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SAVANA

Addio al Bigi, lo storico campo tendato nello Tsavo non riaprirà più

Il lodge è stato per 30 anni un "must" per i safari dalla costa keniana

12-06-2018 di Freddie del Curatolo

In trent’anni ha accolto migliaia di appassionati di safari e tanti neofiti ha fatto innamorare dell’Africa e della sua natura selvaggia. Il Bigi Camp nello Tsavo Est, completamente sommerso dalla piena del fiume Galana il mese scorso, non riaprirà mai più.
La sofferta decisione è stata maturata dal suo proprietario, il pioniere italiano dei safari fotografici e della caccia grossa Valter Bigi.
“La tristezza è infinita – spiega a malindikenya.net con gli occhi lucidi – ma non ci sono proprio le condizioni per rimettersi all’opera per riaprire il campo, che è andato completamente distrutto. E’ andata così e dobbiamo accettare la legge dell’Africa. Portiamo con noi il ricordo di un luogo speciale, che ci ha dato grandi soddisfazioni, specie negli anni d’oro del turismo sulla costa keniana”. 
Bigi è una di quelle persone splendide che, vivendo in Kenya da italiano, si è profondamente onorati di poter incontrare e conoscere. Come tanti suoi coetanei arrivati in Kenya negli anni Cinquanta, ha scritto una pagina della storia dei nostri connazionali in questo Paese.
Cugino della mitica Nenella Tozzi, scomparsa l’anno scorso, come lei emiliano di Reggio, Valter Bigi è stato un leggendario cacciatore, quando quelli che andavano per la savana col fucile cercavano solo trofei e record, e grazie a loro non esisteva il bracconaggio.
Nel 1977, con l’abolizione della caccia da parte del Presidente Jomo Kenyatta, convinto dal monarca d’Olanda, Bernardo, Bigi ha deciso di darsi al turismo contemplativo, creando con il figlio Oscar e la moglie Sara nello Tsavo Est, il parco nazionale con più animali, uno splendido campo tendato su una delle più suggestive anse del fiume Galana, davanti a una maestosa collina.
Nessuno lo chiamava col suo nome originale "Epiya Chapeyu", per tutti era il "Bigi".
Al Bigi era un classico avere la visita mattutina di un elefante “amico” che passeggiava innocuo e tranquillo mentre prendevi il tuo caffè, e vedere gli ippopotami cercare la riva del fiume, a pochi metri da dove consumavi il tuo aperitivo la sera.
Al Bigi Camp si mangiava alla grande (incredibile che con tutte le meravigliose emozioni che puoi provare in un safari, ti possa ricordare di un piatto di ravioli), prerogativa che è sempre stata di Bigi: “fin da quando portavo i cacciatori in Kenya e Tanzania, da buon emiliano ho pensato che offrire una buona cena predisponesse i clienti a godersi al meglio l’avventura. D’altronde la concorrenza nel nostro mestiere arrivava dagli inglesi, che certo non erano dei maestri dei fornelli…”.
Per una volta ancora, chi ci è stato, può chiudere gli occhi e immaginarsi cullato dalla brezza del primo pomeriggio, quando al massimo del relax si attende che il caldo dia un po’ di tregua per tornare sulle piste rosse ad ammirare i protagonisti della grande sceneggiatura della savana. Può sentire sulla pelle la stanchezza viva della giornata, al tramonto, scaldarsi al tepore di un falò bevendo una tusker e, dopo cena, abbandonarsi agli ultimi rumori: un uccello notturno, una iena in lontananza, la zip della tenda che si chiude, il generatore che si spegne. Cala la notte sul Bigi Camp e sulla sua storia straordinaria, ma i ricordi nel cuore di chi lo ha frequentato vivranno per sempre, in quello stesso angolo di mondo.

TAGS: bigi campvalter bigibigi tsavosavana malindi

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