SATIRA
03-12-2017 di Freddie del Curatolo
Abbiamo già visto nelle puntate precedenti di questa rubrica come il Kenya, oltre a minare il corpo, agisca soprattutto sul cervello e sul sistema nervoso.
Dapprima rallentando i ritmi (sindrome di Polepole), poi addormentando i sensi (rincoleonimentus equatorialis), infine riattivandone solo alcuni e scollegandone altri tra di loro, specialmente il cervello e le zone pelviche.
Alcune malattie portate dai mzungu civilizzati hanno attecchito in poco tempo, contribuendo a creare uno spaesamento nella testa di residenti e villeggianti già seriamente bombardata dal sole equatoriale, dal rapporto con i locali e dall’apparente stato di perenne vacanza.
Una delle prime sindromi apparse a Malindi e dintorni, verso i primi anni Novanta, è la Casinite, conosciuta anche come “Morbo di Jackpot”.
Non appena rivelatasi, sotto forma di luci invitanti, aria condizionata e parvenza di lusso e ricchezza, ha mietuto centinaia di vittime, ma con il passare del tempo i residenti italiani hanno imparato a convivere con questa mania, limitandola e curandola in maniera omeopatica, e oggi quello che sembrava un cancro irreversibile, ha il suo decorso benigno.
Oggi alcuni esempi di sieropositivi del poker e del blackjack si possono ammirare nell’unico centro specializzato rimasto a Malindi per disturbi di questo genere.
Non si tratta di una psicosi pericolosa, perché bisogna avere già dei grossi problemi mentali per conto proprio, per entrare nella fase terminale.
Invece la malattia, nel suo stadio iniziale o nella sua forma lieve, può risultare addirittura piacevole.
D’altronde più che una tara mentale, la Casinite è una metafora della vita stessa e per questo forse attrae, perché le probabilità di eventi piacevoli o spiacevoli nella propria esistenza, sono più o meno le stesse che si possono avere davanti a un tavolo verde.
E anche la fine del gioco, purtroppo, spesso è la medesima.
I primi segnali dell’aggravamento si hanno nei soggetti in cui appare bava alla bocca e digrigno dei denti nell’osservare le vincite alle macchinette del vicino, o nell’attesa spasmodica di poter occupare il posto di un altro malato che ha già messo migliaia di monetine in una slot-machine, senza esito.
Un altro virus che attacca le cellule cerebrali è la frequente “perspicacia praecox”, detta anche “sotuttodellafrica”.
È una psicosi che colpisce specialmente gli italiani arrivati da poco a Malindi e li convince di avere in tasca tutte le verità sul nuovo Paese in cui vivono.
Un esempio dei sintomi di questo malessere è riscontrabile facilmente in molte pagine e gruppi di Facebook dedicati al Kenya.
Ecco alcune frasi che possono far riconoscere la sindrome:
Potrete anche aver pronunciato tutte e sette le massime di cui sopra, ma sappiate che i primi in classifica nella speciale graduatoria dei Coleotteri Italiani hanno anche altre particolarità che li pongono ai vertici: logorrea, fiuto negli affari, matrimoni con coniugi kenioti, figli (non staremo qui a parlare di un altro disturbo psichico, la “sindrome di paternunquam”…) e società naufragate alle spalle.
Tra gli arrivi più recenti si sono già notate personalità rampanti in grado di scalare la classifica.
Tra le sindromi minori, da segnalare una deviazione soprattutto femminile chiamata “Dementia aurea” che porta spesso signore di una certa età a passeggiare in una spiaggia deserta alle cinque del pomeriggio in costume da bagno ma agghindate come un mercante rhodesiano, con tre bracciali per lato talmente pesanti che i movimenti degli arti risultano difficoltosi, un collare d’oro più grosso di quello del proprio cane, anelli a mani e piedi, orecchini plurimi a orecchie (talvolta naso e ombelico), con il contorno di Rolex e occhiali da sole di valore.
Nella forma acuta della malattia, le stesse persone si presentano poi a cena nei ristoranti più “in” della costa, in pareo e sandali di gomma, con una t-shirt rubata all’houseboy.
Tra le manie meno pericolose, ma pur sempre da tenere sotto osservazione, c’è infine la "Edilite vaseomotoria", che da una semplice villetta porta a costruire interi alberghi e alla fine a erigere muri sulle spiagge, coprire di cemento chilometri di foresta e incatramare il proprio giardiniere.
Come enunciò qualche anno fa il professor Adelchi Maria Frediani, "nessun soggetto sano di mente può sopravvivere a Malindi, al massimo ci può vivere".
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