POLITICA
13-12-2020 di redazione
“I tempi sono maturi per un referendum costituzionale”.
Queste parole sono risuonate ieri, sabato 12 dicembre, allo stadio Nyayo di Nairobi durante il discorso presidenziale
in occasione del 57° Jamhuri Day, il giorno dell’Indipendenza del Kenya.
Il discorso di Uhuru Kenyatta ha riguardato quasi interamente la cosiddetta BBI, l’iniziativa interparlamentare per portare il Kenya alla stabilità attraverso un processo di pace e di governabilità condivisa, anche se i pochi rimasti all’opposizione e gli attiviti per i diritti civili lo vedono come un modo per rimanere in qualche modo in sella, dopo i due mandati che gli impediscono di rimanere a capo del Governo. Con un Presidente eletto e un Primo Ministro, la questione sarebbe risolta. Proprio come era accaduto nel 2008, per riappacificare il Paese minato da faide etniche e lotte di potere. Lo stesso Vice presidente William Ruto, prima “vittima” delle strette di mano tra maggioranza e opposizione, ha chiesto che il Governo analizzi bene quali sono le priorità del Paese, prima di pensare ad un referendum. “Economia, sanità e istruzione vengono prima – ha detto – perché sono i settori più colpiti dalla pandemia”.
Kenyatta ha annunciato che il 4 gennaio, circa 14 milioni di bambini riprenderanno la scuola.
Kenyatta però insiste sulla stabilità del Paese che ritiene fondamentale per portare avanti ogni iniziativa futura e, in vista delle urne, come avviene per ogni tornata elettorale, bisogna pensare alla sicurezza nazionale.
“Se il cambiamento è davvero inevitabile a intervalli prestabiliti, come leggere i momenti che richiedono un cambiamento? – ha chiesto il Presidente - la necessità di cambiare la legge è direttamente proporzionale all’instabilità nazionale vissuta ogni cinque anni. Eccoci quindi arrivati in prossimità di una nuova frontiera costituzionale, per non imprigionarci in modelli che non funzionano”.
Kenyatta ha ribadito la proposta del referendum per creare più inclusività e non ridurre la sfida per la leadership in una battaglia tra due soli esponenti di altrettante etnie.
La proposta è quella di avere Un presidente, il suo vice, un Primo Ministro e due suoi vice. Cinque politici che possano degnamente rappresentare le varie componenti del Kenya.
“Se questo ha funzionato quando lo ha proposto Koffi Annan nel febbraio 2018 – ha aggiunto Kenyatta – vuol dire che c’era qualcosa di giusto”.
Tra le altre riforme che saranno affidate al voto popolare, la partecipazione delle donne in Senato, che dovranno essere la metà.
“Se il 50 per cento del Senato sarà costituito da donne – ha detto il Presidente - il loro contributo a un sistema di decisa devolution si farà sentire, perché metà delle decisioni del Senato arriverà da loro”.
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