TURISMO
27-03-2021 di Freddie del Curatolo
Se Nairobi piange, la costa keniana di sicuro non ride, anzi.
I ristoratori italiani della capitale tornano a fare i conti con la chiusura totale delle loro attività e la possibilità di effettuare solamente delivery, che più o meno equivale a chiudere anche perché il coprifuoco nelle nuove “zone rosse” è stato anticipato di due ore, ovvero alle 20 e che per i locali significa chiudere l’attività alle 19, per permettere ai dipendenti di tornare a casa.
“E’ una notizia spiacevole ma anche inevitabile e giusta – dice Gianpaolo Zappa, titolare della Cascina di Karen, all’interno del centro commerciale The Hub – figlia di una situazione divenuta preoccupante nelle strutture sanitarie cittadine. Il mio pensiero va immediatamente al personale che si ritroverà nuovamente in condizioni di precariato. La volta precedente avevamo fatto in modo di non lasciare a casa nessuno, applicando la logica dei turni, ma adesso viene da chiedersi se sia il caso di tenere aperto”.
Nella capitale ormai è praticamente impossibile trovare un posto nei reparti attrezzati per le terapie d’ossigeno e la richiesta del Governo, a parte il lockdown dell’area “infetta”, come viene definita che comprende le 5 contee confinanti di Nairobi, Kiambu, Machakos, Nakuru e Kajiado, è quella di muoversi il meno possibile.
Anche i voli aerei in uscita dalla capitale cesseranno oggi, mentre l’ultimo volo schedulato in entrata da Malindi e Mombasa è fissato per questo pomeriggio.
Dopodiché chi si vorrà muovere per raggiungere le altre contee, durante le vacanze pasquali, dovrà farlo previa autorizzazione e con il proprio mezzo, perché anche ai trasporti pubblici non sarà concesso viaggiare fuori dall’area infetta.
Albergatori e attività legate all’hospitality delle località costiere di villeggiatura hanno ricevuto un durissimo colpo. Le prenotazioni per la prossima settimana erano buone e da Nairobi arrivava il 90% degli occupanti. Ora bisognerà rivedere tutto e la stagione turistica può considerarsi chiusa fino al prossimo luglio, anche se non tutti chiuderanno.
“Grazie ad un marketing aggressivo e mirato avremmo avuto l’hotel pieno – spiega Roberto Marini, proprietario dell’Ocean Beach Resort di Malindi – la nostra clientela sarebbe arrivata dalla capitale e con la nostra formula di bed&breakfast anche i ristoranti della cittadina ne avrebbero tratto giovamento. Purtroppo questa decisione, necessaria comunque perché a Nairobi la situazione è critica, ci penalizza fortemente e costringe a tornare a dodici mesi fa. Questa volta potremmo decidere di restare aperti e probabilmente lo faremo, ma sicuramente per non licenziare nessuno dovremo stabilire una politica di orari ridotti e turni, con inevitabile riduzione dei salari. Speriamo che si possa tornare quanto prima alla normalità”.
Pensiero condiviso da altri hotelier che ultimamente hanno fatto un ottimo lavoro per risollevare Malindi, come Antonio Colleluori del Leopard Point e Francesca Biancacci di The Lawford.
Anche la vicina Watamu soffrirà della mancanza degli arrivi da Nairobi e poco cambieranno la situazione di crisi i proprietari di abitazioni che hanno anticipato il loro arrivo e si fermeranno nella località di vacanza.
“Qui la situazione era buona e avendo organizzato anche eventi nel rispetto dei protocolli Covid-19 non abbiamo visto incrementi di contagi – spiega Roberto Lenzi, proprietario di due hotel, Crystal Bay e Seven Island, oltre a Paparemo Beach che resterà aperto come ristorante e spiaggia ma rimanda i beach party alla prossima stagione. Peccato perché nell’emergenza, questi ultimi mesi sono stati meno negativi di quanto mi sarei aspettato”.
Anche a Diani e Mombasa la situazione non è diversa, le vacanze di Pasqua erano l’ultima vera occasione per fare cassa e il pochissimo turismo internazionale in arrivo non potrà cambiare di tanto le carte in tavola. Con l’ultimo decreto presidenziale che impedisce al turismo locale di muoversi da Nairobi, la stagione è praticamente finita.
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