Sono uscito di casa con l’intenzione di fare un piccolo regalo di Natale a chi davvero potesse avere da me un po’ di felicità.Così mi sono vestito da Santa Claus, solo barba cotonata e cappello in realtà, e mi sono recato in uno dei quartieri più poveri di Nairobi.
In un tratto obbligato di strada sconnessa, tra un chiosco di lamiera verniciato con i colori rastafariani, detriti di un palazzo in eterna costruzione e un canale di scarico intasato dalla spazzatura, ho fermato le prime persone che ho incontrato.
In parte non ho dovuto neanche fermarle, sono venute loro da me.

Il primo è stato un ragazzo di una quindicina d’anni circa. Indossava una maglietta del Manchester City ed in testa aveva un cappello di lana infeltrita con un pon pon spelacchiato.
Sul collo una cicatrice come di ustione e negli occhi un po’ velati, venuzze violacee come scosse elettriche a muovere pupille fin troppo vispe e furbe.
Gli ho chiesto cosa desiderasse per Natale.
“Uno smartphone Oppo” mi ha detto.
“Perché proprio Oppo?” gli ho chiesto.
“Perché si vende meglio” mi ha risposto.
“Cioè, tu vuoi un Oppo in regalo per poi venderlo?”
“Di solito li rubo, se me lo regali faccio prima”
Non fa una grinza, non sono furbe solo le pupille.

“Quindi sono i soldi che ti servono, non il telefonino”
“Sì”
“E con i soldi cosa ti compri?”
“Non compro, li porto a mia madre. Lei li prende quasi tutti per mandare avanti la famiglia e mi lascia qualche spicciolo”
“E cosa fai con gli spiccioli?”
“Compro una bottiglia da 25ml di brandy e me la bevo con gli amici”
“A che ora inizi a bere?”
“Se rubo al mattino, quando la gente va al lavoro, inizio presto. Ma è più facile assalire le persone al calar del sole”.

“Quindi se ti compro una bottiglia di brandy ti faccio felice?”
“No, il brandy mi serve per vantarmi con gli amici e per prendere coraggio per rubare un altro telefonino”
“Sei specializzato in telefonini?”
“Ormai ho le mie tecniche”
“Secondo me ti fa più felice portare i soldi a tua madre”
“Se la felicità è gratitudine, forse sì”
“Andiamo da tua mamma, allora”.

La seconda era una ragazzina, più o meno della stessa età.
Il viso aggraziato da bambina, le labbra già dipinte volgarmente ed un piercing al naso.
Non si voleva fermare.
“Voglio farti un regalo di Natale”

Sì è portata una mano davanti alla bocca, per mascherare un sorriso nascente.
Non ha detto nulla, ma si è fermata.
“Cosa ti renderebbe felice per Natale?”
Mi ha guardato, timida e muta.
Dai capelli, poco più che rasati a zero, proveniva un intenso profumo di vaselina alla lavanda.
Dal bavero della camicetta a fiori, odore di polvere e muffa.
“C’è qualcosa?” ho insistito.

“Soldi”
“Cosa ci faresti con i soldi?”
“Compro gli assorbenti”
“E’ quello che desideri?”
“E’ quello di cui ho bisogno. Se non ho gli assorbenti, sono costretta ad usare stracci che devo continuamente lavare e se non ne trovo abbastanza, devo rimettermeli addosso umidi. Gli assorbenti non me li regala nessuno, se non i guidatori delle moto che me li offrono in cambio di un rapporto sessuale”.
“Ti regalo degli assorbenti allora”
“Nel senso che vuoi scoparmi anche tu, Babbo Natale?”