Racconti

RACCONTI

La nostra Malindi: una facile onnipotenza

Uno dei racconti più illuminanti dell'indimenticata Claudia

18-01-2022 di Claudia Peli

Stamattina sono uscita presto per andare a iscrivermi in palestra.
Nel passare di fronte ad un resort ho visto la mia amica Valentina arrampicata in cima al sottotetto della reception, come un’equilibrista circense, che verniciava le travi di casuarina.
“Vale sei pazza! Scendi che t’ammazzi!”
“Non posso, devo finire. Tra poco Mr. Jasco passa a controllare e se non le vernicio bene me le fa rifare tutte da capo. E poi devo correre in spiaggia ad imbiancare tutto il muro esterno. Che giornataccia!”
Povera Vale, devono essere a corto di personale.
La saluto e tiro dritto.
Telefono a Claudio a Rosada per riservare un tavolo per me e le mie amiche stasera, e mi risponde trafelato.
“Claudio stai bene? Hai il fiatone.”
“Sono distrutto! E’ da stamattina alle 6 che spalo via le alghe in spiaggia … e devo ancora sistemare centoquaranta materassini sui lettini, tutto da solo!”
“Ma che fine han fatto i tuoi ottanta dipendenti? Si sono ammutinati?”
“Non puoi capire, questa è la fine del mondo.”
Ma che esagerato!
Chiamo Mara al Blue key per sapere se mi raggiunge al mare più tardi che diamo un rinforzino all’abbronzatura, ma mi risponde che non ha assolutamente tempo.
“Devo cucinare altre 7 torte e lucidare per bene il servizio di porcellana, perché mr. Edison ha invitato qui tutti i suoi parenti a bere il té alle cinque.”
“Ah ah ah, questa è bella! Ma se non sai neanche come si accende il forno!”
Non mi risponde e riattacca; forse si è offesa.
C’è qualcosa che non mi quadra: i miei amici mi stanno prendendo in giro. Sarò mica finita dentro una candid camera?
E mentre guido verso il centro comincio a guardarmi meglio intorno e ciò che vedo mi fa rizzare tutti i peli.
Oh my God! Non è possibile …
In sella ai boda-boda ci sono solo bianchi, e pure alla guida dei piki-piki e anche dentro i tuk tuk!
Alcuni di loro li conosco bene: sono costruttori, albergatori, ristoratori di lunga data.
Ci sono pure Walter, che tira un carretto pieno di ananas e Beppe dietro che lo spinge.
Agli angoli delle strade vedo formose bionde attempate con le tette di gomma che vendono manghi e banane, sedute sui marciapiedi a respirare i gas delle marmitte. Altre donne bianche si aggirano per i vicoli con grosse ceste colme di pesce in testa.
Quando arrivo alla piazzetta del cambio non vedo i soliti arabi cotti dal sole e dalla polvere venirmi incontro, ma ci sono i tre fratelli Simone, Alessandro e Giancarlo seduti sulla panchina che contano i soldi e mi chiedono se ho bisogno di cambiare che l’euro oggi è forte.
Ommammamia!
Mi comincia davvero a prendere l’ansia.
C’è davvero qualcosa che non va.
Telefono subito ad Angelo al centro diving, che qui a Malindi mi pare la persona più sana e solida e spero che mi dia una spiegazione razionale su ciò che sta accadendo.
“Angelo, hai visto anche tu cosa succede in città?”
“No Claudia, non ho visto niente. E’ dall’alba che sto caricando bombole in barca e mi è pure venuta fuori un’ernia! Ma se non mi sbrigo passa Mr. Kazungu e mi tira  un calcio nel sedere!”
Sudo freddo, ci sarà mica stata una rivoluzione la notte scorsa?
Un colpo di stato a Malindi che ha ribaltato  le cose?
Chiamo la Robi a Watamu per sapere se laggiù è tutto in ordine.
“Amica qui a Malindi sono andati tutti fuori di testa! Dalle tue parti tutto bene?”
“Claudia non posso risponderti: Katana mi ha appena portato duecento lenzuola da lavare a mano entro mezzogiorno! Ho fretta …”
“Le devi lavare  tutte tu, da sola?”
“No, tra poco arrivano anche Gavi e Tony a darmi una mano, appena hanno finito di lucidare per bene la galana al ristorante.”
Questo è davvero troppo. Il paese dei balocchi non c’è più: questa è davvero la fine del mondo.
Mi è passata la voglia di fare palestra e torno a casa.
Al cancello non c’è il fido Kamau ad aprire, ma Nicola vestito da askari.
E in giardino suo padre vestito da shamba boy che pota le siepi.
Salgo in casa e trovo  l’house boy Mungo sdraiato sul mio divano bianco che si fuma una sigaretta e mi ordina di portargli un posacenere.
Poi mi fa notare che sono in ritardo e che c’è una montagna di roba da stirare e cinque pile di piatti da lavare.
I suoi nove figli si rincorrono per casa e giocano a tirarsi addosso tutta la mia collezione di cd; sua moglie indossa i miei vestiti nuovi appena portati dall’Italia e siccome è quattro taglie più di me li ha già sformati tutti.
Sto per svenire e  decido di scappare via.
Fuggo a gambe levate giù in spiaggia e lì non ci trovo neppure un beach boy, ma centinaia di wazungu disperati come me.
Siamo tutti in ginocchio nella sabbia con gli occhi lucidi rivolti al cielo per invocare il Padreterno.
“Dio illuminaci! Dacci un segno che ci sei  e vegli ancora su di noi!”
Le nuvole si aprono e udiamo la sua voce potente e buona.
“Ditemi figlioli che cosa vi turba?”
“Signore, che cosa abbiamo combinato per meritarci questo tremendo castigo?”
“Figlioli non capisco, spiegatemi meglio.”
“Facevamo la bella vita qui a Malindi, non ci facevamo mancare niente; forse qualcuno di noi si abbandonava a qualche vizietto, ma ci volevamo tutti tanto bene, davvero sai? E adesso abbiamo perso TUTTO. Questa non è più la nostra vita; perché ci hai abbandonati?”
Lassù nel cielo azzurro Dio si fa una gran risata.
“Figlioli, vi ho permesso di vivere per tanti anni nel vostro piccolo paradiso terrestre. Vi siete crogiolati nell’illusione di aver raggiunto una facile onnipotenza sui vostri fratelli africani. Adesso basta ragazzi, direi che tocca anche a loro godersela un po’, giusto?”
“Aaaaaaaaaahhhhhhh!!!!!!” Il nostro urlo straziante si leva al cielo ed è così acuto che  mi sveglio di soprassalto nel mio bel lettone, sudata e agitata.
Spio fuori dalla stanza e vedo il mio house boy che sta lavando le finestre.
“Mungo caro, lavi i vetri?”
“Sì mama, tutti venerdì  lavare finestre.”
Era solo un incubo! Un incuboooooo! E mi metto a saltare in mutande come una cavalletta allegra per tutta la casa.
Poi caccio in mano a Mungo mille scellini e gli dico:
“Oggi fai festa, porta tua moglie e i tuoi figli al mare e a mangiare il gelato.”
Quindi mi affaccio sul terrazzo e grido agli altri:
“E da domani aumento per tutti!”

TAGS: racconti kenyaMalindi storieClaudia Peli

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