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Come il Kenya si "fuma" una possibile risorsa

Bruciano quintali di erba e prolifera il contrabbando

14-04-2023 di Freddie del Curatolo

Durante l’ultima campagna elettorale, il folkloristico candidato George Wajackoyah, pur ammettendo di non averne mai fatto uso, nel suo programma da leader aveva inserito tra le priorità per risollevare economicamente il Kenya, la legalizzazione della cannabis sativa, meglio conosciuta come marijuana.
Secondo Wajackoyah, laureato a Londra, ex agente segreto e avvocato delle cause perse, il governo avrebbe potuto ricavare dalle tasse un terzo degli introiti utili a ripianare il debito pubblico, creando innumerevoli posti di lavoro, con multinazionali farmaceutiche, catene “green” e terapisti di tutto il globo già interessati all’acquisto e migliaia di giovani disoccupati e sbandati di Nairobi e dintorni già interessati al consumo.
Invece il buon George ha rimediato il 2% dei voti, si è tagliato le trecce rasta ed è tornato nel fumoso anonimato. Chissà se oggi effettivamente lo spinello libero potrebbe permettere almeno al presidente William Ruto di pagare gli stipendi arretrati ai dipendenti pubblici che hanno minacciato ieri di scendere in piazza. Che se dovessero fallire i tentativi di riconciliazione con l’anziano capo dell’opposizione Raila Odinga, in strada il prossimo lunedì ci troveremmo mezzo Kenya.
Invece no, il paese resta ancorato sui suoi capisaldi un po’ bigotti e anacronistici rispetto perfino ad altre nazioni del continente. Non solo prosegue la criminalizzazione delle diversità sessuali, ma non ci sono spiragli per aperture che possano urtare le comunità religiose, il comune senso del pudore e i buoni sentimenti…ma la corruzione continua a proliferare e l’impunità della classe politica purtroppo fa scuola più delle scuole stesse. Così, proliferando l’illegalità in altri ambienti, la marijuana viene coltivata clandestinamente, girano mazzette per chiudere occhi e far aspirare bocche, e si alimenta un commercio in nero che non dà alcun beneficio allo stato. Anche per questo motivo, paesi africani come il Marocco, il Ruanda, il Lesotho, lo Zambia, lo Zimbabwe e il Malawi hanno permesso la coltivazione e il commercio della cannabis, in Uganda la grande vallata sotto il monte Ruwenzori è praticamente un unico campo di ganja, in cui crescono 400 mila piante le cui infiorescenze sono destinate all'esportazione in Europa.
In questi paesi l'uso ricreativo ovviamente rimane proibito, mentre il Sudafrica ha offerto la possibilità alla sua gente di farsi le canne, ma solo di nascosto, in casa e negli slum quando non fa irruzione la polizia. Sfumacchiare in pubblico è severamente proibito, con pene anche severe.
Nel cuore del paese, la contea di Makueni tra Nairobi e lo Tsavo Est, vengono coltivati ettari di erba, “bhang” come si chiama nell’Africa kiswahili. La regione è strategica non soltanto per le coltivazioni (recentemente anche l’italiana ENI ha iniziato un megaprogetto da quelle parti per la coltivazione di piante da cui ricavare carburante ecologico) ma per il fatto che è una zona di transito fondamentale per il commercio nazionale e per l’esportazione, affacciandosi sull’autostrada Nairobi-Mombasa.
Nei giorni scorsi, nella cittadina di Makindu, sono stati dati alle fiamme oltre 560 chilogrammi di cannabis sativa. Il giudice dell’Alta Corte e funzionari nazionali dell’antinarcotici, presenziavano, mentre centinaia di persone nei paraggi piangevano (alcuni per il fumo negli occhi) e aspiravano (ma non a diventare funzionari), e a quasi tutti gli bruciava parecchio.
La legge sul controllo degli stupefacenti e delle sostanze psicotrope, oltre al traffico, criminalizza il possesso e l'uso del “bhang”, ma anche trovarsi a propria insaputa in un locale dove si consuma droga (attenzione, quindi, ai turisti e narici sempre all’erta…), oltre ad essere proprietari di un locale, un hotel o anche una casa in affitto dove si consuma droga (occhio ai clienti che vi mettete in casa…).
Inutile riprendere qui la retorica del “quante cose si possono fare con la canapa” delle cure contro i glaucomi, l’abbassamento della pressione e della glicemia e via dicendo. Semplicemente, in questo periodo di grave crisi finanziaria, fossi in qualche buon consigliere di Ruto (perché ce ne sono, dài…) o in qualche parlamentare (che so, guardacaso di Makueni e dintorni…) un pensierino a stendere una proposta di legge lo farei. Altrimenti, come cantava Gianni Morandi, “ti accorgerai che ti resterà fumo e niente più”.

TAGS: erbamarijuanawajackoyahmakuenicontrabbando

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