ARTISTI KENIANI
18-09-2024 di Freddie del Curatolo
Così autentici da spingerti sulle strade del Kenya per osservarne meglio la realtà, così reali da perderti nei mille particolari, così ben dipinti da ammirare un artista bravissimo e originale e volerne uno in casa.
Sono i personaggi di strada di Anthony Wajohi, geniale pittore artigiano di Nairobi che racconta un mondo che non è solo il suo, ma di chiunque viva o frequenti il Kenya e vi si approcci senza preconcetti o superficialità.
Spiegare l’arte e la creatività di Wanjohi senza raccontare la sua vita, sarebbe come avere davanti solo la sagoma di metallo smerigliata su cui lui colora i suoi ritratti della gente di strada di Nairobi.
Spesso si pensa agli artisti figurativi, a chi vive di pittura, scultura o fotografia, come degli eletti, persone agiate che hanno potuto scegliere di dedicarsi a coltivare il loro talento perché ne hanno avuto la possibilità economica.
In Kenya non è sempre così ed Anthony Wanjohi ne è la dimostrazione più evidente. Anche lui, come i suoi personaggi, ha sbarcato il lunario per anni. Dei suoi 38 anni, che ne fanno ancora un giovane artista, solo dagli ultimi quattro o cinque può finalmente vivere grazie alle sue opere, pur avendo intuito ben presto, intorno ai 9 anni, che l’unica possibilità di cambiare la sua vita era dipingere.
UN'ADOLESCENZA DIFFICILE
“A scuola mi ero reso conto di avere un talento naturale per i ritratti – racconta Wanjohi – nelle lezioni di disegno, i miei compagni ricalcavano le immagini dei libri, io li riproducevo identici a mano libera. E’ stata un’illuminazione, ma andando avanti con gli anni dell’adolescenza, è stato anche difficile conviverci: in famiglia nessuno aveva mai avuto questa inclinazione, per i parenti e gli amici, il pittore è solo colui che produce le insegne dei negozi o cartelli pubblicitari”.
Wanjohi ha una giovinezza difficile tra Nairobi e le cittadine di Muranga, dove abitano i parenti della madre, e Nakuru, dove il padre si è fatto una seconda famiglia: i genitori si sono separati Anthony vive con la madre a Nairobi che si dà un gran daffare per mantenere lui e la sorella. E’ grande e grosso, rispetto ai suoi coetanei, ha un carattere inquieto e rissoso.
“Spesso mi ritrovavo a bullizzare i miei compagni, e mia madre mi mandava dai suoi genitori, poi anche loro mi mal sopportavano e provavo a stare un po’ da mio padre, che nel frattempo aveva fatto altri tre figli.
L’unica costante di questa vita da vagabondo era disegnare. Con qualsiasi tecnica: dai pezzetti di gesso lasciati dagli insegnanti sulla lavagna, alla vernice avanzata dagli imbianchini che rifacevano i controsoffitti.
Dopo un po’ di scorribande eccessive, a 16 anni, decisi di auto isolarmi un una baracca di legno ed iniziai a disegnare a gesso tutte le pareti, con immagini che copiavo dai giornali vecchi che trovavo in giro.
Quando tornai a Nairobi, trovai in giro delle vernici, pensai subito di tornare nella baracca e colorare tutto quel che avevo disegnato. Così iniziai a capire che la pittura sarebbe stata la mia strada”.
Wanjohi vorrebbe vivere del suo talento e non fa altro che disegnare, dipingere, impratichirsi. Accatasta decine di fogli di compensato pieni di volti, tutti presi da riviste e giornali e riprodotti sempre meglio.
TALENTO E SOPRAVVIVENZA
Ma finite le superiori, deve anche fare i conti con la sopravvivenza. La madre, che a Nairobi gestisce un negozio che vende bombole del gas nel quartiere popolare di Donholm, non può iscriverlo all’università. Lui si arrabatta con qualsiasi fatica, dal muratore al falegname, per raggruzzolare due monete e poter sognare di vivere un giorno di sola arte.
“Mi sentivo solo in questo, nessuno riusciva a capire che per me era un’esigenza – racconta Wanjohi – quando dici a qualcuno che nella vita vuoi fare il pittore, ti prendono per un eterno bambino e comunque non lo considerano un lavoro con il quale puoi campare, arredare una casa, mettere su famiglia. Io lavoravo duro pensando solo a sfondare come artista. Dipingevo ritratti su ritratti di personaggi famosi, da Obama a Bob Marley e via dicendo, cercando di venderli. Una volta usai tutti i miei risparmi per comprare uno spazio pubblicitario in un centro commerciale. Aspettai che qualcuno mi chiamasse per avere un ritratto. Niente.
Tornai da mia madre e mi misi a consegnare bombole del gas”.
Nel frattempo a Nairobi è nato un bel giro di artisti: si trovano al Godown Centre, si aiutano e consigliano tra loro. Wanjohi vi si affaccia con ammirazione e tanta voglia di imparare. Ha trovato un computer di seconda mano, ma non si può ancora permettere di pagare un abbonamento a internet. Con una chiavetta, va all’internet point e scarica migliaia di immagini da riprodurre. S’innamora di Leonardo e di Raffaello e nascono altri lavori.
“Alla fine non c’era più spazio per tenerli in casa, né per lavorare. Saltavo da una casa all’altra, sperando di avere un giorno uno spazio tutto mio dove lavorare. La svolta arrivò quando visitai Kuona, un altro spazio autogestito di artisti in città. Due pittori, Fred Abuga e Dennis Muraguri, mi consigliarono di passare dalla vernice su compensato ai colori acrilici e all’olio su tela. Olio su tela? Non sapevo nemmeno cosa fosse…ma mi sono buttato”.
Le spese aumentano, per colori e tele, e anche gli spazi dove dipingere. Wanjohi riprende a fare il muratore, si spacca la schiena per arrivare a permettersi di riprovare a vivere da artista. Lavora, dipinge, trova il tempo per frequentare gli ambienti creativi della capitale. Entra in questa vorticosa routine fino a quando finalmente, nel 2017, riesce a prendere un piccolo spazio alla Kuona, per esporre i suoi ritratti.
La Kuona è frequentata anche da tanti collezionisti ed appassionati stranieri, oltre che da keniani benestanti e curiosi turisti di passaggio.
“La gente si fermava nel mio spazio e sorrideva. Non immaginava di vedere ritratti specialmente di caucasici, di personaggi famosi. Si aspettava sicuramente altro, qualcosa di più locale, più vero. Ma io la realtà già ce l’avevo dentro, avevo vissuto la strada, fatto lavori umili, lottato per la mia sopravvivenza. Fatto sta che nei primi sei mesi non vendevo niente, e già temevo di dover tornare per l’ennesima volta a fare il muratore. Per fortuna facevo lavoretti per altri artisti, che mi permettevano di andare avanti.
Però i nuovi lavori che preparavo erano diversi: mi ero innamorato di Duhrer e di Lucas Cranach. Proprio da quest’ultimo, nel preparare un dipinto per un’esposizione collettiva che doveva ritrarre una scena urbana quotidiana di Nairobi, tra matatu, venditori e varia umanità, decisi di mettere un mio autoritratto in primo piano. In fondo avrei potuto tranquillamente essere lì in quella scena”.
L'ILLUMINAZIONE DELLA STRADA
Ecco l’illuminazione che cambia la vita di Wanjohi: ritrarre la gente della strada, come fosse lui stesso.
Dopo aver venduto quell’opera e aver guadagnato i primi soldi veri da artista, Wanjohi sceglie la strada: venditori ambulanti di ogni cosa, gente che sbarca il lunario, che si incontra, che traffica, s’inventa ogni giorno la vita. Inizia spasmodicamente a fotografarli e li riproduce fedelmente o stampa direttamente le foto in bianco e nero su ogni tipo di materiale, per poi colorarle e reinventarle. Un po’ Bansky fuori dai muri, un po’ Andy Warhol. Ma lui è Wanjohi, uno degli artisti più veri e originali in circolazione, di cui solo la pandemia e la temporanea chiusura del mondo proverà a fermare l’ascesa. Proverà, perché l’energia e la creatività artigiana di Wanjohi è incontenibile e durante l’immobilismo del periodo Covid, passerà il tempo a studiare e sperimentare.
“Avendo scelto i miei soggetti e come utilizzarli, dopo averli colorati e ritagliati, dovevo trovare il materiale giusto su cui ricrearli. Un giorno provai con un pezzo di metallo mezzo arrugginito. Ritagliai la sagoma di un uomo con martello e scalpello a freddo, come un fabbro d’altri tempi. Il risultato mi piaceva. Decisi di comprare fogli di metallo, iniziando dai più economici, poi guardai dei tutorial su youtube su come usare il saldatore e la smerigliatrice. Avevo trovato finalmente la mia strada originale”.
Appena si riapre il mondo, Wanjohi vende le prime due sagome di metallo e da lì, continuando ad investire in materiali e a fotografare la gente di strada della sua città, non si ferma più. Oggi è uno degli artisti più quotati e di certo tra i più comunicativi e veri in circolazione a Nairobi.
Nei suoi personaggi ci sono la realtà, le contraddizioni e lo spirito di sopravvivenza di un’intera generazione di kenioti. Sono i protagonisti della commedia popolare di questo Paese, un popolo di fantasmi a cui Wanjohi dona colore, personalità e significato. Lo stesso che il talento visionario ha dato alla sua vita.
Per visitare lo spazio espositivo di Anthony Wanjohi bisogna recarsi al Kuona Artist Collective, in Likoni Road a Nairobi. Fino al 22 settembre, si possono vedere le sue opere nella mostra “Sex & the City” insieme a quelle di Michael Soi e Thom Ogonga. L’ingresso è libero, tutti i giorni.
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