Il successo di interesse e di presenze riscosso dalle destinazioni di mare del Kenya, ed in particolare Watamu, Malindi, Kilifi e Mambrui nella costa nord, ha portato ottimismo e buoni auspici per la prossima stagione turistica, che come sempre si aprirà intorno a metà luglio.
Ma ha evidenziato, come spesso accade, anche le pecche di una nazione che è come quegli studenti a cui gli insegnanti sono molto affezionati perché sono “bravi, ma potrebbero fare di più”.

Sono alcuni decenni ormai che il Kenya potrebbe fare di più, se solo credesse al turismo come risorsa fondamentale per aiutare la propria economia e far arrivare non solo moneta estera fresca in contante, ma anche viaggiatori che, dopo aver “assaggiato” questa terra in vacanza, possono decidere di investire nel proprio business o per una scelta di vita, portando comunque professionalità e posti di lavoro. Non è un caso che paesi come la Thailandia, che hanno iniziato prima, sono per tanti versi più “avanti” e fisiologicamente più portati all’accoglienza, prima della pandemia hanno raggiunto i 10 milioni di visitatori all’anno, mentre il Kenya ha per la prima volta nella sua storia superato i 2 milioni (e se togli i vicini di casa Uganda e Tanzania si scende ad un milione e mezzo…).

Uno dei problemi principali è rappresentato dai voli. Non solo l’apertura a quelli diretti dall’estero, come vorrebbe la famosa politica dei “cieli aperti”, ma anche quella dei voli interni.
E’ lampante ad esempio che, per le destinazioni della Contea di Kilifi, le soluzioni invece di aumentare, in parallelo con la richiesta, siano diminuite. Negli anni sono ben 4 le compagnie aeree che per vari motivi hanno abbandonato: Fly540, EastAfrican, Silverstone e ultimamente 748.
Rimangono, oltre che la sussidiaria interna della traballante Kenya Airways, Jambojet, solo Safarilink e Skywards. Con l’inevitabile risultato che la minore concorrenza non fa diminuire i prezzi, già saliti alle stelle per il caro-carburante e la svalutazione dello scellino nei confronti del dollaro. Ecco perché sarebbe il momento di puntare su più soluzioni, dato che la domanda è sempre alta. La questione, per dire il vero, non è passata inosservata al Governatore della Contea di Kilifi, Gideon Mung’aro che nel turismo è cresciuto, avendo anche lavorato come general manager per Flavio Briatore, oltre ad essere stato sindaco di Malindi.

Nei giorni scorsi, Mung’aro ha incontrato l'amministratore delegato di Jambo Jet Karanja Ndegwa e il suo team.
“Abbiamo discusso dei modi per incrementare il turismo e commercializzare Kilifi come destinazione turistica per eccellenza – ha dichiarato il Governatore - le nostre discussioni si sono concentrate principalmente sui modi per soddisfare la crescente domanda di voli aggiuntivi per soddisfare i turisti locali e internazionali e la comunità imprenditoriale, collegando i voli dall’aeroporto internazionale Jomo Kenyatta di Nairobi quello di Malindi. Come governo della contea, siamo impegnati a collaborare con tutte le parti interessate per creare un ambiente favorevole alle imprese, con l'obiettivo di rendere la contea di Kilifi un polo commerciale nei prossimi anni e di massimizzare il potenziale della nostra industria turistica”.

La speranza che non siano solo parole ci autorizza a sperare che il problema dei collegamenti diretti diventi una priorità, perché indubbiamente non possiamo stare ancora a sognare l’aeroporto internazionale di Malindi con i charter che arrivano direttamente in spiaggia.
Quello dei voli è un argomento per cui anche l’Ambasciatore d’Italia in Kenya Roberto Natali ha mostrato sensibilità, discutendone con il Ministro del Turismo Peninah Malonza. sul piatto anche voli diretti dall’Italia su Nairobi che, con un piano di coincidenze dirette per Malindi, potrebbero rappresentare la soluzione più realistica e facilmente realizzabile per soddisfare le crescenti domande di viaggi e vacanze sulla costa keniana.