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Se ne va un altro residente storico di Malindi: addio Andrea Biagi

Da venticinque anni in Kenya, era stato proprietario della boutique

25-11-2017 di Freddie del Curatolo

Andrea era un semplice e un compagnone.
A volte te lo levavi di dosso a fatica, perché s'infilava in discorsi mai banali ma senza uscita che forse piacevano più a lui che al suo interlocutore.
Ma a un certo punto ti infilava una battuta in romanesco, arguta e mai fine a sé stessa, e ti faceva sorridere.
Allora sì che erano guai, perché gli offrivi il lasciapassare per andare avanti un'altra mezzora.
Fino a quando si bloccava improvvisamente, ti guardava fisso negli occhi e diceva: "mo' vi ho rotto le palle, me ne vado..."
Salvo poi tornare indietro dopo due passi per un'ultimissima osservazione.
Era una persona colta e curiosa Andrea, per questo a volte anche insinuante, ficcanaso, provocatore.
La sua inconfondibile voce roca, a metà tra un bluesman di Chicago e Sandro Ciotti, faceva il resto.
Era arrivato a Malindi all'inizio degli anni Novanta, con i capelli lunghi sotto le scapole che spesso raccoglieva in una coda selvaggia.
Con la (solita) fantasia da paese, gli italiani lo avevano soprannominato "Andrea l'apache".
Ma lui era diventato amico più dei keniani che della comunità di connazionali.
Saranno state le sue idee, da rivoluzionario ancora intriso di "liberté egalité fraternité", che lo avevano bollato subito come "comunista".
Lui poi non ne era del tutto estraneo, pur arrivando da una buonissima famiglia: il padre era un noto giornalista e aveva parentele importanti.
Ma a Malindi conduceva una vita davvero integrata, e non disdegnava le serate in locali africani, così come le cene con i tanti amici che lo venivano a cercare. Il bicchiere di campari inevitabilmente in mano e quei sette otto caffè a qualsiasi ora erano i suoi segni distintivi.
Aveva conosciuto Anna Morosetti, ragazza keniana figlia di un pioniere italiano di Malindi, e con lei aveva aperto la boutique al G.A.Complex (Kiwi), facendovi anche qualche investimento immobiliare.
Lì era diventato uno dei punti di riferimento dei villeggianti italiani, che spesso si rivolgevano a lui per consigli, dritte o semplicemente per trovare due chiacchiere amichevoli e disinteressate.
Con lui si poteva parlare di musica rock, perché era un coltissimo appassionato, ma anche di calcio per via della curiosa passione (per un romanaccio come lui) per i colori rossoneri del Milan.
Charles Bukowski lo avrebbe definito un "barfly", una "mosca da bar", Andrea era sicuramente uno di quei personaggi che meritano sempre un capitolo in un romanzo.
E, avrebbe detto lui, "non un romanzo der cazzo".
Che non godesse di buona salute, per i suoi sessantadue anni vissuti senza mai risparmiarsi, non era un segreto per chi lo incontrava tutti i giorni.
Ma col suo impassibile aplòmb, se ne fregava altamente.
Ieri è stato ricoverato in ospedale a Malindi per complicazioni intestinali, ma non è riuscito a passare la nottata prima di un'eventuale operazione.
Ciao André. Oggi al People un caffé, una sigaretta e un "li mortacci" in tuo onore. 
  

TAGS: andrea biagiandrea malindimorto malindiitaliano malindiitaliani malindilutto malindi

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