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SATIRA

L'estate tardiva degli italiani in Kenya

Arrivi di tutti i tipi in questi giorni a Mombasa

05-02-2021 di Freddie del Curatolo

Arrivano, arrivano come se fosse un loro diritto.
E forse lo è, di certo più un diritto che un dovere.
Arrivano gli italiani con un tampone fatto 96 ore prima in un Paese che ogni giorno ancora registra 15 mila casi ogni 24 ore e almeno 400 morti.
Ma che in queste ore è alle prese con quella che appare come la priorità assoluta: cacciare Conte e allestire un Governo di tecnici, di economisti, di strateghi. Di colpo il Covid-19 non è più la prima notizia in pagina, ma nemmeno la seconda e la terza.
A pensarci prima, tutti gli intelligentoni che hanno passato il tempo a lamentarsi e insultare i politici, avrebbero potuto risolvere i loro problemi in due mesi.
E intanto arrivano, con un tampone che dopo 4 giorni potrebbe essere tranquillamente smentito.
Fanno bene?
Probabilmente più alla loro salute mentale che a quella di chi gli starà intorno, fatto salvo che vengano in Kenya per rispettare le stesse regole a cui sono stati obbligati fino ad ora in patria.
La legge ancora gli vieterebbe di uscire dall’Italia in direzione Africa per turismo, ma i Paesi del Continente Nero li accolgono e li attendono quasi come una manna.
Oddio, nella gran parte dei casi preferirebbero viaggiatori un po’ più “luxury” degli italiani da sbarco, ma in periodo di ristrettezze tutto va bene.
In fondo loro amano il Kenya, o almeno un cittadino keniano.
No, dài, si dice per sorridere. Sappiamo bene che chi sta arrivando in questi giorni non è come la punta dell’iceberg in scioglimento che si vede in giro, tra pizzerie e sellini di boda-boda.
Ci sono anche proprietari di case che vengono a vedere se qualcuno nel frattempo non gliel’abbia venduta, pensionati che dopo essere ringiovaniti di 10 anni in una piscina con idromassaggio di Malindi sono invecchiati di 20 in un condominio con ossigeno di Paderno Dugnano e soprattutto ci sono anche quei due o tre che si sentono fortunati perché ancora si possono permettere di pagare un biglietto e un soggiorno sulle rive dell’oceano indiano.
E la costa del Kenya torna ad essere quel che è sempre stata, un ricettacolo di turisti di ogni tipo, di cui parlar bene e sparlare così e così.
E’ un’estate tardiva, un po’ come il radicchio trevisano.
Sta molto bene con le scamorze al forno, specie quelle che si affumicano sul bagnasciuga di Silversand.
Ethiopian Airways, la linea più attiva tra Italia e Kenya e l’unica che ha sostituito nelle aspettative dei connazionali i charter (uno stop indolore ad Addis Ababa con operatori di terra che capiscono l’italiano e accondiscendono all’ignoranza delle lingue di buona parte dei nostri), mostra immagini di aerei abbastanza pieni, mentre i turisti in arrivo si fanno selfie e sullo sfondo appaiono code di italiani in fuga, stipati e con mascherine rigorosamente sotto il mento. Tanto per qualche ora, secondo loro, sono immuni.
Arrivano, arrivano.
A Watamu si vedono già i negazionisti. Una signora attempata, con l’arroganza propria di chi ha vissuto mesi di frustrazione e neanche riesce ad assaporare la salvezza temporanea sotto il sole dell’equatore, si rifiuta di indossare la mascherina all’ingresso di un supermercato e indignata se ne va imprecando: “Si vede che ci tenete tanto a lavorare”.
Cara signora, glielo voglio dire con il cuore: sempre meglio essere alla fame che dover avere a che fare con degli stronzi.

TAGS: arrivi kenyaitaliani in kenyaturisti kenyasatira kenya

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