Editoriali

ECITIZEN E DINTORNI

Problemi irrisolti e 'misteri' della svolta digitale del Kenya

Ritardi, tasse, offline...per gli esperti c'è chi ci sguazza

05-03-2024 di Freddie del Curatolo

La trasformazione dei principali servizi governativi (immigrazione, tasse e bollette, trasporti, parchi ecc.) e privati (Mpesa, app banche) in Kenya in pochi anni ha stravolto il modo di rapportarsi con la burocrazia ma, non solo per colpa di chi ha scelto questa strada, per adeguarsi agli standard internazionali che un paese in via di sviluppo deve adottare per progredire, non è ancora riuscita a risolvere due dei problemi ancestrali di questo paese: la lentezza nei risultati e la corruzione.

Il Kenya, vale la pena ricordarlo, grazie a Safaricom e ai suoi intraprendenti manager, è stato all’avanguardia della tecnologia digitale finalizzata a rendere più facile ed efficiente la quotidianità dei cittadini (non senza guadagnarci, com’è normale che sia). Il sistema di trasferimento e pagamento Mpesa non si è rivelato solamente un metodo per favorire la circolazione del denaro nella fascia principale dello strato socio-economico del paese, quella così bassa e precaria da non potersi permettere un conto in banca, ma anche una leva per molti altri benefici socioeconomici derivanti dalla stessa piattaforma digitale e per attività, aziende e privati che hanno potuto avere un maggiore controllo delle loro finanze.

Un sistema rivoluzionario che piace ai detrattori del “monopolio” delle banche, in quanto in Kenya si può fare tranquillamente a meno di una carta di credito e considerare la banca unicamente come accadeva un tempo in Europa: cassetta di sicurezza e interessi da far maturare.
Certo, Mpesa ha reso fruibili anche pagamenti che, essendo facili e diretti, rischiano di depauperare i già poveri kenioti, come ad esempio l’industria delle scommesse sportive, lo streaming a pagamento, attivando però tutta un’economia che non c’era, dall’utilizzo dei social alla creazione di app anche utili come quelle per ricevere a domicilio servizi primari come gas, acqua, cibo e medicine. Cosa che specie nelle aree rurali e remote, era un grosso problema e costava sicuramente di più. 

Tuttavia, come fanno notare gli economisti keniani, la maggior parte dei beni e dei servizi presenti nello spazio digitale che beneficiano della tecnologia sono essenzialmente beni di consumo.
“I bisogni e i servizi di base, compresi quelli governativi, non dovrebbero essere limitati alle modalità di pagamento elettronico in un Paese caratterizzato da un evidente divario digitale. La penetrazione di Internet e degli smartphone in Kenya può essere tra le più alte in Africa, ma ci sono ancora molti kenioti che rimarranno esclusi se limitiamo il pagamento dei servizi da parte dei cittadini” è il pensiero condivisibile del giornalista Hansen Owilla.
“La logica alla base di eCitizen come unico sistema di pagamento per i servizi governativi può essere nobile dal punto di vista della raccolta efficiente delle entrate. Ma dal punto di vista della fornitura di servizi, non favorisce molti cittadini che cercano servizi governativi – spiega dalle colonne del quotidiano People Daily , Negli ospedali pubblici, i pazienti sopportano lunghe attese, oltre alle normali lunghe code, perché i pagamenti con eCitizen richiedono tempi lunghi. È lo stesso dramma nelle agenzie governative, soprattutto quelle che offrono servizi come la verifica dei documenti. L'attesa è inutile e ha generato una nuova forma di corruzione spicciola, in cui i cassieri e gli ufficiali delle entrate chiedono ai richiedenti servizi di pagare in contanti al posto dei loro pagamenti, che si riflettono a volte dopo molte ore. Se l'intenzione era quella di arginare la corruzione, sembra un fallimento monumentale perché chi richiede un servizio soffre due volte. In primo luogo, da funzionari corrotti che approfittano di persone che, a causa dei ritardi di eCitizen, sono costrette a pagare in contanti per essere liquidate e, in secondo luogo, ai vertici dove il sistema eCitizen è percepito come un consolidamento delle entrate per facilitare un saccheggio su larga scala”.

Ne abbiamo parlato più volte su questo spazio, l'intento principale del governo è risanare il bilancio dello Stato eliminando la piaga della corruzione, ma se l'effetto collaterale è quello di lasciare turisti fuori dai parchi nazionali, residenti senza permesso di lavoro e carta d'identità per stranieri e via dicendo, il prezzo da pagare tramite transazioni online ad un solo numero è ancora abbastanza alto.
Tutto questo, senza parlare della gestione della piattaforma digitale, che è “avvolta nel mistero”, dei tempi di risposta dopo il pagamento e della mancanza di un “Piano B” quando il sistema digitale non funziona.
E senza citare le tasse di convenienza, che permettono alla società di gestione della piattaforma (quindi allo Stato o a enti privati?) di incamerare altro denaro.
“Chi è questo fornitore e perché i cittadini che già pagano le tasse dovrebbero pagare una tassa di convenienza per i servizi forniti da un governo che finanziano?” si chiede Owilla.
Ad esempio, la tassa sulle transazioni del nuovo sistema di autorizzazione elettronica al viaggio eTA, per entrare in Kenya, è di circa 4 dollari, considerando 2 milioni di ingressi di visitatori, fanno 9 milioni di dollari all’anno. A chi vanno?

“È come se fossimo tornati indietro nel tempo, quando i capi erano signori a sé stanti e i cittadini dovevano pagare soldi e capre per accedere a loro e ottenere le firme necessarie per i servizi governativi – conclude la sua disamina Owilla - Solo che questa volta l'ostacolo è molteplice: innanzitutto, la gente deve pagare per accedere alla tecnologia, come internet, e poi pagare attraverso Citizen. E poiché ci vuole un'eternità per la conferma, bisogna pagare di nuovo i cassieri e subire il costo della tassa di convenienza per tutti i disagi che questa nuova politica ha provocato. È ora che qualcuno spieghi il perché di questa spinta verso il pagamento tramite eCitizen e come affronti la situazione delle persone alla base della piramide”.

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