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POLITICA KENYA

Il braccio di ferro tra Ruto e la magistratura

In ballo l'introduzione di tasse e riforme su casa e sanità

17-01-2024 di Freddie del Curatolo

Pur con tutte le differenze del caso, le distanze cosmiche, le derive dei continenti e le accezioni della parola “democrazia”, trovo spesso alcune similitudini tra il presidente keniano William Ruto e il fu Silvio Berlusconi.
Entrambi sono saliti al vertice dopo stagioni di altri “poteri forti”, entrambi hanno promesso un paese nuovo, gestito come un’azienda, più autarchico. Tutti e due hanno fatto leva sulle classi meno abbienti, promettendo loro un futuro migliore, senza lesinare un po’ di spavalderia “popolare”. Entrambi nel formare il governo hanno accorpato esponenti dell’ex maggioranza saliti sulla loro barca e parecchi ex oppositori, dando un’immagine nuova al paese, apparentemente sganciata dalle modalità che hanno accompagnato precedentemente la democrazia.


Ma sia l’uno che l’altro hanno sperimentato grossi problemi con l’economia (non solo pregressi) e con la gestione dei loro ministri e vassalli.
In questi giorni, Ruto si trova in un’altra delle situazioni che hanno caratterizzato l’era del Berlusconi presidente: gli attacchi alla magistratura.
Se per il Cavaliere italiano si trattava soprattutto di attacchi personali, il tentativo del leader keniano di screditare i giudici e bypassarli è dato dalla frustrazione di vedere molti dei suoi cambiamenti, l’introduzione di nuove tasse, processi di privatizzazione e quant’altro, frustrati da sentenze dell’Alta Corte.


Di più: il numero uno della giustizia, la presidente della Corte Suprema Martha Koome, scelta proprio da Ruto e odiata dal suo rivale alle elezioni, Raila Odinga, che da lei si era visto respingere il ricorso contro l’elezione dello sfidante, lo ha più che redarguito.
Cronologicamente: la magistratura, negli ultimi mesi ha accolto petizioni che chiedevano di bloccare e rivedere riforme definite “fondamentali” dal governo Ruto, quali la tassa sulle case di proprietà, la riforma sanitaria con l’introduzione delle assicurazioni obbligatorie (ma mutualizzate per i bisognosi), quella dei servizi dell’ufficio immigrazione e della privatizzazione e messa in vendita di una dozzina di aziende statali, compresa quella del petrolio.


Ad un certo punto il presidente è sbottato e ha dichiarato che, in caso di ulteriore pronunciamento contro le sue riforme, avrebbe ignorato le sentenze della Corte Suprema, accusando parte della magistratura di essere corrotta, al soldo dell’opposizione e di godere di “impunità giudiziaria”.
Due giorni fa, Martha Koome è tornata sulla vicenda, dopo che il vice di Ruto, Rigathi Gachagua, aveva chiesto pubblicamente la rimozione di un altro giudice donna, Ester Maina, la quale rispondendo alle accuse di corruzione, ha fatto intendere che lo stesso vicepresidente sarebbe stato agevolato da una sentenza della corte che lo aveva assolto da una serie di possibili condanne per frode.
Insomma, tra governo e magistratura in Kenya è ormai guerra.


Koome ha dichiarato: “Queste minacce e dichiarazioni sono estremamente gravi e rappresentano un attacco monumentale alla costituzione, allo stato di diritto e alla stabilità stessa della nazione e possono portare al caos e all'anarchia nella nostra patria". Riguardo all’uscita di Gachagua, ha sottolineato che la corruzione o la cattiva condotta nella magistratura sono affrontate con la massima priorità, delineando i motivi e il giusto processo per la rimozione dall'incarico di qualsiasi funzionario giudiziario accusato di cattiva condotta.
"Un giudice non è responsabile in un'azione o causa per qualsiasi cosa fatta o omessa in buona fede nell'esercizio legittimo di una funzione giudiziaria – ha detto – e può essere rimosso dall'incarico solo per motivi specifici, vale a dire l'incapacità di svolgere le funzioni dell'ufficio derivante da incapacità mentale o fisica; la violazione di un codice di condotta prescritto per i giudici delle corti superiori da una legge del Parlamento; la bancarotta; l'incompetenza; o una grave cattiva condotta o un comportamento scorretto".


Come andrà a finire questo braccio di ferro?
Molte delle cause in corso verranno dibattute nelle prime due settimane di febbraio, compresa quella che interessa da vicino gli stranieri residenti in Kenya ed anche i turisti assidui frequentatori del paese.
Si tratta della riforma dei servizi dell’immigrazione, con la proposta di aumentare in maniera esponenziale i permessi di lavoro (da 200 mila a 500 mila scellini quello da imprenditore e da 400 mila ad 1 milione quello da dipendente) oltre a introdurre una tassa per l’estensione del visto turistico dopo i primi tre mesi, di 100 dollari.

TAGS: rutomagistraturagiudicicortetasseimmigration

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