Reportage

REPORTAGE

Dandora, perché dovevamo essere qui

Vi racconteremo un luogo assurdo, iperreale

25-03-2022 di Freddie del Curatolo

No, non sono stato scaraventato su un altro pianeta.

Anzi, sono sulla Terra che più sulla Terra non si può.

Sono nella bocca del suo stomaco e sto risalendo con il suo vomito.

Qui tutto è vomito, centomila metri quadrati di vomito della società.

Tutto, tranne gli esseri umani, che raccolgono la nostra indifferenza, ingordigia, avidità.

La discarica di Dandora è la più immensa d'Africa e in mezzo a queste vallate d'immondizia vivono seimila persone.

Ai suoi lati, altre decine di migliaia che sopravvivono grazie ai rifiuti.

Camminiamo per ore in un paesaggio che non puoi definire irreale, perché ci trovi tutto quello che hai usato e gettato nella tua vita, più quello della gente che hai conosciuto e a cui hai voluto e vuoi bene.

Siamo tutti qui, sulle colline di Dandora.

Davanti a chi si nutre del nostro vomito, ci s'affatica e ci si ammala.

Esseri umani che se provi a dirgli "poverini" ti sputano ai piedi e riprendono a lavorare.

Che lavorano sodo per scegliere, separare, vendere e tenere per sé quello che trovano.

Sacchi e sacchi di vomito.

Da anni, mentre il mondo della solidarietà e dell'indignazione non è riuscita a fare granché per la loro dignità. Le istituzioni...non ne parliamo.

Molti ne hanno perfino approfittato e continuano a farlo.

Non è facile da capire, bisognava per forza essere qui, tra la bile e i conati. Respirare miasmi impossibili, non riuscire a distinguere le lacrime di desolazione da quelle dei fumi tossici.

Parlare con loro, con chi è nato e vissuto qui, ha fatto questo di mestiere ed ora ha fondato (grazie ai padri comboniani) un'organizzazione che pensa al loro presente e al loro futuro.

Perché sembra assurdo dirlo, ma loro, gli "waste pickers", i raccogli-spazzatura, hanno più speranze, più futuro e più voglia di farcela di noi.

Credo che avrò molto da scrivere su questo posto e sulla cruda realtà di lavoratori a tutti gli effetti che oltre a fare un lavoro di merda e a furia di sentirsi dire "poverini", "ultimi", "reietti", sono sottopagati dalla catena che parte dagli avvoltoi che comprano ciò che loro raccolgono ogni giorno, e che arriva a chi si fa bello con gli oggetti di riciclo e magari li vende a peso d'oro, non hanno coperture sanitarie e nessun altro aiuto da chi continua imperterrito a vomitare.

Nelle prossime settimane vi racconterò di Solomon, Didi, Caroline e degli altri. Che hanno la sfortuna di essere nati in quest'epoca, nel nostro stesso pianeta.

TAGS: dandoranairobireportage

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