SEI MOTIVI
28-06-2024 di Freddie del Curatolo
Le manifestazioni della “Generazione Z” di questi giorni in Kenya, alle porte della stagione turistica in Kenya, hanno provocato in molti turisti, specialmente in chi non conosce la realtà del paese africano e “fa di tutta l’Africa un fascio”, il dubbio e il timore che la propria vacanza già programmata possa essere rovinata, se non addirittura resa pericolosa, da questi eventi.
Pur mantenendo tutte le attenzioni del caso, naturali quando si visita un paese straniero e abbastanza sconosciuto nelle sue pieghe, annullare la propria vacanza, particolarmente se le destinazioni sono Watamu o altre destinazioni costiere, o i parchi nazionali in savana, ci appare esagerato e vi spieghiamo perché.
La storia di questo paese, tra i più democratici e tranquilli dell’intero continente, insegna che mai durante proteste, anche di natura politica e tribale, e non inizialmente pacifiche come questa, i turisti, così come i residenti stranieri, si sono trovati in situazioni di pericolo, né in quarant’anni di “turismo di massa” ci sono stati danni o incidenti provocati da proteste o manifestazioni.
Ricordiamo nel 2008 qualche sassaiola incidentale a pulmini che dall’aeroporto di Mombasa portavano verso le destinazioni di mare. Ma oltre a parlare di 16 anni fa, ricordiamo che si è trattato di un caso unico nella storia del Kenya indipendente, in cui alle proteste post elettorali si aggiungevano faide interne e soprattutto incontrollate a cui anche leader e forze dell’ordine partecipavano per interessi reciproci.
Di seguito, le sei principali motivazioni per cui, secondo noi, non è il caso di cancellare il vostro viaggio in Kenya.
1. MANIFESTAZIONI ANNUNCIATE
Uno dei motivi per cui in questi giorni nessun cittadino straniero sia stato coinvolto in alcun modo nelle proteste antigovernative che si stanno svolgendo in Kenya, è che le giornate di agitazione dei cittadini keniani sono annunciate, non si tratta di fenomeno improvvisati, a sorpresa ed incontrollabili. Fa parte anzi della protesta, avere visibilità ed incontrare l’opposizione delle forze dell’ordine. Quindi già in precedenza, nel caso ad esempio di Mombasa, che ospita uno dei due aeroporti internazionali e quindi potrebbe dare alcuni disagi a chi arriva in Kenya dall’estero, con destinazione finale in una delle località costiere, si conoscono le zone e le strade coinvolte dalle manifestazioni e gli eventuali percorsi alternativi da fare o proporre.
2. ZONE CIRCOSCRITTE
Anche nella capitale Nairobi, come nelle altre grandi e piccole città del Kenya in cui in quest’ultima settimana si sono tenute manifestazioni di protesta contro la legge finanziaria ed il governo del presidente William Ruto, le zone e i quartieri in cui si sono poi verificati incidenti, sono sempre circoscritte e segnalate, soprattutto dall’imponente presenza di polizia. Per fare un esempio, nella manifestazione di ieri, l’obbiettivo dei giovani dimostranti era sfilare davanti al palazzo presidenziale, la “State House”, dove non ci sono stati problemi, con un sit pacifico e rimostranze civili. Gli incidenti (e gli spari) si sono verificati nei quartieri popolari che non sono comunque frequentati dai turisti (Kirinyaga Road, Ongata Rongai, Githurai) e nel centro (CBD) che era già completamente chiuso.
3. PROTESTE INTERNE, STRANIERI RISPETTATI
Non ci stancheremo mai di dire che quello keniota è un popolo accogliente e fondamentalmente tranquillo. La storia del Paese, rispetto alle instabili e violente situazioni delle nazioni confinanti, lo dimostra. Particolarmente in queste manifestazioni, che riguardano un problema interno, turisti e residenti stranieri non solo non vengono considerati, ma c’è una sorta di solidarietà nei loro confronti, per il fatto di trovarsi a fianco di un momento difficile del paese. Questa situazione è stata verificata personalmente, anche da parte delle forze dell’ordine, che mantengono un atteggiamento protettivo e collaborativo nei confronti degli stranieri, così come i dimostranti, specialmente quando di mostra loro solidarietà con le loro istanze (ancorché pacifiche) e la salvaguardia dei loro diritti.
4. PERCENTUALE MINIMA DI KENIANI COINVOLTI
Quello che i media riportano, sono grandi folle che scatenano violenze, a margine di manifestazioni pacifiche come possono avvenire in tutto il mondo, con slogan, bandiere e un senso di fratellanza per portare avanti le proprie ragioni e richieste. In realtà il caos e la violenza generata che finisce sui giornali ed in televisione, viene creata da una minima parte e soprattutto di “infiltrati” che non rappresentano affatto né l’anima del paese, né tantomeno i fautori delle proteste antigovernative di questi giorni. Il Kenya è un paese meraviglioso, popolato da oltre 50 milioni di persone e grande tre volte l’Italia. Poche migliaia di facinorosi, peraltro marcati stretti da polizia ed esercito, non possono scatenare certo una guerra civile, come non hanno peraltro mai fatto nel Paese.
5. LUOGHI TURISTICI NON INTERESSATI
Come abbiamo ripetuto più volte, anche nell’unico momento storico degli ultimi anni in cui il Kenya ha affrontato disordini e peraltro in quella circostanza non prevedibili e circoscrivibili come questo, ovvero nel 2008 dopo le elezioni presidenziali, i luoghi frequentati dai turisti, come parchi nazionali in savana e le destinazioni marine (Watamu, Malindi, Diani, Nyali) sono rimaste tranquille, e non si sono verificati incidenti. L’unico disagio potrebbe essere rappresentato dal percorso stradale per arrivare nelle “bolle” turistiche, in caso di manifestazioni e relativi incidenti, alcune deviazioni dal percorso originale potrebbero creare qualche ritardo sulle tabelle di marcia. Ma anche in questi giorni, a Mombasa ad esempio, abbiamo assistito a “cordoni” da parte della polizia per garantire il passaggio dei veicoli ed anche tra Watamu e Kilifi, a Timboni e nella zona dell’aeroporto di Malindi, dove sono state posizionate pietre sull’asfalto e accesi falò, le forze dell’ordine sono immediatamente intervenute per liberare la strada e la loro presenza ha automaticamente fatto sparire gli autori dei blocchi stradali.
6. PROTESTE NON TRIBALI NE’ POLITICIZZATE
A differenza di quanto accadeva in occasione delle elezioni politiche e in caso di divergenze tra leader e comunità, quelle del giugno 2024 in Kenya non sono proteste ed incidenti di natura tribale, né sono guidate da una forza politica, creando quindi contrapposizioni tra cittadini che possono sfociare in violenza incontrollata ed incontrollabile, coinvolgendo anche polizia ed esercito in reazioni diverse a secondo delle regioni e della loro stessa provenienza etnica.
In questo caso siamo in presenza di una protesta organizzata dai giovani, con ampio risalto social e mediatico, slogan pacifisti, (“telefonini non pietre”) e raccomandazioni dagli organizzatori di indirizzare i propri messaggi alla classe politica. Non si tratta di scontri tra fazioni per motivi estranei a quelli di manifestare per i propri diritti, in questo caso il costo della vita.
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