Solidarietà

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Ritorno dagli sfollati del Galana: ancora tanti senza casa

Al campo di Goshi dopo 6 mesi per aiutare ancora i dimenticati

30-10-2018 di Freddie del Curatolo

No, non è finita.
Purtroppo.
In questi tempi veloci, velocissimi che si divorano le notizie e i drammi così come le gioie estemporanee e la bellezza del vivere di attimi, sembra esistano solo quelle che chiamiamo "emergenze".
Attratti, toccati dall'emozione del momento, il nostro cuore torna improvvisamente a battere per gli altri, ci fa sentire fortunati ed il nostro egoismo da paura e da noia, il finto benessere che ci siamo guadagnati in settant'anni senza guerre e stenti, fa spazio a un empito di generosità.
Basta un gesto, un'azione condivisa, il tempo di un selfie ed è tutto dimenticato.
Meglio che niente, direte.
E sono anche d'accordo.
Sei mesi fa, all'indomani dell'alluvione della valle del Galana con conseguente esondazione del fiume, migliaia di persone hanno perso tutto quello che avevano. Poca roba, ma per loro la vita: la capanna di fango misto cemento, per i meno poveri anche i tetti di lamiera e soprattutto il campo coltivabile con il raccolto, ovvero l'unico modo di potersi alimentare.
Da lì è iniziata la catena di solidarietà dei lettori del nostro portale, che si è concretizzata con 15 mila euro raccolti in poche settimane, che ci hanno permesso di donare 300 materassi, medicine, sementi, cibo e beni di prima necessità, giocattoli per i bimbi disadattati ed altre suppellettili.
Abbiamo chiuso a settembre con l'ultimo regalo, una pompa per l'irrigazione del villaggio più remoto, Mkondoni, che riprende a vivere ed autosostenersi grazie a voi.
Ieri siamo tornati al campo della Croce Rossa di Goshi, a poco più di dieci chilometri da Malindi.
Oggi è il campo dei disperati, di chi dopo sei mesi non ha avuto la possibilità di tornare a casa, ovvero di costruirne una ex-novo.
Solo 100 famiglie su 154 sono state ricollocate, gli altri vivono ancora nelle stesse condizioni in cui li abbiamo lasciati, con la sola eccezione dei nostri materassi, e la differenza che non arriva più nessuno ogni tanto a portare da mangiare, medicine ed altro.
Spinti dalla generosità di Maggie e Steve, una coppia di inglesi che frequentano Malindi da tempo e sempre si sono dedicati ad opere di solidarietà, siamo tornati a Goshi e abbiamo capito che c'è poco da discutere, bisogna tornare ad aiutare questa gente.
Maggie e Steve getteranno la prima pietra nello stagno di nuova indifferenza, costruendo la nuova casa di una coppia di anziani che dal 18 marzo scorso vivono in due capanne separate ricavate da teloni e stecchi, dove l'umidità la fa da padrona e le problematiche legate all'età si amplificano.
Una capanna con base di cemento, costruzione di legno e tetto di "mabati" costerà 650 euro.
Nel campo ci sono anche famiglie numerose, con quattro o cinque figli, ci sono vedove, bimbi orfani di madre, sorelle senza genitori.
C'è una scuola improvvisata per chi non può tornare nel suo istituto originario.
Ci sono soprattutto sguardi pieni di rassegnazione, più che speranza, e un velo di malinconia così poco africana che si sta divorando poco a poco i sorrisi. 
Il resto è raccontato nel servizio fotografico di Leni Frau.
Chi ci vuole ancora aiutare, può scrivere a info@malindikenya.net 

TAGS: alluvione kenyaemergenza kenyacampo kenyasfollati kenyaaiuti kenya

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