Lo avevamo scritto, alla vigilia delle festività Natalizie, confortati dalle tante prenotazioni per il Kenya e non solo dall’Italia.
L’unica preoccupazione o quantomeno l’unico grosso interrogativo era un po’ quello di certi attempati playboy prima di un appuntamento privato: “quanto durerà”?
Nel senso che eravamo certi che la breve stagione turistica a cavallo tra Natale e la Befana sarebbe andata bene e che i numeri, tornati alle felici cifre del 2019, se non dell’anno boom 2018 in cui il Kenya superò per la prima volta i 2 milioni di visitatori stranieri, avrebbero confortato l’industria alberghiera e tutto il suo indotto, ma c’erano dubbi sull’estensione di questo periodo di zebre (pardon, di vacche) grasse.
Arrivati a fine gennaio, dobbiamo constatare che, nonostante un naturale calo di presenze, l’alta stagione continua e gli arrivi si susseguono e non solo nelle regine del mare, Watamu e Diani, ma anche nelle residenziali Malindi e Nyali e nella “particolare” Lamu.
Occupazione sopra il 60%, ristoranti pieni e safari richiestissimi.
Così anche a Nairobi e dintorni, da dove partono quotidianamente carovane e aerei per il Masai Mara e il Samburu. L’arrivo di europei non si ferma e nel caso dei parchi e delle riserve a nord e nella rift valley, a loro si aggiungono americani, orientali, sudafricani, australiani e neozelandesi.
Parlando delle destinazioni costiere, molti operatori del settore sono stupiti da come velocemente si sia tornati ai livelli pre-pandemia.
Evidentemente, a fronte di qualche difficoltà in più con i trasporti aerei e il rincaro dei biglietti, il potere di euro e dollaro sullo scellino ha avuto il suo peso.
Nel frattempo Watamu e Diani hanno assunto la fama di località di respiro internazionale e la maggior parte dei resort e delle strutture di un certo livello si concentrano lì. Anche gli eventi organizzati, le feste, le possibilità di trascorrere serate diverse tra loro, la creatività e lo sguardo alle esigenze del turismo giovane, premiano queste due località, mentre Malindi continua ad attrarre la terza età, imponendosi come luogo di relax e servizi, infatti laddove a Watamu aumentano hotel e bed & breakfast, a Malindi si costruiscono cliniche ospedaliere e appartamenti, sempre più addetti ai lavori locali sono costretti ad imparare la nostra lingua (data l'epica ignoranza dell'inglese degli italiani da sbarco) e torna anche l'antico squallore di certe coppiette con una minima differenza d'età e di disponibilità economiche.
Non sarà una clientela fantastica, anche perché gli anziani talvolta “rompono” ma è sicuramente un modo per sopravvivere e, a ben guardare questa stagione, anche qualcosa in più.
A ciascuno il suo, come diceva Leonardo Sciascia, ma questa volta si spera senza intrighi e tradimenti all’italiana…e speriamo di arrivare, in languido, africano abbrivio, fino a Pasqua.