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Corruzione in Kenya, perchè è così radicata

Retaggio, tribalismo, mancanza di leggi e povertà

29-06-2024 di Freddie del Curatolo

In questi giorni in cui in kenya è scoppiata la rivolta dei giovani contro la "casta" di governo e parlamentari, uno dei temi alla ribalta riguarda la corruzione, che si mangia da decenni una bella fetta del debito pubblico del paese, ne limita le risorse e soprattutto continua ad arricchire i soliti, senza far evolvere la classe media e le nuove generazioni, che sono il vero motore della nazione.
La corruzione in Kenya è un problema di lunga data e diversificato a seconda delle classi sociali, ma figlio dei sovranismi degli ultimi cento anni nel Paese. Prima quello coloniale, che ha portato al clientelismo e a comportamenti subdoli, per ricevere benefici da chi riusciva ad accattivarsi i "padroni" e distribuirli il più possibile ai propri familiari o alla propria comunità, ritenendolo giusto a prescindere, piuttosto che agire rispetto alla meritocrazia o ad altri parametri. Dopo l'indipendenza, il potere si è accentrato in un solo uomo ed in pratica ad una sola etnia. Questo ha dato la possibilità ai Kikuyu (l'etnia del presidente Jomo Kenyatta) di gestire favori e opportunità in modo da arricchirsi. La pratica in questo modo è arrivata fino ai livelli più bassi della scala gerarchica e burocratica. Così le le reti clientelari e la cultura dell'impunità hanno perpetuato nel tempo le pratiche di corruzione.
L'etnia e le affiliazioni tribali svolgono ancora un ruolo significativo nella politica e nella società keniota. Ed è questo che ha cementato le suddette reti clientelari su base etnica che privilegiano la lealtà rispetto al merito, favorendo corruzione e nepotismo.

La corruzione è addirittura aumentata con il successore di Kenyatta, Daniel Arap Moi, alla fine degli anni Settanta. Moi, di etnia Kalenjin, come l'attuale leader William Ruto, non ha fatto nulla per rafforzare le istituzioni, centralizzando ancora di più il potere, cercando di limitare l'influenza delle due etnie prevalenti. Il risultato è la debolezza delle strutture di governance, a cui si aggiunge la mancanza di volontà politica di contrastare la corruzione. Unite ad una giustizia resa più indipendente dopo la fine dell'era Moi,  hanno permesso alla logica delle mazzette di prosperare. Le istituzioni responsabili della supervisione e dell'applicazione sono spesso compromesse o inefficaci. Anche la creazione dell'ufficio anticorruzione si è rivelata inutile, quando poi le sue azioni devono essere tradotte in certificazione di reati e relative pene dalla giustizia.

La giustizia è spesso guidata dalle mani degli stessi politici corrotti. La politicizzazione delle indagini sulla corruzione e la mancanza di volontà politica di perseguire i funzionari di alto livello hanno minato gli sforzi per combattere la corruzione. Politici e funzionari pubblici spesso sfruttano le loro posizioni per guadagni personali, senza temere conseguenze. 
A questo si unisce la mancanza di trasparenza e responsabilità: La limitata trasparenza delle operazioni governative, l'opacità dei processi decisionali e la mancanza di meccanismi di responsabilità hanno creato opportunità per il prosperare della corruzione. L'accesso dei cittadini alle informazioni e ai meccanismi di controllo è spesso limitato. 
La debolezza del quadro giuridico è frutto di queste volontà: leggi inadeguate e lacune nelle regole hanno reso più facile per i corrotti eludere le responsabilità. La lentezza dei procedimenti giudiziari e lo scarso successo nel perseguire i casi di corruzione hanno ulteriormente eroso la fiducia dei cittadini nel sistema giudiziario.

C'è da aggiungere che la mancanza di un'educazione civica adeguata ai tempi e al progresso, il limitato impegno civico conseguente e la cultura del silenzio hanno ostacolato gli sforzi per responsabilizzare i funzionari pubblici. Le organizzazioni della società civile e i medio rischiano molto e affrontano continuamente sfide per denunciare la corruzione a causa di minacce, intimidazioni e risorse limitate.

A parziale discapito della diffusione della corruzione a livelli bassi in Kenya, c'è da dire che il livello di povertà e di disuguaglianza di reddito in Kenya, con il cattivo esempio di chi usa le cattive pratiche per arricchirsi maggiormente e non per sopravvivere, ha favorito la logica di pizzo, tangenti e mancette per ogni cosa. in certi ambienti, anche le persone delle classi sociali meno elevate possono ricorrere a pratiche di corruzione per soddisfare le loro esigenze di base o per accedere a opportunità che altrimenti non sarebbero disponibili per loro.

In definitiva se si vuole davvero affrontare la corruzione in Kenya, ci vogliono riforme globali in più settori, tra cui il rafforzamento delle istituzioni, la promozione della trasparenza e della responsabilità, condanne e pene esemplari, miglioramento dell'impegno civico e la promozione di una cultura dell'integrità.
È essenziale che il governo e la società civile collaborino per combattere la corruzione e promuovere il buon governo.

TAGS: corruzionetribalismoetniediseguaglianzagiustiziaArap Moi

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