Le rose rosse di San Valentino sono sempre più keniote.
Proprio in questi giorni il Kenya Flower Council, l’associazione dei fioristi del Kenya, ha annunciato la crescita del settore del 33 per cento quest’anno, un risultato non a caso reso noti alla vigilia della più importante festa mondiale per i venditori di rose. Una performance che si deve soprattutto allo sviluppo di tante aziende locali che coltivano non solo il simbolo dell’amore ma molte altre varietà di fiori.
Sembrano ormai lontani i tempi in cui erano solamente le aziende straniere (particolarmente quelle inglesi e olandesi) a godere dei proventi dell’esportazione delle rose, con conseguente dietrologia riguardo al presunto sfruttamento dei dipendenti delle multinazionali della Rift Valley.
Già dall’anno scorso i dati trasmessi dal KFC esaltavano i guadagni delle aziende locali, segnalando l’avvicinarsi a quota 100 miliardi di scellini (progressivo aumento, dai 35 del 2014 e i 70 del 2016), guadagno annuo lordo del settore che potrebbe essere raggiunto quest’anno.
Questo si deve appunto alle aziende locali che si sono affiancate a quelle storiche, come Winchester Roses e Magana Flowers.
Quest’anno i coltivatori hanno superato diverse traversie, legate non solo alle condizioni atmosferiche ma anche ai ritardi (ormai endemici) della dogana del porto di Mombasa nella consegna dei fertilizzanti importati dall’estero.
Anche quest’anno, per San Valentino, l’ottantacinque per cento dei fiori sono stati destinati all’estero, con Cina, Usa e Inghilterra come mercati principali, mentre cresce nel Paese la moda di regalare rose al proprio partner nel giorno degli innamorati: dal 5% dello scorso anno si passa al 10. Il restante cinque per cento circa riguarda l’esportazione all’interno del continente africano.