LUTTO
29-12-2021 di Freddie del Curatolo
Spesso, quando una persona conosciuta in vita ci lascia dopo una lunga, aggressiva malattia, si usa scrivere che “ha lottato come un leone fino all’ultimo” o che “ha affrontato con coraggio senza mai mollare” quel tunnel da cui in pochi riescono ad uscire e rivedere la luce che permetterà loro di proseguire il cammino.
Nel caso di Luciana Franci, la “Power Ranger” come con la spavalda ironia di cui era portatrice sana si era soprannominata o “Lucianona” come solo gli amici potevano chiamarla, non c’è niente di più vero. Leonessa lo è sempre stata, negli anni ruggenti d’Africa come nella gioventù ribelle e non ci vuole grande immaginazione per crederci: per chi non l’ha frequentata c’è un libro, l’autobiografia scritta quando già aveva intrapreso l’avventura più dura e drammatica da affrontare.
Purtroppo quel libro da oggi in poi non sarà solo la testimonianza di una donna verace, passionale, istintiva e battagliera ma la sua eredità lasciata a chi l’ha incontrata tra le palme e la savana del Kenya o sulle verdi colline della sua Maremma laziale.
Luciana Franci se n’è andata a soli 55 anni, senza riuscire a tornare in quella terra che amava tanto e che aveva esplorato durante decine e decine di safari, facendo innamorare dei suoi meravigliosi angoli selvaggi moltissimi italiani che le sono rimasti affezionati.
Perché “Lucianona” non era solo un’esperta guida di safari, ma un Cicerone d’equatore ineguagliabile per parlantina e aneddotica, che sapeva alternare sapientemente professionalità e colore, battute estemporanee e sentimentalismo, vampate dialettiche sopra le righe e pillole di saggezza.
Approdata per la prima volta in Africa nel 1992 come volontaria, Luciana né è rimasta folgorata ed ha iniziato a frequentarla assiduamente.
Lavorare nel settore dei viaggi per lei, “maschiaccio” nella terra dei cinghiali, capace di cavalcare grosse moto custom e girare l’Europa, è stato un afflato naturale, così come in cuor suo sapeva che ancor più naturale sarebbe stato trasferirsi in Kenya e diventare lei stessa “il viaggio”, unendo alla passione di sempre il lavoro in una terra ricca di paesaggi e sorprese, mai scontata e tutta da vivere con i suoi paradossi, i pro e i contro.
Così simile alla sua terra d’origine, così simile a lei.
“Passione Africa”, il nome dell’agenzia di safari che in quindici anni ha organizzato le vacanze di centinaia di connazionali, ha interrotto l’attività dopo le restrizioni della pandemia, ma Luciana ad agosto, non appena il paese africano aveva riaperto le frontiere al turismo, era tornata per prepararsi a nuove stagioni di viaggi, quando un fastidioso mal di schiena dopo l’ennesima escursione a caccia di nuovi scenari da far vivere e raccontare ai suoi clienti l’aveva nuovamente bloccata.
Sulle prime sembrava uno dei tanti virus tropicali estemporanei e noi, come tanti altri italiani in Kenya, l’abbiamo fornita di tutte le conoscenze di specialisti in Kenya ed in Italia.
Dal primo ricovero ad ottobre dell’anno scorso, i soliti alti e bassi di speranze e sconforto, debolezza fisica e volontà ferrea, positività e speranza, hanno accompagnato l’uscita del libro “Che cielo che c’è”, che è riuscita anche a diffondere di persona, organizzando alcune presentazioni.
All’ultima, la più prestigiosa al Salone del Libro di Torino, non è riuscita a partecipare.
La aspettavamo qui, con la sua inconfondibile camicia da “Power Ranger”, la cintura e il baschetto, la risata solare che zittiva iene e babbuini e una nuova trovata.
Sei partita troppo presto per il tuo ultimo viaggio. Safari Njema, Luciana!
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