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TURISMO E CULTURA

La Malindi storica minacciata dall'edilizia selvaggia

Fermato (per ora) lo scempio di fianco alla cappella portoghese

23-02-2024 di redazione

Non c'è speranza per la Malindi che potrebbe essere il punto di riferimento storico e culturale di tutto il Kenya e che rappresenta il primo approdo della cristianità in Africa Orientale.
Nonostante la buona volontà di tanti appassionati locali, a partire dalla nuova direttrice del Museo Nazionale di Malindi, Doris Kamuye, sostenuta anche dalla Malindi Museum Society e da alcuni filantropi anche italiani, l'edilizia selvaggia e la barbarie di chi vede solo il facile guadagno immediato del cemento, che inaridisce ogni bellezza, anche l'antico cimitero portoghese di Shela rischia di scomparire, costretto tra edifici squallidi.
Come quello che un privato ha cercato di erigere e che per fortuna è stato bloccato da una petizione guidata dagli stessi enti culturali, ma forse troppo tardi per evitare lo scempio.
In caso di sentenza favorevole, chi potrà abbatterlo?
E quanto sarà attrattivo per i turisti di tutto il mondo, così minacciato?
La storia della cappella potroghese con il relativo cimitero a molti è già nota.
Nel 1542 il famoso missionario San Francesco Saverio, trovandosi in rotta per Goa, possedimento portoghese situato sulla costa occidentale della penisola indiana, sbarcò a Malindi per dare sepoltura a un marinaio. A Roma Francesco Saverio aveva fondato, nel 1534 la compagnia di Gesù.
Da ciò l’interesse e la generosità della compagnia per il restauro della cappella. La dedica a S. Francesco è sempre stata associata alla cappella. Contemporaneamente un importante cittadino musulmano disse a San Francesco che il culto islamico era scemato e che appena tre moschee erano ancora in uso.
Dopo la partenza dei portoghesi, nel 1593, la storia della cappella diviene oscura. Nel corso dei secoli XVII e XVIII l’importanza di Malindi declinò e quasi scomparve. Durante questo periodo venne descritta in rovina e abbandonata. Si nutrono dubbi che la cappella stessa possa essere stata ridotta in rovina in varie epoche.
Per circa 300 anni non sono state trovate notizie storiche su di essa.
Il cimitero venne usato nuovamente quando il primo Commissario Distrettuale Britannico di Malindi, J. Bell Smith vi venne sepolto nel 1894 e da allora governatori e coloni inglesi la utilizzarono per avere una sepoltura cristiana.  Oggi sono visibili nel cimitero altre lapidi di defunti una delle quali porta il nome di Charles Arnold Frank Mathews, il figlio di Canon Mathews, pioniere della coltivazione del tè in Kenya, che era andato a Malindi nel 1868 in vacanza e morì annegato nuotando nell'Oceano Indiano.
Oggi i sepolcri di quel tempo si possono ancora vedere, all’ombra delle piante tropicali e la vecchia chiesa è stata restaurata e di quella originale rimane solo il ricordo e il luogo.
Recentemente, nell'ambito del restyiling del pilastro di Vasco da Gama, sull'omonima punta a poche centinaia di metri dalla cappella, il cimitero era stato ripulito dalle ingiurie del tempo e dalla noncuranza delle nuove generazioni, ma niente è stato possibile, di fronte all'edilizia selvaggia che rischia di compromettere definitivamente una delle poche attrazioni "archeologiche" e storiche di Malindi.

TAGS: storiavasco da gamacimiteroculturamuseo

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