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Storie malindine: "Il Sappe"

Italiani in Kenya immaginari...ma non troppo

10-09-2020 di Marco "Sbringo" Bigi

La prima volta che incontrai il Sappe fu durante uno dei miei primi voli verso il Kenya.
Quella volta viaggiavo da solo, col naso attaccato al finestrino e il Sappe era seduto proprio accanto a me.
Grigi erano i suoi lunghi capelli ondulati e altrettanto grigi i grandi baffi che coprivano un sorriso rugoso di chi ne aveva viste tante nella vita.
La camicia e i pantaloni sgualciti, testimoni di una remota eleganza e un paio di sandali completavano l'immagine di quell'uomo.
Chiacchierava amabilmente in inglese con un ragazzo africano che occupava il terzo sedile.
«È iniziata la discesa verso Mombasa - annunciò l'assistente di volo dalla sua postazione - l'atterraggio è previsto tra venti minuti, il tempo a terra è buono e la temperatura è di ventotto gradi. Siete pregati di tornare al vostro posto e di allacciare le cinture».
Dal finestrino vedevo l'immensità dell'Oceano Indiano e, quasi tra me e me, mormorai: «Finalmente!»
«È la prima volta?» mi chiese giovialmente il mio vicino di sedile, sorridendo.
«La seconda» risposi contraccambiando il sorriso «ma è sempre emozionante».
«Figurati, lo è anche per me nonostante sia da anni che non torno in Italia, arrivo da Addis Abeba, ci vado per una settimana ogni sei mesi per rifare il visto turistico. Ormai a Malindi ci ho messo le radici.
Piacere!» e mi strinse la mano vigorosamente presentandosi come "il Sappe".
«Mi chiamano così perché so un po' tutto di tutto e di tutti».
«Mi rendo conto che se non hai un soprannome a Malindi non sei nessuno, il mio è Ric Giambo» dissi, e lui scoppio in una fragorosa risata.
«Com'è vero! Figurati che faccio fatica a ricordare quale sia il mio vero nome!»
Poi abbassò il tono di voce e mi chiese, quasi sussurrandomi nell'orecchio: «Ascolta, tu hai per caso chiamato un autista per andare a Malindi?»
«Sì, mi aspetta in aeroporto».
Confabulò per qualche secondo col suo vicino di sedile e poi si rivolse di nuovo a me: «Non è che potremmo venire con te, dividendoci le spese del viaggio, ovviamente».
«Se l'autista non ha problemi e se c'è spazio per tutti i bagagli, per me sarà un piacere».
«Ah, io ho solo il bagaglio a mano e Francis ha solo un trolley».
Mi sporgo in avanti per salutare Francis, un giovane keniota dall'aria sveglia che ricambia io mio "Habari" con un sorridente "Mzuri sana".
E così, tra l'attesa dei bagagli e il lungo viaggio in macchina scopro che Sappe è, in effetti, un pozzo di conoscenza, di ogni genere di argomento lui qualcosa sa: «Molti dicono che, quando Wikipedia non c'era, o consultavi la Garzantina o chiedevi al Sappe».
Arrivati a Malindi, è il momento di dividere le spese del viaggio e, mentre Francis mi dà subito la sua parte, il Sappe, che ha chiesto all'autista di accostare, mi dice: «Ora non li ho, te li porto domattina alle dieci al bar», e se na va tutto pimpante verso una palazzina fatiscente.
Chi frequenta i bar di Malindi sa benissimo che ogni mattina è sufficiente sedersi, ordinare un caffè e guardarsi intorno per assistere a un carosello di personaggi le cui peculiarità possono di gran lunga superare la fantasia di qualsiasi geniale romanziere.
È un importante momento di socialità in cui, sorseggiando un espresso buono e ristretto come in nessun altro paese straniero del mondo, si scambiano chiacchiere, informazioni, si firmano contratti, si restituisce il denaro prestato...
No, quest'ultima cosa pare che non sia molto di moda, infatti, vado al bar alle dieci per una serie di mattine ma del Sappe neanche l'ombra.
«Era qui poco fa, se n'è andato poco prima che tu arrivassi».
Passano i giorni e, a volte, mi pare di vederlo in lontananza che nasconde il viso dietro la mano e cambia direzione.
Chiedo a chi conosce Malindi da più tempo di me e alla fine il quadro si definisce.
Il Sappe è un uomo che ha conosciuto un passato di benessere, fama, successo nel lavoro e poi, pian piano, si è ridotto - per colpa del Casinò, di qualche socio disonesto e delle donne - a vivere di espedienti.
Di giocare ormai ha smesso ma, quei quattro soldi che riceve di pensione li conserva tutti per continuare a intrattenere relazioni amorose con delle simpaticissime studentesse di Nairobi che non vedono l'ora di lanciare sguardi languidi ai Mzungu.
Fatto sta che a Malindi, nel corso degli ultimi anni, di gente che aspetta il Sappe alle dieci al bar, per avere indietro piccoli o grandi prestiti, ne è passata tanta.
Ci ragiono un attimo e decido che non è per quella ventina di euro - che avrei comunque speso viaggiando da solo - che sono disposto a perdere l'occasione per approfondire la conoscenza con un personaggio così interessante.
E così, la mattina dopo arrivo al bar alle nove. Senza farmi vedere, individuo il tavolo al quale il Sappe è seduto con una bellissima ragazza keniota e, arrivando quatto quatto da dietro, acchiappo una sedia e mi siedo senza chiedere il permesso.
Lui mi guarda con l'espressione di chi si prepara a snocciolare una serie di scuse, ma io lo prevengo dicendogli con voce rassicurante: «Ah, per i soldi del viaggio? No, non ti preoccupare, me li darai quando ce li hai. Posso offrirvi un caffé?»
Rilassato il Sappe si accomoda, mi presenta Doris, che è veramente una ragazza deliziosa e cominciamo a parlare di una serie impensabile di argomenti, dalle maree ai massimi sistemi, è veramente un piacere ascoltarlo.
Passa più di un'ora finché lo vedo che rizza le antenne.
Farfuglia qualcosa e di colpo si alza scappando via.
Evidentemente ha visto un creditore ed è costretto mettere di nuovo in pratica la sperimentata tattica della fuga, chissà perché mi viene di lanciare un'occhiata all'orologio: manca solo un minuto alle dieci.
Resto solo con Doris che mi lancia uno sguardo languido e, da cosa nasce cosa la invito a venire in spiaggia con me.
Lei accetta con un sorriso malizioso, la prendo sottobraccio e ci avviamo.
Mentre saliamo sulla mia auto, arriva il Sappe trafelato ed evidentemente infastidito dall'intimità che si è creata tra me e Doris.
«Dove andate?»
«Non ti preoccupare - gli rispondo con voce rassicurante - te la riporto domattina alle dieci al bar!»

(I personaggi di questa storiella sono tutti immaginari, compreso il narratore. In quanto ai fatti narrati... beh, quelli, a Malindi, accadono quasi tutti i giorni.)

TAGS: italiani kenyaracconti kenyastorie kenyail sappemarco sbringo bigi

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