya

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