L'angolo di Freddie

L'ANGOLO DI FREDDIE

Agosto in Kenya, stagione inventata per turisti iperreali

Ci sono italiani e italiani, sulle spiagge della costa keniana

16-08-2024 di Freddie del Curatolo

C’è un Kenya per ognuno: la varietà di paesaggi, situazioni, contrasti, bellezza di questo paese, fa sì che lo possano visitare, anche contemporaneamente, i viaggiatori più svariati, che non avrebbero a che fare l’uno con l’altro in un ambiente che non fosse questo ed in poche ulteriori situazioni piacevoli.
C’è l’appassionato d’Africa, che gli dai una fettina di cielo infinito, un ciuffo di savana ed un maasai che salta e va in brodo di giuggiole, c’è l’amante dell’avventura che non vede l’ora di poter provare un brivido, mettersi un coltello di traverso in bocca e procedere strisciando sollevando terra rossa. C’è quello che cerca un altro genere di avventure e del Kenya selvaggio, pregusta specialmente gli incontri. Ci sono gli scalatori che trovano roccia per i loro scarponi, i kitesurfer e pescatori d’altura che si invaghiscono dell’oceano indiano, gli animalisti da safari che non si perdono un tramonto a collo di giraffa e un’alba leonina…
E poi ci sono i turisti, quelli che in questo agosto, che alla fine è una stagione inventata per loro, sono tornati in massa a ripopolare le spiagge della costa keniana.


Sono quelli che hanno iniziato a lamentarsi ancora prima di partire, per il prezzo dei voli, per la durata del viaggio, lo scalo preventivo a Zanzibar, il transfer da Mombasa con troppi camion da superare.
Quelli che se la prendono con il tour operator perché troppo spesso le nuvole oscurano il bel sole equatoriale e non gli regaleranno un’abbronzatura perfetta, o che non sono stati avvertiti che durante la loro vacanza la marea, di giorno, è quasi sempre bassa.
Quelli che c’è troppo vento in spiaggia e trascorrono intere giornate tra lettino e piscina, bevendo litri di succhi esotici grazie al loro braccialetto all-inclusive. Di Africa ne sanno più o meno come un elettrauto irpino di letteratura scandinava, ma possono comparare il buffet del resort di Watamu con quelli di Hurgada, Santo Domingo e Phuket, ricordando a memoria ogni singolo contorno. Però possono godere del clima, addirittura da golfino la sera e ben distante dall’ormai consueto soffocante caldo estivo italiano da anticamera dell’inferno. Apprezzeranno la semplicità bonaria e i sorrisi spontanei di camerieri e personale che ti fanno subito pensare che i kenioti sono brave persone.
In questo agosto i turisti italiani da “botta e via” sono più di duemila, un esercito dei selfie che, se si avventura oltre la fortezza animata del villaggio, tra un risveglio muscolare e un rincoglionimento musicale, viene dato in pasto ai voraci beach boys. Ed eccoli a contrattare il prezzo di una visita a disturbare paguri e murene, ad uccidere inconsapevolmente stelle marine e pesci palla, a farsi raccontare storie e geografie inventate ed insegnare loro nuove parolacce.


E’ una pesca a strascico, e il bello del Kenya costiero è che tra le centinaia di anime da sbarco all’incontrario, c’è sempre qualcuno che fa un passo in avanti. E a differenza del deserto di Sharm o della costante sabbiamaresabbiamaresabbiamare delle Maldive, scopre l’Africa, in tutta la sua naturale, affascinante e controversa bellezza. Scopre persone umili ed accoglienti che non si chiamano Prezzemolo, Cristiano Ronaldo o Toblerone, una vita che scorre sul filo della sopravvivenza ma con una dignità che altrove è stata dimenticata, una vegetazione umiliata ma sempre predominante e tante sfaccettature che ti starnutiscono in faccia un intero continente anche in questo non pulitissimo fazzolettino turistico. Certo, ci si imbatte anche negli aspetti giustamente vacanzieri della vita oltre la stanza d’hotel: lo shopping nei bazar locali, acquistando parei e copricostume sgargianti e souvenir da portare ad amici e parenti e altre amenità, lo street food da allegra cagarella, un beach party per ribadire l’attraente diversità delle forme umane della popolazione locale ed infine assaggiare una vera specialità della cucina del Kenya. A  Malindi e  Watamu ne è pieno, si vedono e si pubblicizzano in ogni ristorante e perfino nei chioschi sul mare: la pizza!
Alcuni torneranno inorriditi nel resort, barricandosi nei luoghi comuni, nei “poverini, non hanno niente” e “vivono tutti nelle capanne di fango con tetti di palme secche” ed “è tutta colpa nostra”, ma anche nel “ci vedono come portafogli viaggianti” e “si approfittano di noi” con la variante single “lei (o lui) è diversa da tutte le altre”.
Altri, brandendo l’iphone e scattando l’ultimo instagram, penseranno più prosaicamente “cazzi loro”.
Chissà se, dietro gli specchi deformanti di quest’epoca di finti riflessi, a qualcuno resterà l’immagine della vera Africa e sentirà il bisogno, dopo una sola vacanza, di tornare ad essere un po’ più vero anche lui.

TAGS: italianituristiagostospiaggefreddie

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