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Febbraio 2010

Tutte le notizie del mese

01-02-2010 di redazione

Solidarietà da Modena a Muyeye
Si sono mobilitati, hanno organizzato concerti, spettacoli e cene, hanno cantato e venduto gadget, ora sono partiti alla volta dell’Africa, diretti in Kenya, per verificare il risultato del loro impegno. Sono gli utenti dei servizi di salute mentale di Modena, i loro familiari e i cittadini che accanto a loro si sono attivati per contribuire al progetto nazionale diretto a uno dei quartieri più poveri di Malindi, denominato “Fare assieme la nostra scuola a Muyeye”, sostenuto a Modena da Social Point, dall’assessorato alla Cooperazione internazionale del Comune e da diverse associazioni locali di volontariato.
Il primo obiettivo del progetto era raccogliere i fondi necessari alla realizzazione di una scuola di formazione pubblica, aperta anche ai ragazzi con difficoltà psicosociali.
Oggi un gruppo di quattordici modenesi arriva a Muyeye per verificare lo stato dei lavori nel cantiere dell’edificio, la cui ultimazione è prevista per la fine di marzo, e per avviare un percorso di conoscenza e scambi con la popolazione del villaggio. Sono sette utenti dei servizi, tre operatori e un tirocinante, un familiare e due cittadini: Angelo, Patrizia, Gilberto, Carlo, Luca, Alessandro, Mauro, Valentina, Clotilde, Michela, Emanuele, Massimiliano, Bruno e Manuela. Il più giovane ha ventidue anni, il più anziano sessantasette. Il gruppo tornerà a Modena il sei marzo.(28/02/2010)

African Emotions a Mambrui
Si intitola “African Emotions” la mostra di fotografie dedicate al Kenya della free-lance ravennate Simona, meglio conosciuta come Simo Skizzo. Trentasettenne, imprenditrice, pianista e fotografa per passione, Simo trascorre alcuni mesi all’anno a Mambrui, dove sogna di trasferirsi tra qualche anno. Vulcanica, piena di idee ed energia, positiva e trascinatrice, Simo dice di sé: “Mi sento un africana dentro, mi sono innamorata di questo Continente quando, da bambina, guardai un documentario in Tv e già allora mi ero ripromessa di viverci, un giorno”. Parallelamente ha coltivato la passione per la fotografia e quando i due amori si sono incontrati, ha iniziato a scattare fotografie di safari. Dopo mostre nella sua città, ha deciso di presentare la “summa” delle sue esperienze in quasi tutti i parchi del Kenya ma anche in altri scenari, al Karibuni di Mambrui. Grandi protagonisti gli animali e una precisazione dell’autrice: “I miei scatti non sono modificati al computer, sono convinta che la fotografia debba trasmettere a chi la guarda le stesse sensazioni che ha il fotografo che le scatta”. La mostra, inaugurata ieri, sarà visibile fino a domenica 28 febbraio.(27/02/2010)

VISTI DAL LARGO di Fedele Turci L'Odoardo 
"Lei è diversa da tutte le altre" 
Una delle espressioni più ricorrenti che si sentono a Malindi, quando ci si imbatte in un uomo (magari di una certa età) che si è fidanzato con una ragazza locale, è “…lei è diversa da tutte le altre”. Non è necessario essere pratici della costa keniota, basta essere “uomini di mondo”, per dirla alla Totò, avere fatto il militare a Cuneo come Flavio, per immaginarsi la scena e fare finta di niente. 
Un baby-pensionato dai capelli brizzolati, l’aria beata e i neuroni un po’ abbrustoliti dal sole, mano nella mano con un’avvenente e sinuosa ventenne di Nairobi. 
“Lei è diversa da tutte le altre”.
Intanto quest’espressione evidenzia già un atteggiamento “difensivo”, una mezza ammissione che si conosce e si diffida dell’universo femminile keniota. Ma solo keniota o delle donne in generale?
Allora, invece di deridere il baby-pensionato, proviamo a capire.
“Tutte le altre chi, mi scusi…”
“Beh, dài…ci siamo capiti. Voglio dire, lei non è l’avventura di una sera, la ragazza conosciuta al beach-party…”
“Ah no?”
“No, assolutamente! Intanto Jasmine l’ho incontrata in banca”
“Ma davvero?”
“Già. Stava inviando soldi a sua sorella perché mantiene agli studi la nipote”
“Se posso essere indiscreto, come si guadagna da vivere la ragazza, permettendosi di mantenere la nipote agli studi?”
“E’ questo il problema! Quando è arrivata a Malindi ha trovato lavoro presso l’azienda di uno svizzero come contabile, ma poi lo svizzero (quel maiale) ci provava e lei è stata costretta a licenziarsi”.
“Che disdetta!”
“Ma per fortuna, sulla sua strada ha incontrato me! E io ho incontrato lei…adesso viviamo insieme e magari tra un po’ ci sposeremo…”
Ragioniamoci. A parte la storiella dello svizzero, siamo in presenza di un incontro singolare, che non è da denigrare così, per partito preso.
Il baby-pensionato e Jasmine sono due anime in cerca di qualcosa, due persone che possono darsi e ricevere ciò di cui hanno bisogno, che poi è anche quello che le fa stare bene con se stesse, in mancanza di altri sogni e di altre possibilità. Per intenderci: Jasmine è nata povera, in Africa, con un padre che (se non l’ha fatto) avrebbe voluto abusare di lei fin dall’età di nove anni. Ha atteso la maggiore età per scappare più lontano possibile dalla sua realtà. Seicento chilometri, sul mare. Unica arma a sua disposizione: la bellezza. Abbiamo visto donne in Italia fare carriera e poi ripulirsi anche l’immagine, partendo da situazioni molto meno drammatiche. Le starlette della televisione sono solo la punta dell’iceberg, per ogni velina da calciatore c’è una ragazza che si fidanza con un dirigente Rai o Mediaset di quarant’anni più vecchio? Perché lo fa? Per amore? O perché “lei è diversa da tutte le altre?”. Assolutamente normale, quindi, che la nostra Jasmine, nel Terzo Mondo, per guadagnare soldi, si conceda ogni tanto a qualche ricco mzungu. Ed è quasi da lodare il fatto che non si sia abbandonata alla lascivia delle notti brave malindine, dell’alcool e del guadagno facile. Lei cerca una relazione stabile, che le permetta una vita tranquilla e agiata. Almeno fino a quando il baby-pensionato avrà fondi a sufficienza per accontentarla…
E lui? Anche lui evidentemente ha bisogno di una donna come Jasmine. Forse perché arriva da un matrimonio fallimentare in Italia? O perché, nonostante abbia il chiodo fisso, in fondo al suo cuore è un sentimentale? O anche perché per la prima volta nella sua vita si trova davanti all’incomparabile bellezza di una venere nera e per giunta parlante che gli sussurra dolci parole d’amore?
“Se non ci arrivi, non puoi sapere cosa si prova. Io finalmente, a cinquantotto anni, sono innamorato. Mi sento di nuovo un ragazzino!”
Il viagra fa il resto. 
Lei non è diversa da tutte le altre, è semplicemente più saggia e più realista. Avrà pure i suoi momenti di tristezza, forse il suo amante compaesano, ma sa anche che è l’unico modo per avere una casa con i sanitari e la televisione, un’automobile e un po’ di speranza in più per il futuro.
Perché alla fine è questo mondo a non essere mai diverso da tutti gli altri.(26/02/2010)

Lo Tsavo pullula di animali
La stagione turistica a Malindi e Watamu è ancora alta, con la presenza di moltissimi turisti negli hotel e nei resort, di conseguenza i safari nel parco nazionale dello Tsavo attraggono ancora migliaia di persone. Tutti entusiasti al loro ritorno dalle escursioni in savana. Infatti febbraio è un periodo ideale per ammirare la vita degli animali selvaggi nel loro habitat naturale. La temperatura si alza ma ancora non è così inclemente da far scappare branchi e famiglie dei "big five", gli animali più ambiti da fotografi e vacanzieri a caccia di visioni indimenticabili. Anzi, in questo periodo è più facile trovare felini ed elefanti a ridosso del corso del fiume Galana, lungo il quale si snoda la pista principale seguita da pulmini e fuoristrada che attraversano lo Tsavo Est. Lungo il fiume si vedono animali in abbeveraggio, e spesso sotto l'ombra delle palme "piangenti" vicino alla riva del fiume, i leoni si rilassano e attendono il ritorno delle consorti dalla caccia. Meno facile, almeno di giorno, vedere gli ippopotami, che più fa caldo e più restano immersi nel fiume, che comunque in questi giorni è ovunque abbastanza basso. Si vedono coccodrilli e tante zebre, mandrie di bufali e branchi di elefanti. Se a questo aggiungete i colori della Savana, i giochi di nuvole all'orizzonte e la pace che regna in un luogo che sembra appartenere a un altro pianeta, il sogno è a portata di mano. Il Kenya è sempre un gran bell'incantesimo.(25/02/2010)

Il boom dei beach party, mai come quest'anno!
Mai come quest'anno c'è stata la definitiva consacrazione delle feste sulla spiaggia a Malindi, i cosiddetti beach party settimanali che convogliano residenti e turisti, centinaia di persone per tre sere alla settimana nei locali che aprono le loro porte alla sera al popolo della notte e, con l'immarcescibile Dj Dulla, regalano serate ballerecce a tutto divertimento. Si parte il mercoledì con il Lost Lounge Bar (proprio ieri sera, con la novità delle canoe privè, tanta gente e gran divertimento), serata a base di musica house che a un certo punto vira piacevolmente sugli anni Settanta e Ottanta. Da due settimane il Lost ha abbandonato gli appuntamenti "Full Moon" e "Black moon" e si dedica alla serata del mercoledì, che si è rivelata subito un successo. Pienone consolidato, con gran prevalenza di giovani, il giovedì al White Elephant a bordo piscina, con lo scenario di palme piegate verso l'oceano. Anche stasera, come sempre, musica commerciale e house, balli scatenati e, ovviamente, tuffi nella splendida piscina. Il lunedì è lo storico appuntamento più africano con l'elegante serata della Rosada, la preferita dai locali, ma non esente da grupponi dei villaggi turistici. Musica house e dance con chiusura un po' più presto rispetto agli altri ma affollatissimo "parterre" in riva al mare, che più in riva non si può. Tre appuntamenti che quest'anno hanno oscurato le discoteche al chiuso e gli altri locali che non possono offrire il panorama d'atmosfera delle stellate e della luna che si riflette in mare.(24/02/2010) 

Mostra di Mari Verriello al Karen Blixen
Il Karen Blixen Bar & Restaurant di Malindi inaugura i suoi martedì artistici con la mostra di opere dell’artista pugliese Mari Verriello. Domani pomeriggio alle 18 il vernissage della personale a tema della giovane pittrice, dal titolo “La mia Africa in savana”, tecnica mista su tela. Mari Verriello nonostante la giovane età, ha già esposto un po’ in tutto il mondo, dal Messico a Berlino, ricevendo importanti premi a Ferrara, a Copertino (Lecce) e presentando le sue opere in gallerie d’arte di Milano, Lecce, Bari, Modena e Genova, dove ha vinto il Concorso Internazionale “Ritratti e autoritratti d’autore”. Scrive Mari nella presentazione della sua mostra: “L’arte del dipingere ha in se la bellezza di poter esternare, trasmettere e fissare su tela le percezioni di esperienze emotive vissute dall’inconscio. L’esperienza di un safari è quella di un meraviglioso viaggio seduta sul tetto di un’animale di ferro, protagonista di una pellicola di un film preistorico; occhi fissi a contemplare colori e odori all’infinito senza mai annoiare, con le braccia lasciate in alto a danzare selvaggiamente col vento”. L’artista ha saputo trasmettere agli animali un senso preistorico e allo stesso tempo vitale, sono opere che trasudano contatto, passione, teatralità di uno spettacolo che si ripete da sempre. “Nei colori della terra dello Tsavo – prosegue l’autrice - ho ritrovato tracce della mia umanità…e la bellezza pittoresca del paesaggio con le incredule gradazioni dalle tonalità pastello, s’imprime eterna nell’anima del mondo e anche nella mia. Qui la decisione di dipingere Mama Africa, generosa e spirituale, non addomesticata ma selvaggia scegliendo di utilizzare polveri di pigmento puro mescolate all’acqua, stucco e olio in modo da creare delicate atmosfere color terra e fango”. Per ammirare le opere e incontrare l’artista, l’appuntamento è per questo pomeriggio al Karen Blixen, con possibilità di prenotare la cena “artistica” chiamando lo 0717/775888(23/02/2010)

Interrante e Guendalina a Malindi
Sembrava che la loro love story, sbandierata dalle principali riviste scandalistiche e dai rotocalchi televisivi, fosse destinata a finire, complice qualche rivelazione di troppo di "terzi incomodi", e invece galeotta fu Malindi. Daniele Interrante, tronista di "Buona Domenica" e oggetto del desiderio di innumerevoli teen-ager (e non solo) italiane e Guendalina Canessa, una delle protagoniste del Grande Fratello 7, non solo sono rimasti insieme, ma si stanno concedendo una vacanza da love story al Coral Key di Malindi. Cene a lume di candela, passeggiate in spiaggia mano nella mano, rossi tramonti da ammirare insieme. Gli ingredienti per mettere a tacere le malelingue del gossip ci sono tutti! Malindi, una volta di più, si conferma luogo magico e benefico per le coppie che devono ricomporre i puzzle della loro relazione. Sotto a chi tocca allora!(22/02/2010)

Quanti animali nello Tsavo!
La stagione turistica a Malindi e Watamu è ancora alta, con la presenza di moltissimi turisti negli hotel e nei resort, di conseguenza i safari nel parco nazionale dello Tsavo attraggono ancora migliaia di persone. Tutti entusiasti al loro ritorno dalle escursioni in savana. Infatti febbraio è un periodo ideale per ammirare la vita degli animali selvaggi nel loro habitat naturale. La temperatura si alza ma ancora non è così inclemente da far scappare branchi e famiglie dei "big five", gli animali più ambiti da fotografi e vacanzieri a caccia di visioni indimenticabili. Anzi, in questo periodo è più facile trovare felini ed elefanti a ridosso del corso del fiume Galana, lungo il quale si snoda la pista principale seguita da pulmini e fuoristrada che attraversano lo Tsavo Est. Lungo il fiume si vedono animali in abbeveraggio, e spesso sotto l'ombra delle palme "piangenti" vicino alla riva del fiume, i leoni si rilassano e attendono il ritorno delle consorti dalla caccia. Meno facile, almeno di giorno, vedere gli ippopotami, che più fa caldo e più restano immersi nel fiume, che comunque in questi giorni è ovunque abbastanza basso. Si vedono coccodrilli e tante zebre, mandrie di bufali e branchi di elefanti. Se a questo aggiungete i colori della Savana, i giochi di nuvole all'orizzonte e la pace che regna in un luogo che sembra appartenere a un altro pianeta, il sogno è a portata di mano. Il Kenya è sempre un gran bell'incantesimo.(21/02/2010)

Il Kenya alla BIT
Anche quest'anno il Kenya sarà presente alla BIT, la fiera internazionale del Turismo di Milano, che si conclude oggi nel polo fieristico meneghino di Rho. Lo stand, che illustrerà le meraviglie del Paese, avrà anche una sezione virtuale, e sarà inaugurato dal viceministro del Turismo keniota, Cecile Mbarire. Il vice ministro kenyota sarà presente per la prima volta in Bit anche per incontrare gli operatori durante il Forum Kenya e per presentare alla stampa italiana i dati incoraggianti del turismo in Kenya 2009, le nuove strategie di sviluppo del turismo e le nuove attività di marketing per il 2010. La presenza di Mbarire vuole testimoniare l’importanza che ricopre l’Italia, terzo mercato mondiale per il Kenya dopo Regno Unito e Stati Uniti. Presenti in Bit anche Patrick Gakure, deputy permanent secretary ministry for tourism Kenya e Jacinta Nzioka, regional marketing manager del Kenya Tourist Board e responsabile del mercato italiano. Il Kenya sarà presente in fiera al padiglione 2 (The World) – stand N 09 dove sarà presentata la nuova brochure MagicalKenya in italiano. Per il trade sarà distribuito il nuovo manuale “About Kenya 2010”, una guida per operatori e agenti di viaggio. Gli agenti di viaggio potranno ritirare i cd Magico Kenya Virtual Workshop, il corso in otto puntate in italiano, per approfondire la conoscenza della destinazione.(20/02/2010)

I classici kenioti dell'Hotel Pop
Hanno anche un genere tutto loro, che si chiama "Hotel Pop", ovvero canzonette da albergo, ritornelli orecchiabili che si imprimono nella memoria come la colonna sonora di una vacanza indimenticabile. Nei giorni del Festival di Sanremo, votato più che mai a melodie che non hanno più potere evocativo, nemmeno nella banalità (tanto da far venire nostalgia di "Papaveri e papere" o "Finche la barca va") viene spontaneo un parallelo con le "Hotel songs" keniote. La più nota per i turisti è senza dubbio "Jambo Bwana", che però viene imparata dai mzungu e proposta dai beach boys nella versione semplificata della Safari Sound Band, mentre l'originale, del 1982, è quella più avventurosa dei Them Mushroom, storico gruppo con intenzioni Afro-Beat e con parecchie sostanze in corpo. Il testo originale, ad esempio, diceva "cantiamo, balliamo, il swahili è il linguaggio dell'Africa, lo usa Michael Jackson, lo usa Lionel Ritchie..." per concludere con una sibillina "la zuppa di funghi è molto buona". Probabilmente si trattava di funghi allucinogeni. Ben altra vita e considerazione ha la splendida ballata "Malaika", scritta dal keniota Fadhili William nel 1960 e suonata per la prima volta nel 1963 con i Jambo Boys, proprio mentre un tanzaniano di Dar Es Salaam ne rivendicava la paternità. Qualche anno dopo la ascoltò Miriam Makeba che la incise insieme a Henry Belafonte e ne fece un successo mondiale. Molta meno gloria per "Karibuni Kenya", forse la prima vera canzone di "Hotel Pop" scritta nel Paese. Autore il keniota-indiano di Mombasa Nabil Sansool, che la incise con il suo gruppo "Nabil and the Savannahs" nel 1979 per la gloriosa etichetta Polydor. Altre canzonette celebrano modi di dire e di vivere in Kenya, da "Pole pole" a "Lala Salama", mentre oggi i giovani kenioti preferiscono il rap e l'hip-hop newyorkese e scrivono di conseguenza. A quando un Festival di Hotel Pop sulla costa keniota?(19/02/2010)

Kabwere, il carnevale di Malindi?
In questi giorni in tutto il mondo si festeggia il Carnevale, storica ultima settimana di "bagordi" prima della Quaresima che precede la Pasqua. Ma il Carnevale, a seconda dei luoghi dove viene celebrato, è anche festa pagana, rievocazione (è il caso di Rio e di Nassau, di New Orleans e anche della Brianza, dove ancora si bruciano simbolicamente le streghe). Malindi potrebbe avere il suo Carnevale, rievocando le storiche feste del capotribù giriama Kabwere, vissuto a cavallo tra il secolo scorso e quello precedente, nella zona interna di Malindi, l'odierna Kakuyuni, che poi è la vera antica culla dei malindini. Si narra che Kabwere avesse quaranta mogli e più di duecento figli e che il suo villaggio fosse il più ricco della costa. Egli organizzava feste incredibili con balli tradizionali e banchetti luculliani, sempre tenendo conto della povertà del luogo e dell'umiltà della gente. A Malindi in agosto si tiene una sfilata in onore dell'eroina locale Mekatilili Wa Menza, con sfilata in costume tradizionale. Sarebbe bello che a febbraio si potesse celebrare un carnevale in onore di Kabwere, con carri tradizionali e danze tipiche. Malindikenya.net lancia la proposta.(18/02/2010)

Karibuni Onlus tra visite mediche e incontri
Cinquanta tra soci e simpatizzanti contemporaneamente in Kenya, altri che arriveranno più avanti a scaglioni, un piccolo esercito di medici specialisti che stanno visitando centinaia di bambini delle scuole di Mida e Gede, e con buona lena si stanno prestando anche per gli adulti, le mamme e gli anziani dei villaggi nei pressi degli edifici scolastici. Questo è il modo dell'associazione italiana Karibuni Onlus di festeggiare i cinque anni dall'inizio dei suoi progetti. Il presidente Gianfranco Ranieri e i soci fondatori Carlo Peverelli ed Enzo Pomentale, sono arrivati qualche giorno fa a Watamu e si sono messi subito al lavoro. Il giorno dopo l'arrivo erano già all'inaugurazione della Nursery di Malanga, villaggio dimenticato da tutti ma non dalla solidarietà italiana, dove la siccità ha cercato di fare più danno che altrove. Poi a Langobaya, pochi chilometri prima dello Tsavo, e infine ieri a Mida sono iniziate le visite mediche non solo ai bambini, come già detto. Oggi è la volta di visitare le strutture di Gis e di Marafa (con il reparto neonatale in grado di salvare 150 vite umane all'anno) e nel frattempo si seguono i lavori dell'ospedale di Gede, che diventerà il secondo polo sanitario del distretto di Malindi, e di altri dispensari, aule scolastiche, laboratori (a buon punto quello di chimica e biologia donato alla Secondary School di Langobaya). Per finire un occhio all'avanzamento dei lavori della scuola calcio che verrà messa in piedi in collaborazione con il Genoa Cfc. La solidarietà intelligente e a tutto campo di Karibuni ha poche parole, perchè ama soprattutto fare. E fare del bene.(17/02/2010)

Malindi sulla bocca di tutti 
Il segreto di un successo. Due anni fa sembravano essersi tutti dimenticati del Kenya, della sua costa e di Malindi, questo fenomeno turistico italiano in Africa, con il suo satellite Watamu. Oggi, dopo due stagioni di turismo ritrovato, di battage pubblicitario da parte del Governo keniota, di iniziative dell'Associazione Turistica di Malindi e Watamu MWTWG e di vip (eh, sì...anche loro contano, eccome!), la nostra metà torna ad essere di grande attualità su quotidiani e riviste (negli ultimi mesi, ne hanno parlato almeno sei tra mensili e settimanali, senza contare quelli scandalistici), in servizi speciali o di approfondimento della televisione, in programmi radiofonici (con interviste e approfondimenti) o addirittura in libri usciti in Italia. Ultimo in ordine di tempo, il best seller "Che la festa cominci" di Niccolò Ammaniti. Malindi citata in tantissimi blog, presa ad esempio per parlare di italiani all'estero e, non ultima, cercata proprio sul nostro portale da decine di connazionali. Ormai si viaggia al ritmo di cinquanta mail alla settimana di lettori di malindikenya.net che ci scrivono per chiedere informazione sul logo, sulla gente, sulle leggi e la possibilità di fare business, o semplicemente per cambiare vita. La risposta è quasi sempre la stessa: iniziate a venire giù in vacanza. Vedrete!(16/02/2010)

Gemellaggio Malindi-Cupello nel nome del calcio
Tutto è nato quando Luigi Giuliani, grande appassionato di sport e di solidarietà, e amante dell'Africa, ha incontrato Riccardo Botta e sua moglie Cristina, i due ideatori e titolari dell'Accademia di calcio per giovani Malindi United. L'idea del gemellaggio con la "sua" Cupello, cittadina in provincia di Chieti famosa per i suoi carciofi, è venuto spontaneo. Al ritorno in Abruzzo, Giuliani ha organizzato raccolte di fondi, di divise da gioco e allenamento e quant'altro. Poi ha fatto stampare sciarpe, adesivi e gagliardetti: ed eccolo tornare pronto per il gemellaggio ufficiale, avvenuto ieri, tra la Virtus Cupello e il Malindi United. E' una delle tante iniziative che, contando sul linguaggio universale di solidarietà e unificazione che il calcio sa esprimere, possono essere attuate per aiutare i coniugi Botta e la loro splendida iniziativa. L'accademia paga la retta scolastica ai suoi giocatori e si occupa di loro praticamente a tempo pieno, ben vengano dunque adozioni a distanza e iniziative simili, ma anche semplici sponsorizzazioni o pubblicità all'interno dello stadio. Intanto la Malindi United si gode questo primo appoggio non solo morale al progetto di calcio ed educazione a Malindi, che è stato suggellato ieri con la partita amichevole allo stadio Alaskan vinta per 2-0 contro la Juventus Ngomeni, davanti a una splendida cornice di pubblico che inizia ad affezionarsi ai ragazzi.(16/02/2010)

Aiutiamo malindikenya.net
Se Malindikenya.net costasse 2 euro al mese, li spendereste per leggerlo? Con mille lettori al giorno un discorso del genere non è fantascienza, perchè malindikenya.net per continuare a mantenersi e ad essere contemporaneamente agenzia d'informazione, ufficio stampa e portale, fa i salti mortali. Basterebbe che tutte le attività italiane a Malindi si associassero e che quelle già associate rinnovassero a breve la loro quota, ma sarebbe anche importante che le piccole attività, anche italiane, i cui titolari leggono quotidianamente il portale, decidessero di acquistare uno spazio pubblicitario sul portale, anche nelle pagine interne (che costano meno). E' un invito a sostenere un'iniziativa che da un anno e mezzo è diventata un punto di riferimento costante per almeno dieci mila persone, che periodicamente visitano il portale. Mille ogni giorno feriale, più di sei mila alla settimana. Se ci siete anche voi, dateci una mano, iscrivendovi come sostenitori, inserzionisti. Per maggiori informazioni, info@malindikenya.net(15/02/2010)

S.Valentino a Malindi e Watamu
Una serata speciale, che sulla costa keniota può amplificare ancor di più la passione che si vive in due. Già, perchè se è vero che San Valentino è una festa convenzionale, è impossibile, per gli innamorati, ignorare un giorno come questo. E qui viene in aiuto lo scenario meraviglioso dell'Africa all'equatore, di cui Malindi e Watamu sono esemplificazioni perfette, con in più l'oceano indiano a lambirle. Atmosfera romantica e indimenticabile nei ristoranti in riva al mare, Kilili Baharini (cena "in rosso" nei gazebo a lume di candela, con servizio dedicato e menu prevalentemente di pesce), e White Elephant, coccolati dal rumore delle onde. Candele e stellata sopra di sè anche a bordo piscina alla Malindina, con il menu classico dello storico ristorante e musica scelta sempre accuratamente. Per chi ama invece le note dal vivo e un menu studiato appositamente per i cuori in festa, il Casino propone la musica romantica della Sea Wave Band e le scelte culinarie dello chef Michele Amadei, mentre Lorenzo Il Magnifico si affida al piano bar con canzoni a tema, italiane e straniere. Cena a lume di candela con menu afrodisiaco e una "love compilation" musicale, infine, anche al Karen Blixen Cafè. A Watamu invece il San Valentino si festeggia a ora di pranzo, nella splendida baia di Paparemo Beach, sorseggiando un cocktail fruttato e pranzando nel gazebo a due passi dal mare.(14/02/2010)


Malindi e Watamu: tornano gli stranieri
Buone notizie, la costa Nord torna ad essere il paradiso per i turisti di tutto il mondo e non solo un'oasi privata per gli italiani. Lo dicono i dati relativi all'anno da poco trascorso, che parlano innanzitutto di un incremento del quaranta per cento del turismo keniota a Malindi e Watamu rispetto al 2008, e di un significativo 65 per cento rispetto al 2007, ma anche di un considerevole numero di turisti europei in più, rispetto ai visitatori di casa nostra. In testa i francesi, che stanno riscoprendo il Kenya, seguono spagnoli e tedeschi, ma si affacciano anche tante nazioni che negli anni passati, pur frequentando il Kenya, non si recavano sulla costa oppure preferivano mete come Mombasa o Diani. Si tratta in particolar modo di finlandesi, svedesi e norvegesi, seguiti da olandesi, greci e portoghesi. Se sono stabili i polacchi, ceki e russi, ecco arrivare, con presenze minime (circa cento unità) ma significative gli africani di altre nazionalità: nigeriani, sudafricani e ghanesi. Malindi e Watamu conquistano tutti e soprattutto si candidano per ampliare la "forchetta" dell'alta stagione, che se dovesse dipendere dai soli italiani si esaurirebbe da Natale a Pasqua, con le tre settimane "calde" di agosto. Il turismo del Nord Europa e della Francia, invece, si orienta sul Kenya tutto l'anno, tanto che ci sono richieste anche per maggio e giugno. Viva Malindi cosmopolita, allora!(13/02/2010) 

Ecco Malindbay!
Un'idea nata da tante richieste di nostri lettori. Malindikenya.net è sempre più un riferimento per chi vive, lavora, frequenta o si interessa alla costa keniota. Oltre mille lettori al giorno, 15 mila contatti e tantissime mail ricevute, fanno ormai del nostro portale la più importante vetrina online di Malindi e Watamu e della vacanza o permanenza sulla costa keniota. Così abbiamo deciso di creare uno spazio che possa essere utile a chi in Kenya ha la casa e ci vive, ma anche a chi, venendo a trascorrere un periodo sulla costa, può avere il bisogno di alcune cose.
Da oggi, su malindikenya.net, c'è MALINDIBAY, il mercatino virtuale del nuovo e dell'usato, per comprare, vendere o scambiare qualsiasi cosa: da un frullatore a un'automobile, da una bicicletta a una villa con piscina. Per mettersi in contatto basta inviare una mail a info@malindikenya.net o chiamare lo 0720/178982. MALINDIBAY è gratuito. Karibu!(12/02/2010)

"L'INVASIONE DEI CERVI VOLANTI"
di Gabriele "Chengo" Bròcani

Odiavo i safari di due giorni.
Troppa fatica.
Troppa strada.
Troppa terra rossa negli occhi e nel naso, troppo poco tempo perfino per individuare una tipa da rimorchiare... anche perché all'ora della partenza è buio e le facce dei partecipanti sono buste di carta talmente accartocciate che resta difficile poter distinguerne la fisionomia.
L'abbigliamento per un safari alza al massimo il coefficiente di fallibilità nel riconoscerne il sesso e in qualche caso, addirittura la specie di appartenenza.
Adriana mi disse che io ero il più indicato per questa delicata missione che mi sembrò subito assolutamente priva di apprezzabili probabilità di successo.
Mi fornì delle motivazioni vagamente "mistiche" legate alle raccomandazioni di un certo pezzo grosso dell'industria farmaceutica di assecondare, in tutto e per tutto, quel manipolo di sfigatissimi amministrativi pugliesi in vacanza premio.
Mi raccomandò anche di indossare l'uniforme, cosa che come tutte le altre volte puntualmente non feci.
La mattina seguente Nicodemo mi strombazzò al telefono il suo buongiorno, con un tono imbevuto di un sospetto e ingiustificato buonumore, considerata l'ora.
Aveva sicuramente fumato.
Lo detestai.
- Mr Gabriel, it's 4:30 am!... the guests is coming…the drivers are waiting for you! And your breakfast is ready! - proclamò quasi cantando -
-si siiii... I'm on my way! " risposi con un lamento, e chiamando a raccolta insieme alle mie energie una dozzina di imprecazioni in swahili che avrei usato sicuramente durante il viaggio.
Mi informai sul numero dei partecipanti, dei mezzi e sugli autisti direttamente sotto la pagoda in makuti che fungeva da punto di accoglienza davanti alla reception.
In tutto 33 persone.
Era buio e l'aria era umida come l'alito di uno gnu con la gotta.
C'erano quattro minibus e il solito scomodissimo vecchio Land Rover che avrebbe guidato il convoglio e sul quale avrei lasciato i classici due ettolitri di sudore e qualche brandello di pelle bruciacchiata.
Lui, dal canto suo, mi avrebbe ripagato, affettuosamente, come sempre, con dei bei lividi sugli stinchi e dei poetici dolorini spinali che si sarebbero presentati possibilmente di notte e poi acutizzati sistematicamente qualora fossi stato in dolce compagnia.
Una nota positiva c'era: John guidava.
Avevamo due autisti di nome John. Questo era quello che preferivo.
Parlava poco con tutti ma aveva una faccia simpatica e l'espressione di chi fosse capitato lì per caso. Guidava umanamente per essere un giriama e aveva una vista eccezionale che surclassava di gran lunga il mio binocolo super professionale della marina kenyota, che lasciai nello zaino soprattutto perché pesava più del Land Rover.
Dopo un rapido briefing con le raccomandazioni di rito alla comitiva e dopo aver consumato velocemente una colazione a base di latte, caffé, moschini e fette biscottate, lasciai che il gruppo si sistemasse nei minibus e battendo rapidamente le mani due volte gridai:
- TWENDE, BASI!!
Mi piaceva molto farlo, anche se mi sentivo un po' come il generale Custer prima di andare a morire ammazzato a little big horn... dava alla scena il giusto pathos e a me l'illusione di avere tutto sotto il massimo controllo.
Mi piaceva anche dire a gran voce e in tono solenne "FUNGUA!" all'askari di guardia al cancello... anche se era perfettamente inutile farlo in quanto egli sapeva benissimo che se non avesse aperto noi non saremmo usciti.
Per i primi 150 km dormii. Malissimo.
Sbattei la testa al montante della mia portiera per un paio di grosse buche.
Sporsi in avanti la testa verso il vetro per vedere la strada.
Non c'era.
La ributtai indietro sullo schienale, chiusi gli occhi e consumai la prima imprecazione.
Fui risvegliato di soprassalto dall'autista. Stavamo rallentando sensibilmente.
Un serpente morto, di due metri circa, proprio in mezzo alla strada, probabilmente schiacciato da un mezzo passato prima di noi, era oggetto delle fameliche attenzioni di un grosso rapace scuro (un' aquila acrobatica, azzardai) intento a beccarlo avidamente all'altezza della gola.
John mi guardò interrogativo.
- Endelea! - dissi tranquillo. 
Mi augurai che i turisti non avessero ancora realizzato e che le videocamere fossero ancora tutte nelle loro belle custodie e che poi fosse anche molto seccante cominciare un safari un centinaio di chilometri prima di entrare nello Tsavo.
Decisione errata.
Quel brutto uccellaccio non aveva alcuna intenzione di volarsene via lasciando sulla strada la sua colazione.
Vedendoci arrivare lo afferrò con entrambe le zampe. Aprì le ali e cominciò a sbatterle con energia in avanti.
Era proprio una grossa aquila. Per quanto era grande sembrava si muovesse immersa in una vasca di colla.
Aveva cominciato a sollevarsi faticosamente da terra col suo prezioso bottino quando John si girò nuovamente verso di me, serio.
Io gli feci ancora cenno di tirare dritto.
Ma ora con ero più molto tranquillo e Deglutii.
L'aquila si alzò con un balzo ad un altezza di circa 5 metri... e quasi tutto il rettile penzolava in verticale.
Noi gli eravamo quasi sotto. 
La presa del volatile però non era stata delle più felici. Troppo vicino la testa del biscione. Tutto il peso era sbilanciato verso il basso.
Ora era fermo nell'aria e sbatteva a vuoto le ali come un giocattolo rotto mentre la forza di gravità già esultava soddisfatta. Alla fine, aprì i suoi artigli e liberò la preda cacciando un grido rabbioso.
John cercò di schivare. Ci riuscii solo in parte.
Un tonfo sordo sul cristallo e sul cofano della jeep proprio davanti a me mi fece saltare.
Il serpente rimbalzò sull'auto e finì sul margine della carreggiata lasciando un impronta di sangue sul vetro.
- Merda! - mi appiccicai al sedile per lo spavento... trattenni il fiato per qualche secondo fino a che mi accorsi che solo Ahmed dietro di noi si era reso conto dell'accaduto e lampeggiava divertito.
Anche John se la sghignazzava ricambiando lo sguardo nello specchietto.
Sussurrai al cielo un altra bella imprecazione ed ebbi la netta sensazione che anche l'aquila mi ci stesse mandando di cuore!
- Fantastico!- pensai - È cominciata alla grande! -
All'entrata del parco, il Sala Gate, sbrigata la routine per i biglietti, ne approfittai per passare in rassegna i ventiquattro safaristi, che intanto erano tutti scesi a sgranchirsi le gambe, e individuai immediatamente quello che sarebbe poi stato il candidato favorito per la nomination del ruolo di "rompicoglioni" protagonista del viaggio.
Era un medico (o farmacista) che si atteggiava a grande avventuriero. Aveva una stupida faccia tonda, una fassurina al posto della bocca, un paio di occhialetti tondi, una incipiente calvizie e la carnagione dello stesso colore dei mocassini... cioè, non pervenuto.
Era una specie di Phil Collins disegnato da un Matt Groening ubriaco... Non ispirava alcuna simpatia e parlava senza mostrare mai i denti.
Tentavo di distribuire a tutti buonumore attraverso il trattamento intensivo delle mie stupidissime battute cariche di un'economico non-sense da borgata. Pareva Funzionare. Avevano bisogno di ottimismo, non sarebbero scesi piu dai minivan fino a tarda sera. E non erano ancora le sette del mattino.
Di lei non ricordo il nome. Forse Giusy, o Rosy... o Mary, insomma qualcosa che in realtà avrebbe dovuto camuffare un imbarazzante nome meridionale tipo Maria Giuseppa o Rosantonia. 
Bionda, sui 25 anni, acqua e sapone, con la coda di cavallo. Molto carina e con un bel sorriso luminoso e spontaneo... un tipetto alla Meg Ryan.. simpatica... anche se a volte diceva cose incomprensibili in un terribile accento pugliese. Li per li non me ne curai troppo. Tanto fino a pranzo non avrei parlato con lei.
Ebbi il tempo di simpatizzare un po' con tutto il gruppo nell'oretta che ci separava dal nostro turno di entrata.
Alla fine non sembravano poi tanto stronzi.
Eccetto Phil Collins.
Se ne stava sempre a confabulare in disparte con altri due tizi canuti che sembravano dei dobermann e una donna mezza nana con grossi occhialoni neri e una bandana a fiori rosa che le dava l'aspetto di una lavandaia kosovara.
Con l'unica differenza che le lavandaie kosovare hanno senza dubbio più stile ed eleganza.
Erano gli opinion leaders della banda. Sapevo che non sarei riuscito ad entrare nelle loro grazie se non attraverso un sofisticatissimo impianto di stratagemmi e raffinate sottigliezze psicologiche di altissima scuola sovietica. Fortunatamente ero ferratissimo in materia.
Passammo tutta la mattinata percorrendo in lungo ed in largo il settore ovest del parco.
Respiravamo la savana.
Nel senso esatto del termine.
A metà mattinata il calore era già insopportabile e sudavamo tutti come anguille. Stando alle malcelate rimostranze del rompicoglioni del gruppo io sarei stato uno dei responsabili delle alte temperature in quella zona dell'Africa.
Decisi di soprassedere e di risparmiare la maledizione sciamanica che conoscevo per dopo.
John mi passò una radice di Marungi che io cominciai subito a masticare con espressione disgustata..
Di più schifoso del marungi ricordo solo la benzina che una volta percaso ingerii durante un succhiotto da una fiat 127.
Però funzionava. Il caldo, la fame e la sete si attenuarono dopo una mezzora da ruminante.
Smisero tutti di lamentarsi al momento di fotografare i primi animali.
Se non avete mai fatto un safari, e ve lo immaginate come qualcosa di terribilmente avventuroso nel quale ogni avvistamento sia imputabile al caso, vi state confondendo con la pesca alla trota o con la linea B della metropolitana di Roma.
Tutti gli animali, infatti, sono in zone assegnategli dai rangers, che si preoccupano di avvertirci preventivamente se sono presentabili quel giorno ai fotografi.
Conoscevamo tutti gli stanziamenti.
In pratica, agli alberi sotto i quali bivaccava la famigliola di leoni, mancavano solo il citofono e la buca delle lettere.
John, grazie alla sua super-vista, alla conoscenza della mappa, al marungi e, secondo me, pure ad una buona dose di culo nel tirare a indovinare, mi segnalava anche solo la presenza di uno struzzo o una faraona addirittura chilometri prima.
Io uscivo con tutto il busto dal tettuccio della jeep, facevo allineare dietro di me i pulmini e annunciavo a gran voce quello che avremmo visto di lì a poco. Ci facevo un figurone ogni volta. Avrei dovuto dare anche brevi spiegazioni sulle varie specie, le loro abitudini e altre curiosità. Ma lo feci solo la prima volta, mesi prima. Per dieci minuti. Fino a che il saputello di turno con l'abbonamento al National Geographic Magazine e la voce da eunuco mi fece notare che avevo scambiato dei licaoni per delle iene maculate. La mamma cicciona ribadì la cosa ulteriormente, assicurandosi che tutti gli altri realizzassero la mia gaffe, carezzò tronfia il figlio autistico e mi guardò con aria di sfottò mista a disprezzo. Augurai una furibonda dissenteria a entrambi.
A metà del percorso dopo aver incontrato zebre, elefanti, rinoceronti e bufali ci imbattemmo in una comunità di mandrilli.
Il capobranco era strafatto di iboga. Si aggirava tra le femmine, le tirava a se e le penetrava a turno con aria del tutto indifferente e frenetica come avesse un irrefrenabile urgenza di stabilire e ribadire il suo ruolo di unico maschio e di capomandrillo. Le turiste si lasciavano andare a risatine imbarazzate ed erano indecise se riprendere o meno la simpatica scenetta anche perché Il mandrillone mentre si agitava ritmicamente col bacino le fissava con sguardo compiaciuto: le scimmie riconoscono le femmine della nostra specie.
Su questo ho tutta una mia teoria che ora, per una questione di tempo, eviterei di esporvi.
Le mandrille, dal canto loro, continuavano nelle loro attività di sempre che consistevano in spidocchiarsi, raccogliere insetti, erbette e rubare viveri dall' interno dei minivan che avevano tutti i tettucci alzati in modalità "ombrello". Nonostante le mie raccomandazioni di non tenere in vista cestini della merenda e panini c'era sempre qualche furbone che si faceva sorprendere con una bustina di grissini o con una mela.
La razzia di una scimmia, per quanto spesso insignificante, rappresentava sempre un evento spettacolare e a volte traumatico.
Saltavano sulle cappottine alzate dondolando le lunghe braccia dentro l' abitacolo ed emettendo eccitate grida di battaglia.
Vidi uno degli autisti roteare un martello per scacciare un cucciolo particolarmente petulante che si allontanò mostrandoci le chiappe fucsia e protestando rumorosamente con orrende smorfie.
Il Game Drive proseguì tutta la giornata in un susseguirsi di noiosissimi appostamenti in terreni sempre meno ospitali con l'unica eccezione della sosta al campo per il pranzo e per dare tregua alle vesciche che ormai erano borse dell'acqua calda in ebollizione continua.
Avevo lo stomaco chiuso a causa dell'effetto della cathina e mi sentivo eccessivamente pimpante e loquace. Approfittai per approfondire la conoscenza di Giusy, Rosy o Mary.
Dopo aver soddisfatto le sue principali curiosità che vertevano prevalentemente sul perché mi chiamassero Chengo e sul perché mi chiamassero Chengo, ma soprattuto sul perché mi chiamassero Chengo, le proposi di continuare il giro sulla jeep. Lei accettò di buon grado e chiese di portare con se la sua amica che, fortunatamente declinò l'invito avendo subito notato la mia espressione irrigidita.
Riprendemmo il viaggio sotto il sole ancora al suo azimuth.
La land rover si rivelò ovviamente molto più disagevole di quei moderni e confortevoli mini autobus giapponesi, con sedili imbottiti, vetri fumè e potenti climatizzatori, ma faceva indubbiamente più safari.
Passammo quel rovente pomeriggio ad assorbire la sabbia rossa dello Tsavo fermandoci di tanto in tanto a fotografare un leopardo, un avvoltoio, degli impala.
Arrivammo dai leoni intorno alle 18. Il vecchio maschio dormiva ai piedi di una grande acacia. Accanto a lui i resti di una carcassa di zebra. Sotto un altro albero la leonessa sdraiata all'ombra coi due piccoli che la tormentavano arrampicandosi sulla schiena e mordicchiandole le zampe.
Ci fermammo ad un passo da quest'ultima.
Un gioco popolare tra gli africani era quello di sfidarsi ad incrociare lo sguardo con lei, e mantenerlo il più a lungo possibile. Quando me lo proposero li sfottei da bravo muzungu, ci provai e distolsi subito lo sguardo. Non avevo questa sensazione di disagio e di intimidazione dal tempo in cui fui beccato dalla preside a fumare uno spinello nel bagno della scuola, lasciai perciò agli autisti il piacere di sfidarsi.
Lo sguardo della leonessa è considerata una delle forze più potenti del regno animale.
Parlai con gli altri autisti e pianificai l'incontro al campo alle 20:30. Noi facemmo una piccola deviazione. Saltammo la visita dai ghepardi e dai rinoceronti e puntammo dritti verso il fiume Galana.
- Tutafika saa ngapi, John? - chiesi temendo di perderci il tramonto.
- Saa moja kamili, Chengo! " annuì lui con aria complice.
Arrivati sulla sponda nord del fiume ci accostammo ad una giardinetta di rangers.
Uno di loro, un graduato di Mambrui che mi conosceva, venne a salutarmi e mi chiese da fumare, io gli allungai tre puzzolentissime sportsman e 500 scellini e gli domandai se avesse acconsentito a concedermi un oretta a terra.
Era assolutamente vietato scendere dalle vetture fuori dai campi, ma considerata la presenza della pattuglia armata facemmo questo strappo.
Ci sedemmo su una roccia lavica proprio sotto la collinetta che dominava il tratto dove si formavano le rapide Lugards. In lontananza il sole si preparava ad uno dei suoi spettacolari tramonti equatoriali.
Il panorama era mozzafiato. La savana era una distesa arancione sterminata e all'orizzonte, dietro le sagome dei baobab e delle acacie, l'imponente kilimangiaro si stagliava nitido e solenne.
Una coppia di fenicotteri rosa ci osservava diffidente mentre ora una lieve brezza rendeva l'aria del pomeriggio piu respirabile.
Giusy Rosy Mary era visibilmente agitata ma anche molto affascinata dal paesaggio e dalle mie storie.
I rangers che parlottavano poco distanti dietro di noi la tennero tranquilla fino a che non sentimmo un frusciio nell erba poco distante in basso. - Oddio! - esclamò aggrappandosi a me - C'è una bestia! -
Dopo alcuni attimi in apnea, intravedemmo in mezzo a un cespuglio, un porcospino intento a rovistare in una tana di qualche grosso insetto. Ridemmo, lei sospirò e rimase ancora per qualche attimo avvinghiata al mio braccio. Era quasi fatta.
Quando ci ricongiungemmo al resto del gruppo si scatenò immediatamente il torneo nazionale della battutina più idiota.
Il farmacista stronzo ebbe subito la meglio in quanto a volgarità e malizia nonostante l’agguerrita concorrenza dei due dobermann che però utilizzarono espressioni dialettali non regolamentari e dovettero accontentarsi di una seconda piazza ex aequo con un tizio che aveva l’espressione di una testuggine gigante. Simulandomi divertito decisi di accettare quegli acidi sfottò, in quanto la tipa non pareva dopotutto troppo in imbarazzo ed era del tutto comprensibile che il mio tentativo di rimorchiare la ragazza più carina della spedizione li avesse gettati nel più classico dei rosicamenti.
Partimmo alla volta del Salt Lick Lodge che ci avrebbe ospitato per la notte.
Ai turisti piaceva molto qell’orrendo manufatto della Hilton che deturpava, strafottente e tronfio, tutto il silenzioso sogno di una natura così poeticamente selvaggia.
Era composto da una sorta di enormi bungalows a due o a tre piani dal tetto conico e dislocati irregolarmente nell’idea piuttosto kitsch di disegnare nelle forme e nel concetto un villaggio di capanne.
- Tutto sommato - pensai " come primo giorno poteva andare peggio.
Immaginavo cosa sarebbe potuto accadere se avessimo beccato la pioggia, o peggio ancora una transumanza di bufali o di gnu.
Ma il peggio doveva ancora arrivare.
Il lodge era ormai a meno di un chilometro da noi e nonostante fosse quasi completamente buio si intuiva qualcosa di strano. Arrivati nel piazzale realizzammo. 
FLYING STAG-BEETLES! Cervi volanti! Tanti. Troppi. Dappertutto. Una vera e propria invasione.
Schifosissimi bagarozzi cn le ali, grossi e invadenti.
I primi li vedemmo sbattere sui finestrini ancora prima di scendere. Le nostre facce erano tutte tirate in una smorfia di disgusto. Mi affrettai a fare entrare tutti nella hall e mi lanciai dentro anche io.
La situazione all’interno era ancora peggiore. Mi riparai con la cartella portadocumenti e mi recai, lanciando un paio delle mie imprecazioni, al banco della reception. Era circondato da una nuvola di quei scarafaggioni cornuti. Ci volle poco per capire che tutto l’hotel era sotto assedio. L’uomo che ci diede le chiavi ci assicurò che le stanze da letto erano state bonificate. Mi girai alla mia sinistra dove gli ospiti attendevano e glielo comunicai. Erano tutti fissi con lo sguardo in un punto oltre di me... in basso. Mi voltai e vidi. Lo stretto corridoio che portava agli ascensori era tutto un brulicare, tanto che la moquette, che immaginai fosse rossa, era completamente ricoperta da quegli insetti. Cercai di abbozzare un sorriso e dissi al gruppo 
- Bene, signori, poggiate pure a terra i vostri bagagli, il nuovo servizio di trasporto automatico dell’hotel ve le recapiterà direttamente negli alloggi! - 
Nessuno ormai rideva più alle mie stupide battute. Anche io cominciai a non essermi più tanto simpatico. Phil Collins mi lanciò uno sguardo pieno di disprezzo e poi chiese a brutto muso di far mangiare la comitiva: io tremai al pensiero.
Il grande ristorante circolare era stato attrezzato con zanzariere su ogni tavolo e avevano utilizzato la stessa copertura anche per il buffet.
Fuori da questi baldacchini trasparenti era la guerra.
Uno svolazzare continuo.
I cervi volanti, essendo pesanti, non volano per niente agili. Tracciano traiettorie imprevedibili e questo rende impossibile schivarli. La cena consisteva in un percorso ad ostacoli che prevedeva il rifornimento al buffet e la corsa al proprio tavolo il tutto cercando di raccogliere sulle proprie pietanze il numero minore di quei brutti scarrafoni. Io al terzo tentativo rinunciai. E rimasi a mangiare direttamente con la biondina in piedi al tavolo del buffet.
Apprezzai in lei lo sforzo che fece per superare quella difficile situazione senza dare di stomaco. La cosa nauseabonda non era tanto il fatto di avere quei cosi addosso quanto il “crack” che producevano quando inavvertitamente li calpestavi.
Tutta la cena si svolse in pochi minuti e tra le proteste generali. Dal canto mio cercai di far comprendere che fenomeni del genere fossero totalmente al di fuori di ogni tipo di previsione e che nella savana esistevano minacce peggiori di qualche innocuo scarabeo alato. Ma non servì a nulla.
Alla fine condussi gli ospiti nelle loro stanze e mentre davo loro le ultime istruzioni ispezionavo scrupolosamente dentro ogni armadio e sotto ogni letto. Sapevo che questa pratica invece di tranquillizzarli li gettava nel panico, perciò nella stanza di Phil Collins sfoderai addirittura il pugnale che tenevo alla cintura e aprii la grata dell’aria condizionata con esagerata cautela. Credo che per un attimo fu tentato di chiedermi cosa avessi temuto di trovare li dentro, ma a causa di un improvvisa paralisi respiratoria non lo fece. Io gli feci l’occhiolino, gli augurai la buona notte e uscii.
Era giunto il momento della sesta imprecazione.
Una doccia dopo ogni giorno passato nello Tsavo puo’ durare anche nove ore. Peccato che l’acqua calda non sia mai sufficiente e la tua pelle rilasci anche dopo settimane quella sottile sabbia rossa che penetra in profondità fino agli organi interni.
Mi infilai un paio di pantaloni di lino e una camicia pulita.
Mi procurai una bottiglia di vino bianco e bussai alla porta di Giusy, Rosy o Mary.
Era un incanto.
Stava con la testa inclinata intenta ad asciugare i capelli con un telo di spugna rosa. Indossava solo una cortissima canottierina azzurra che le lasciava nuda completamente la pancia e un paio di pantaloncini bianchi. Era visibilmente contenta di vedermi. La baciai sulla guancia e sentii la fossetta del suo sorriso sotto le mie labbra.
Respirai il suo profumo. C’era una luce diversa nel suo sguardo e i suoi capelli biondi e umidi, ora sciolti e spettinati, le davano un aria meno da bambina e decisamente piu provocante. Glielo dissi con un occhiata molto compiaciuta che la divertì.
Parlammo un po’, lei dal bagno e io dal terrazzino, di quella lunga interminabile giornata. Io riempii due bicchieri e l’attesi fuori, in piedi, sotto la tenda del balcone. Lei raccolse il suo bicchiere dal tavolino in vimini, si appoggiò alla balaustra e contemplò la vista sospirando.
I lampioni dell’albergo illuminavano quasi tutto il grande stagno sottostante mentre i suoni della notte erano la perfetta colonna sonora per un momento come quello. Le sfilai il bicchiere dalla mano e dopo averglielo posato sul tavolo la baciai. Ricordo che fu tutto molto tenero. Lei mi raccontò della sua vita e di come avesse sempre sognato un avventura come questa. Io avrei voluto dirle che a me non capitava ogni volta di finire nelle stanze delle clienti ma capii che a lei, in fondo, non importava. E quindi evitai.
Ci risvegliammo stretti l’uno nell’altra in quello scomodissimo lettino. Lei aveva indosso solo il suo splendido sorriso. Le ordinai la colazione in camera e mi rivestii. Sgattaiolai fuori e dopo una veloce doccia, racimolate le mie cose di corsa andai al ristorante. Servivano la colazione in quel momento. Fui sollevato dal fatto che dei cervi volanti non c’era piu alcuna traccia. Svaniti. Volati tutti via. Il personale dell’albergo aveva avuto un gran dafare nel ripulire tutti gli edifici dai resti di quegli insettoni. Ma ora la situazione era tornata nella normalità e si prospettava un altra caldissima giornata di safari in quella sperduta parte dell’africa equatoriale. Io ero di un umore splendido e ripensavo alla notte appena passata. Salutai tutti con euforia e perfino il farmacista stronzo mi sembrò più simpatico. Prima di ripartire condussi tutti nei sotterranei dell’hotel per un bel bird-watching mattutino.
I cunicoli portavano a delle piccole postazioni interrate al centro dello stagno. Anch’esse con il tetto conico. Emergevano di una trentina di centimetri sulla superficie, l’altezza necessaria per osservare con un angolo di 360° l’area circostante. Fummo fortunati.
Quella mattina una famigliola di grandi cicogne e uno splendido esemplare di ibis ci concessero un fantastico servizio fotografico.
Mi abbandonai anche io a quella vista tanto che trasalii quando sentì una mano sfiorare la mia.
Era la piccola Meg Ryan pugliese che mi danzava intorno lanciandomi sguardi languidi e sorrisi intrisi di complicità.
Il secondo Game Drive fu ancora più faticoso e io masticai marungi tutto il giorno. Avvistammo tutti gli animali mancanti all’ appello compreso un raro esemplare di rinoceronte bianco.
Tornammo al White Elephant poco prima di cena. Adriana era li che ci attendeva sotto la pagoda. Gli aperitivi erano serviti. Saltai giù dal mio mezzo, diedi il cinque a John e salutai con un cenno gli altri autisti.
Tirai fuori dallo zaino la scatolina che avevo custodito gelosamente e gliela consegnai.
- Un pensiero per te, Adri! " le dissi sfoderando il piu plausibile dei sorrisi adulatori.
Lei mi guardò sorpresa e ringraziò. 
Mentre mi dirigevo al mio bungalow la sentì trasalire in lontananza. I cervi volanti uscirono dalla scatola e le volteggiarono intorno un attimo prima di dileguarsi nella vegetazione.
Io mi svuotai le tasche delle ultime imprecazioni rimaste e sorrisi sollevato.
Il cielo era pieno di stelle. Mi scappò un sospiro.
- Mercoledì " pensai - Domani ostrichette gratinate per pranzo!
(12/02/2010)

La cucina italo-africana di Malindi a Radiodue grazie a Malindikenya.net 
Si parlerà anche di Malindi e dell'arte culinaria italiana al servizio dell'Africa (o viceversa...) in uno speciale sul Turismo Eno-Gastronomico nel mondo che andrà in onda prossimamente su Radio Rai Due. Il direttore di Malindikenya.net, Freddie del Curatolo, tra l'altro ex gestore di ristoranti a Malindi ed appassionato "spadellatore", è stato fatto oggetto ieri di una lunga intervista sull'argomento. "Dalla cucina di sostentamento, a Malindi si è passati in trent'anni all'esotismo all'italiana - ha spiegato Freddie - senza dimenticare le dominazioni arabe, indiane, portoghesi e inglesi. Gli italiani a Malindi si sono trovati davanti a una storia gastronomica importante e composita, ma soprattutto in un luogo in cui la materia prima eccellente e a basso prezzo permette creazioni inedite e audaci, insomma quella che in Europa ormai chiamano "cucina fusion", sulla costa keniota si è sempre fatta, mescolando cibi poveri ad altri che in Italia sono costosi e sofisticati, con naturalezza e un tocco tropicale". Nascono così le ricette che Malindikenya.net ha consigliato e che presto appariranno sul portale: Gamberoni al mango, filetto di cernia al cocco, scaloppine all'avocado ed altre ancora. Tanto per ricordare che Malindi e Watamu, oltre che paradisi naturali di sole, mare, cielo e vegetazione, sono anche mete interessanti per la soddisfazione delle papille gustative! Nell'intervista, Freddie ha citato anche le peculiarità dei ristoranti di Malindi e Watamu che fanno parte dell'associazione MWTWG e che sono inserzionisti del portale malindikenya.net.(11/02/2010)

Beach party ogni mercoledì al Lost
Finalmente il Lost Lounge Bar ha un appuntamento fisso settimanale, per far ballare e divertire turisti, villeggianti e residenti di Malindi e dintorni. Da stasera, infatti, il Beach Party sarà di scena ogni mercoledì sera, e va ad aggiungersi stabilmente al lunedì della Rosada e al giovedì del White Elephant, tre appuntamenti da non perdere durante la settimana di vacanza, con l'unica costante del disc-jockey Dulla in plancia di comando per la musica. "Anche se la nostra sarà sempre curata e particolare - precisa il deus ex machina del locale sulla spiaggia del Lawford, Giancarlo Trentavizi - ci saranno le novità house da Ibiza, e anche serate a base di commerciale anni Settanta e Ottanta". Insomma, mai banale una serata del Lost, con i cocktail, vera specialità della casa, i falò sulla spiaggia e le comode ed eleganti "isole" da cui ammirare le stellate della notte africana ed ascoltare il rumore del mare che si mescola alla musica avvolgente e ai ritmi che trascinano il popolo della notte malindino in danze sfrenate. Si parte quindi questa sera, ingresso Kshs. 500 per tutti e selezione all'ingresso per garantire serate esclusive e all'insegna soltanto della voglia di divertirsi e condividere una serata africana con l'elegante tocco mediterraneo che Giancarlo ha dato al suo originale e splendido disco-bar.(10/02/2010)

La Malindi-Watamu costiera si farà
Buone notizie per il turismo e i collegamenti tra le due realtà vacanziere "italiane" sulla costa keniota. Il parlamentare Gideon Mung'aro, ex sindaco di Malindi ed eletto grazie ai voti di questo distretto, ha tenuto ieri una breve e improvvisata conferenza stampa a Watamu, annunciando però la grande notizia che tanti albergatori e imprenditori aspettavano: la strada costiera tra Malindi e Watamu si farà, e anche in tempi ragionevolmente brevi. "Il Governo ha stanziato 420 milioni di scellini - ha annunciato Mung'aro - quei soldi sono già disponibili e quindi molto presto potremo dare il via ai lavori per allargare, appianare e infine asfaltare la strada che collega Malindi a Watamu, passando da Mayungu". I lavori partiranno da Watamu. 20 milioni di scellini verranno inoltre destinati alla costruzione di chioschi per i "beach operators", ovvero i venditori da spiaggia, metodo conciliante e giusto per cercare di risolvere l'annosa questione dei beach boys irregolari e aggressivi verbalmente. In questo modo chi verrà sorpreso a vendere fuori dal mercato in spiaggia, sarà sanzionato, verosimilimente dopo essere stato segnalato dagli stessi operatori a cui è stato assegnato lo spazio, come già avviene su alcune spiagge dell'hinterland costiero di Mombasa.(10/02/2010)

Festa allo stadio per la prima uscita vera del Malindi United
La prima vera e impegnativa sfida del Malindi United, la squadra-accademia voluta da Riccardo Botta e ora seguita anche dall'ex calciatore del Milan Stefano Salvatori, è terminata in pareggio, 1-1. Ma il risultato conta poco, conta l'entusiasmo dimostrato da chi ha seguito questa prima uscita dei giovanissimi ragazzi selezionati dall'allenatore e manager italiano e dal grande tifo di almeno duecento kenioti assiepati nella zona dove presto (confidando in uno sponsor) sorgerà la tribuna dello stadio Alaskan. C'erano anche un po' di italiani, qualche decina di residenti che sono venuti ad applaudire all'iniziativa di Botta e Salvatori, ma hanno scoperto anche un vero spettacolo calcistico, perchè la gara ha messo in mostra individualità interessanti, non solo da parte dei "nostri" ragazzi, ma anche dalla parte dell'Accademia di Mombasa (giocatori un po' più grandicelli). A dimostrazione dell'interesse che il sogno di Botta divenuta realtà sta riscuotendo, c'è da segnalare la presenza allo stadio del presidente della Federazione Calcistica Keniota (FKL) Mohamed Hatmy. "L

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