RICORDO
15-06-2021 di Freddie del Curatolo
Mi ricordo ancora quei ragazzetti poco più grandi di me, quando arrivai a Malindi, più di trent'anni fa.
Gironzolavano sempre nell’officina di meccanico del padre, il piccolo mzee Alì, che era il più grande esperto di Land Rover di tutta la costa.
Arrivavano inglesi perfino da Mombasa per farle riparare da lui. Era specializzato in Land Rover, ma all’occorrenza dava un’occhiata anche alle altre macchine.
Mohamed, il più grande dei 4 fratelli, aveva già la barba folta e una salopette blu sempre piena di grasso del motore.
Era stato il primo a seguire le orme paterne. Poi c’era Abdallah, con lo sguardo sempre serio. Io avevo fatto amicizia con Seif, che sarebbe diventato uno dei più bravi carrozzieri di Malindi.
Nei primi anni Novanta realizzò uno dei miei sogni di giovane fanatico: si divertì tantissimo a trasformare la mia suzuki 4x4 aperta nella “Patomobile”, una bomboniera con il colori del Genoa, rossoblu, che in pratica era la proiezione africana della mitica 313 dei fumetti di topolino.
Mansur invece studiava ancora e non sembrava voler seguire le orme paterne.
Dopo aver passato qualche anno in Italia, tornato in pianta stabile nel 2005, per prima cosa andai a cercare Seif. Il vecchio Alì se n’era andato e le volte successive io e Seif ci vedevamo dove un tempo c’era l’officina e ora Mansur aveva aperto un ristorantino. Quello che sarebbe diventato il mio fast food e il mio take-away preferito: Jabreen Café. I chapati e le samosa più buone che si potessero immaginare. Mansur, pur più riservato di Seif con cui si scherzava spesso e volentieri, era una persona d’altri tempi, sempre posato e di una gentilezza rara.
Con Seif festeggiammo quasi contemporaneamente la nascita delle nostre prime figlie e poi, seppur raramente, abbiamo continuato a vederci, anche solo per un “chai” e per raccontarci le nostre ultime vicissitudini. Con Seif, uomo di una dolcezza e di una sensibilità rara, c’era un rapporto speciale, e con i suoi fratelli, come con tanti altri esponenti della comunità islamica di Malindi, un rispetto reciproco, taciuto e sempre rinnovato con sguardi, sorrisi e piccoli gesti significativi, che appartiene ad un altro tempo. Tempo che sembra franare sotto i piedi quando a sgretolarsi sono i personaggi più puri e semplici che hanno contribuito a costruire la Malindi più vivibile e serena.
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