Chi ama il Kenya, la sua natura e la conservazione della savana, oltre ovviamente al piacere della lettura, ha un nuovo romanzo da aggiungere alla sua biblioteca africana.
Il toscano Nico Tondini, giornalista, esperto reporter di viaggi e guida professionale di safari, propone una storia che mescola finzione a realtà, azione e contemplazione e con il suo “Rosso come l’avorio” ci offre allo stesso tempo una sorta di saggio su animali, piante e tecniche di antibracconaggio e una storia a tratti avvincente che lega il tutto con una scrittura ineccepibile (che di questi tempi non è poco).

Perché l’avorio è rosso? Ce lo spiega l’autore nel risvolto di copertina: “il bianco dell’avorio africano non ha il candore che lo ha reso prezioso, ha il colore scuro e denso del sangue: quello delle migliaia di elefanti uccisi per le loro zanne”.
L’amore di Tondini per l’Africa e il suo territorio e la conoscenza maturata in almeno tre decenni di viaggi e spedizioni professionali (è guida certificata Kpsga) affiorano in ogni pagina del libro, non senza momenti poetici e riferimenti a luoghi e personaggi che noi “italiani in Kenya” possiamo facilmente riconoscere.

Tra citazioni di autori, film e situazioni note ai “keniofili”, bevute di mnazi e stregoni veggenti, ci si mangia le pagine con piacere, come bere una tusker baridi.
Ma è un safari nient’affatto leggero:  con l’esperienza e lo scernimento di chi sa distinguere al volo un damalisco da un alcefalo e conosce “il sentore deciso di muschio e olio rancido” dell’antilope d’acqua, l’autore si divide (e forse anche la sua anima è divisa così) nei due protagonisti della storia: Ernest, un mzungu british nato in Kenya e Danjuma, navigata guida maasai.

I due lavorano per il Kenya Wildlife Service e, per usare parole del romanzo, si muovono tra “missionari della democrazia e del capitalismo” complici dei ricchi politici corrotti locali e quelli che “vogliono diventare un pezzo d’Africa a tutti i costi” per curiosità, per noia o per evadere dal mondo europeo”.
La loro missione invece è catturare bracconieri e cercare di mettere fine al contrabbando d’avorio che ogni anno uccide elefanti e rinoceronti, ma anche alle cattive pratiche di appassionati di caccia e collezionisti di trofei. Nonostante la “fiction”, i “bracconieri moderni che usano i droni ma hanno lo stesso sangue freddo dei criminali di una volta” esistono ancora, così come esistono i piccoli avvoltoi che si trasferiscono a Watamu per cercare di sbarcare il lunario in qualsiasi modo e le anime nobili che dedicano da volontari buona parte della loro vita ad aiutare i ranger dei parchi nazionali.

In questo ed in tanto altro ci si imbatte leggendo “Rosso come l’avorio”, e s’impara anche molto, facendo il tifo per i due protagonisti, tra astute donne d’affari cinesi, britannici senza scrupoli nostalgici del colonialismo, delusioni d'amore e rapimenti di al-Shabaab.
Emozionandosi, talvolta. Almeno noi che, come come Tondini, vorremmo essere “il ruggito del leone che taglia la savana e la percorre per otto chilometri” o “il vento, la risata scomposta delle iene, il fischio del ghepardo…i cieli stellati, i tramonti infuocati, il belato del piccolo di kudu, il raglio ruvido delle zebre e il galoppo goffo e polveroso degli gnu”.

NICO TONDINI, “ROSSO COME L’AVORIO” Edizioni Il Faro, Pagg.519, € 19
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