KENYA NEWS
28-06-2024 di Freddie del Curatolo
Le proteste antigovernative in Kenya sembrano sfuggite di mano a tutti e finite nelle mani più sbagliate, quelle di malviventi e polizia.
Ho visto e conosciuto personalmente in questi giorno alcuni dei dimostranti pacifisti, gli artisti e creativi del movimento social che si identifica con la Generazione Z. Ci sono influencer, musicisti jazz, fumettisti, grafici digitali e cosiddetti “content creator”.
Insieme a loro si sono uniti impiegati, liberi professionisti, disoccupati e tantissimi studenti.
Ma questo accade soprattutto a Nairobi, dove ieri si erano dati esclusivamente appuntamento davanti alla State House, il palazzo presidenziale, per chiedere le dimissioni del presidente William Ruto, che a loro dire li ha delusi per tutte le promesse fatte, non solo per la proposta della legge finanziaria che poi si è rifiutato di firmare.
Ieri le proteste sono divampate con più decisione nel resto del Paese, e con la stessa rabbia anche nel centro della capitale. Lo vedi subito quando non si tratta di manifestazioni pacifiche che hanno obbiettivi ben precisi e idee o istanze da proporre. La Generazione Z nei suoi volantini scrive “Phones, not stones” (telefonini, non pietre), mentre i violenti fini a sé stessi (e secondo gli stessi giovani sui social, “pagati da qualcuno per fare casino e screditarci”) danno alle fiamme copertoni e bloccano le strade con enormi massi, si coprono il viso e agitano bastoni. A Mombasa la polizia non è riuscita a disperdere questo genere di dimostranti ed ha iniziato ad usare proiettili veri, mentre il popolo genuino cercava di sfilare in maniera costruttiva. Così è successo a Migori ed Homa Bay, roccaforti dell’opposizione nella regione del lago Vittoria.
Addirittura nella parte solitamente più tranquilla della costa keniana, quella della Contea di Kilifi, i dimostranti hanno bloccato la strada che dal capoluogo porta a Watamu, con pietre e falò.
La polizia l’ha liberata in poche ore, ma ci sono state colluttazioni, in particolare a Kilifi.
Nelle periferie di Nairobi ci sono stati saccheggi di supermarket, di negozi. Nel CBD, (Central Business District) i negozianti, stanchi di dover riparare vetrine e saracinesche, che ormai nessuna assicurazione protegge più, hanno a loro volta assoldato persone per proteggere le attività.
Scene di guerriglia preventiva: guardiani con bastoni, malintenzionati con pietre e passamontagna, polizia con lacrimogeni e fucili puntati. Queste non sono proteste, è un substrato per troppo tempo ignorato che viene a galla e che rischia di creare fratture insanabili tra diversi tipi di Kenya e specialmente tra chi vuole il cambiamento perché si dà da fare, crede in quello che fa e nelle potenzialità del suo Paese, e chi vuole la rivoluzione perché tanto peggio di così non può andare, ed anche la morte per mano della polizia potrebbe essere una maniera migliore per evolversi.
Dietro questo scenario difficile da comprendere se non si vive una certa Africa, ci sono le battaglie politiche e tribali, gli interessi legati al potere e alle poltrone, la longa manus dell’economia internazionale ed il paternalismo interessato di alcune Nazioni. Un sistema complesso, molto più della felicità.
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