Racconti

I RACCONTI DI CLAUDIA

Poteri speciali

LO SGUARDO IRONICO E GARBATO DI UNA DONNA CHE HA VISSUTO A MALINDI

08-07-2010 di Claudia Peli

Questa mattina ho portato una cliente a spasso per Malindi.

Mi ha detto che voleva comprare dei souvenir da portare in Italia a parenti ed amici, così  l’ho accompagnata nelle belle botteghe degli artigiani locali, dove ha fatto incetta di kikoy e di khanga, di statuette  masai, di braccialetti di perline, di ciabattine di pelle, di pacchi di te e di caffè dei nostri altopiani.

Al quarto negozietto mi ha chiesto perché tutto ciò che era riposto sugli scaffali aveva polvere vecchia quanto sua nonna.

“Guarda: ho già esaurito un pacchetto di salviettine umidificate!”

E mi ha mostrato infastidita le mani nere.

Mi sono scusata, quasi fosse colpa mia.

In effetti i commessi anziché spolverare gli scaffali se ne stanno appoggiati indolenti  alle pareti con le dita nel naso: pratica molto in voga da queste parti.

Oramai sono abituata allo sporco che mi circonda, non ci faccio quasi più caso. Mentre il primo anno mi tappavo il naso e giravo la testa dall’altra parte, ora vado in apnea automatica.

Qualche volta vedo i netturbini in strada  armati di scope che spazzano via con una lentezza incredibile immondizia vecchia e cartacce, ma ahimè, il più delle volte spazzano controvento…

“Ma dove sono i cassonetti?” Mi chiede la signora sporgendosi fuori dal finestrino e osservando la strada.

“Per carità signora, tiri dentro quella testa che se ci sorpassa un tuk -tuk in volata gliela strappa via!”

“Oh Signur!”

“I cassonetti non li hanno ancora inventati - la informo - e se lo facessero dovrebbero cementarli bene al suolo, prima che qualcuno se li rubi. La raccolta differenziata qui è un’utopia, ma per fortuna abbiamo tante capre libere per le strade e ci pensano loro a smaltire i rifiuti organici e spesso anche quelli inorganici se hanno proprio fame…”

Le faccio notare un paio di capre nere arroccate in cima a una montagna di immondizia, che brucano golose e soddisfatte.

Proseguiamo la gita e proseguono le sue domande.

“Ma qui vige la legge del parcheggio selvaggio, eh?”

E mi indica divertita un paio di macchine mollate in mezzo alla strada.

“Beh, sì. Uno parcheggia dove gli capita, dove è più comodo. Poi da venti scellini al nano o allo zoppo, così non si trova le gomme bucate. Qualche volta sbucano degli omini vestiti di giallo, con tanto di blocchetto delle ricevute; ma mi pare che questo sistema funzioni male.”

Alla signora sfugge un risolino sarcastico. Poi mi indica un mototaxi su cui ci sono tre passeggeri e nessuno di loro porta il casco:

“Qui si usa così?”

“Quando sono magri ci stanno anche in quattro.” 

E aggiungo che qualche volta ci stanno pure un paio di galline.

“E niente semafori? Niente cartelli stradali di sensi unici o precedenze? E nessuno che usi la benedetta freccia quando svolta! Ma come fate a guidare in mezzo a questo casino?”

“Eh, come facciamo… le confido un segreto, ma lo tenga per sé: noi qui a Malindi abbiamo dei poteri speciali.” Le dico a bassa voce.

“Ah… ecco!”

“Per esempio siamo in grado di usare la telepatia per leggere nel cervello dell’africano che guida di fronte a noi cosa farà nell’arco di 2 o 3 secondi: se inchioderà all’improvviso o farà un testacoda, se girerà a destra o a sinistra…”

“Ma dai.”

La signora è sbalordita.

“Eh sì sì… ci vogliono poteri speciali per sopravvivere a Malindi: per non cadere in un tombino di notte fracassandosi tutte le ossa, per schivare polli e vacche che ti sbucano fuori all’improvviso, che se li tiri sotto poi devi risarcire a vita una famigliola di 17 persone. Poteri speciali per evitare tutti i dossi assassini asimmetrici, che se ti distrai un attimo ti ritrovi sparato come un razzo verso la luna. Poteri speciali per contenere la rabbia se un boda boda ti striscia contro e ti rifà la fiancata, e poi col sorriso ti sa dire solo “I’m sorry” e pedala via come se niente fosse. Poteri speciali per mantenere la calma quando un fruttivendolo sulla Lamu road ti vuole vendere un chilo di carote a 340 scellini, e tu protesti che sono troppo care, ma lui insiste che sono carote buone che vengono da lontano, e a te vien voglia di grattugiargliele sotto il naso per vedere se vengono fuori pepite d’oro.”

La cliente mi fissa allibita e muta; forse ho esagerato col mio sfogo.

Per chi viene qui in vacanza due settimane ed alloggia comodamente in hotel, la vita risulta un paradiso.

Si viene serviti, riveriti, coccolati e scarrozzati in giro.

Ma chi qua ci vive, se vuole sopravvivere, deve armarsi di una pazienza infinita, un buon autocontrollo, e un grande amore per questa terra e questo popolo. Qualità indispensabili che ho sviluppato in diversi anni di pratica sul posto.

Una mattina mi sono svegliata ed ho trovato il bagno allagato, si era rotto un flessibile del lavello. Sono scivolata nella pozza d’acqua e mi sono presa una botta alla schiena. Sono corsa a chiudere il rubinetto generale dell’acqua per fermare lo tsunami che avevo in bagno, ma l’acqua continuava a venire fuori: grande panico.

Ho chiamato l’idraulico che però non aveva la bici per venire da me, perché l’aveva prestata al cugino Kalume, così sono dovuta andarlo a prendere al suo villaggio.

Gli ho raccomandato di prendere tutti gli attrezzi per fare il lavoro, ma quando siamo arrivati a casa lui si è grattato la testa e col sorriso mi ha detto “I’m sorry. Dimenticato flessibile.”

Mi veniva un po’ da piangere… poi mi son detta che ci son cose più gravi per cui versare lacrime. L’ho portato di corsa in ferramenta a comprare un flessibile, siccome non sapeva quale fosse l’attacco compatibile al mio lavello ne abbiamo comprati 4 diversi. Il commesso però non era in grado di cambiare il rotolino di carta nella cassa per farci lo scontrino, ed è uscito in strada per trovare uno che lo sapesse fare: così abbiamo perso un sacco di tempo. E nel frattempo a casa avevo già il lago in salotto …

Alla fine si è risolto tutto per il meglio. Ottimo lavoro, si è auto complimentato l’idraulico soddisfatto, assicurandomi che il nuovo flessibile sarebbe durato per lunghi anni. Mi sono bevuta una tusker in terrazza in relax e la sera sono andata a nanna tranquilla.

Purtroppo la mattina seguente c’era di nuovo il lago in bagno, ci sono scivolata dentro per la seconda volta e tutto il vicinato ha sentito la mia crisi isterica. Eh sì, anche le signorine per bene qualche volta scoppiano e dicono le parolacce.

Questo è solo uno degli episodi che hanno messo a dura prova la mia pazienza  in Kenya in questi meravigliosi anni.

Quando racconto a posteriori questi aneddoti di vita, mi viene da riderci sopra; un amico in Italia dice sempre che ogni problema ha la sua soluzione, e se non c’è la soluzione è inutile arrabbiarsi.

Sto pensando di invitarlo qui da me per qualche tempo, per valutare se la sua filosofia funziona anche a Malindi.

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