Mal d'Africa

MAL D'AFRICA

Come ho resistito un anno senza Kenya

Il racconto di una lettrice che attende di poter tornare

17-02-2021 di Laura G.

Oggi è esattamente un anno che manco dalla “mia” Africa.
Non ho scritto “mia” perché mi senta Maryl Streep, persa in un altro tempo e in un’altra vita, ma perché so bene che il Kenya che da tanti anni vivo almeno due volte all’anno, non può rappresentare né la vera Africa, ma neanche tutto quel Paese.
Però la “mia” Africa esiste e non poterla vivere da un anno e chissà per quanto tempo ancora, mi ha rattristato, invecchiato, distrutto.
Lo so che in qualche modo sarei potuta tornare, ma senza criticare le scelte di altri, sono di quelle che stanno alle regole.
L’anno scorso, di questi tempi, ero spalmata su una bianca spiaggia e mi godevo la vita sana che ogni inverno sono solita fare, per due mesi dopo le vacanze di Natale passate rigorosamente con i parenti. Acqua di cocco, un’ora nell’acqua salata dell’oceano e tanta frutta: la mia cura numero uno contro lo stress accumulato in precedenza. Giornate di sport, qualche ora di aiuto e assistenza ai meno fortunati (e come fai in Kenya a non guardare queste cose e agire di conseguenza?) e per farmi un po' gli affari miei.
Come tutti gli anni, ero convinta di ripartire per l’Italia a metà marzo, ma l’inizio dell’emergenza e il timore che mia madre potesse restare sola e senza assistenza mi ha convinto ad anticipare il rientro.
Peccato, perché come sempre per i primi di marzo avevo in mente un nuovo safari. Incantata dal Maasai Mara visitato nel settembre dell’anno prima, avevo deciso di tornarci.
Ho pensato “tanto tra qualche mese la cosa finisce, Kenya ci rivediamo ad agosto!”.
Invece è successo quello che è successo e il virus non mi ha portato via solo un fratello, già malato e una zia, ma anche la mia via di fuga, il mio mondo parallelo.
Sono orfana dell’Africa e in questi mesi ho capito ancora di più che non posso farne a meno e che difficilmente potrei sostituirla con qualcosa che non è così reale, così vero, tangibile.
Ogni giorno seguo gente che vive a Malindi, a Watamu, che gira nei parchi e nei luoghi splendidi e mette foto e video sui social. Non mi può bastare, anche se lamentarmi non è mai stato il mio modo di reagire.
Così nei giorni di sconforto mi sono messa ad imparare il swahili.
Ho acquistato un libro di grammatica online, ho seguito un corso virtuale e sono tornata a studiare come una ragazzina!
Non credevo di essere così arrugginita...ma dopo un mese già era diventata una consuetudine, e sasa ninajua kiswahili kidogo! Ora conosco un po’ di lingua swahili.
La mia amica del chiosco di verdura al mercato, Irene la massaggiatrice e l’aiutante di casa Alfred non crederanno alle loro orecchie. Erano sempre abituati a dover imparare loro qualche parola di italiano, per migliorare il nostro dialogo. Ora li sorprenderò con effetti speciali.
E mentre studio e scandisco, imparo e mi confronto su zoom, mi torna il sorriso perché attraverso le parole mi sembra di essere più vicina alle cose che amo. Anche se qui oggi ci sono 2 gradi e il cielo grigio, mi sento ancora sulla spiaggia come un anno fa, ma questa volta chiedo l’acqua di cocco in swahili e il mzee con la cesta mi fa anche lo sconto di cinque scellini!

 

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