Sono ancora quaranta le nazioni che non accettano cittadini keniani nel loro territorio, tre rispetto allo scorso ottobre, quando l’Henley Passport Index, che monitora regolarmente i documenti d’identificazione internazionale in regola per i viaggi in tutto il mondo, ha rilasciato le ultime statistiche.
Ci si attendeva in effetti un risultato migliore, ma l’ondata di variante Omicron e la successiva non chiusura del Kenya ai paesi africani primi portatori del nuovo tipo di Covid-19, hanno sicuramente influito sulle scelte di molti Paesi, dopo che da luglio ad ottobre, in coincidenza con l’inizio della campagna vaccinale in maniera continuativa soprattutto a Nairobi, le nazioni che chiudevano ai keniani erano scese appunto da 54 a 43.
Tra le nazioni che dall’inizio della pandemia non accettano viaggiatori di nazionalità keniana, ce ne sono alcune storicamente legate da buoni rapporti commerciali con il Kenya, come Israele, Svezia, Bangladesh e Cipro. Ma anche Taiwan, Corea del Sud, Singapore, Cambogia, Polonia, Repubblica Ceca e Cile. C’è anche una nazione africana che esclude l’arrivo di keniani all’interno dei suoi confini ed in questo periodo costituisce un limite: si tratta del Camerun, dove tra pochi giorni inizierà il più importante torneo di calcio del Continente, la Coppa d’Africa. I keniani, anche volendo, non potrebbero prendervi parte come spettatori e ci sono problemi anche per media e stampa specializzata. Altro Stato (perché è Stato a tutti gli effetti) a cui i devoti keniani non possono ancora accedere è Città del Vaticano. Niente pellegrinaggi e visite alla Cappella Sistina ancora per un po’, da parte di benestanti o congregazioni dal Kenya.
Per quanto riguarda l’Italia, l’ingresso di cittadini di passaporto keniano è consentito nel caso siano residenti o domiciliati nell’area Schengen dell’Europa, o titolari di status di soggiornanti di lungo periodo, oppure siano parenti diretti di cittadini o residenti europei. Ma con l’ordinanza dello scorso 22 ottobre, possono entrare anche keniani che abbiano una relazione affettiva comprovata e stabile, anche se non conviventi, con cittadini UE. Inoltre è consentito l’ingresso in Italia per atleti, tecnici, giudici e commissari di gara, rappresentanti della stampa estera e accompagnatori a competizioni sportive di livello agonistico riconosciute di preminente interesse nazionali.
Se non si rientra nelle categorie già citate, l’ingresso in Italia è consentito solo per motivi di lavoro, studio, salute o assoluta e comprovata urgenza.