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STORIE DI KENYA

La vittoria di Jackline, prima coach di un team maschile in Africa

La keniana Juma guida da 3 mesi il Talanta di Nairobi

31-10-2024 di Freddie del Curatolo

In Italia ci aveva provato, nell’estate del 1999, quel matto rivoluzionario e provocatore di Luciano Gaucci, patron del Perugia e di altre quattro o cinque squadre dalla serie A alla serie D, nel suo impeto fagocitante che non seppe fermare in tempo, come racconta l’amico e vicepresidente Pasquale Pes nel suo bel libro.
Gaucci chiamò una donna alla guida della Viterbese, allora nella terza serie italiana. Era la prima volta di sempre nel calcio professionistico degli uomini, e non era una donna qualunque, ma la più grande ex calciatrice di sempre, Carolina Morace. L’esperimento durò un mese di preparazione e sole due giornate di campionato, con una vittoria e una sconfitta, un putiferio mediatico ed altrettante polemiche, concluse con le dimissioni dell’allenatrice.
Venticinque anni dopo, nella serie A keniana, le cose stanno andando decisamente meglio ad un’altra donna, che sta facendo parlare di sé almeno nel continente africano.
Si chiama Jackline Juma e da poco meno di tre mesi è la prima allenatrice di una squadra maschile nella Kenyan Premier League, il Talanta Football Club di Nairobi, ed in tutti i campionati di massima serie d'Africa.
La trentottenne Jackline, cresciuta in una famiglia di calciatori, tra padre e fratelli, con cui giocava da bambina e che l’hanno iniziata ad una carriera culminata nella nazionale giovanile. Ma lo studio ha prevalso e appese le scarpe al chiodo, ha deciso di alternare il suo apprendistato come giurista nell’allenare club femminili, fino alla stessa nazionale giovanile. Oggi calciatore è anche il suo primogenito, ma Jackline non si è fermata e quando si è prospettata questa singolare possibilità, dopo aver conseguito il patentino “A” della confederazione del calcio africano e il secondo punteggio più alto tra tutti i frequentatori del corso continentale, non ci ha pensato due volte.
I risultati ancora non arrivano, cinque punti in altrettante partite, ma è una partenza migliore di quella dell’anno scorso, quando la squadra si salvò all’ultima giornata. Il gioco però inizia a vedersi e lei è molto ambiziosa: come ha dichiarato a Guardian Africa, è convinta di poter arrivare tra le prime sei del campionato e magari eguagliare i sorprendenti risultati di quella squadra italiana che ha solo una “A” in più di “Talanta” ma che non cambierebbe il suo allenatore con nessuno, neanche si chiamasse Gasperina.
“Non sento la pressione di essere un esempio per le altre donne, in quanto allenatrice di una squadra maschile – ha detto Jackline in un’intervista -, le possibilità di fallimento fanno parte delle probabilità, tutti i coach lo sanno. A volte si vince e a volte si perde, ma quando si perde deve essere un processo di apprendimento. Non sento la pressione perché so di essere capace”.
Il calcio è un affare “da maschi” che ancora malsopporta gli omosessuali, figuriamoci le donne. Fa ancora strano, in alcune squadre, vedere massaggiatrici o medici sociali al femminile che si precipitano in campo con la loro borsetta. Figuriamoci in Africa. Ed è accaduto infatti che, dopo la sua prima vittoria in campionato, l’allenatore della squadra avversaria, il Sofapaka, non le abbia stretto la mano a fine partita.
“Alcune persone sui social media hanno detto che era per la vergogna di aver perso contro una donna”, racconta sorridendo l’allenatrice.
Anche con i suoi ragazzi, c’è voluta tanta pazienza.
. “Alcuni di loro ci hanno messo un po' di tempo, ma stanno iniziando ad adattarsi ad avere un'allenatrice donna, il che è molto positivo”, dice. “Non credo che ci vorrà molto tempo. Vedo i grandi progressi che sono già stati fatti e dobbiamo ancora spingere di più. Anche se i giocatori pensano: 'Questa è un'allenatrice donna', il rispetto che mi dimostrano è molto buono e significa che posso guidarli, posso allenarli. Stanno ancora assimilando il tutto, ma ora pensano: 'Questo è un allenatore che può aiutarci'”. Anche i tifosi hanno dato il loro sostegno. “Mi hanno detto che posso andare ad allenare la nazionale maschile” ha detto al Guardian.
Jackline Juma è molto più di una donna sportiva, e lo sa, anche se da professionista tiene in particolar modo al gioco e ai risultati della sua squadra. Ma capisce di essere un simbolo, in un ambito che ricorda tanto l’intero panorama africano, non solo quello del calcio, dove davanti alla donna vengono ancora eretti tantissimi muri, sbarrate strade ed innalzati paletti in nome di chissà quali leggi ancestrali da rispettare, dato che poi se ne abbattono altre che sarebbero da mantenere, in nome di interessi e progresso.
“Ho ricevuto molti commenti e messaggi da tutta l'Africa: è un'ispirazione per raccontare la mia storia – conclude Juma -, Voglio ispirare molte ragazze, iincontrarle, parlare con loro e dire loro che è possibile. Gli uomini allenano le squadre femminili, perché le donne non possono allenare quelle maschili? Non c'è alcun motivo. Non dovrebbe essere una questione di genere, ma di credenziali, conoscenze e duro lavoro”.
Forza Jackline, forza Signora Talanta!

TAGS: Jumacoachleaguecalciosquadra

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