L’opposizione keniana torna in piazza anche questo mercoledì e con lei non solo chi in buona fede e perché crede ancora che manifestare, oltre che un diritto, sia una soluzione, ma anche i provocatori dell’una e dell’altra sponda e soprattutto dell’anarchia totale che nelle scorse giornate di protesta hanno causato danni per milioni di euro e provocato sconti con la non tenera polizia keniana che hanno portato ad un totale di 20 morti e più di duecento feriti.
Per oggi la numero due della coalizione antigoverno, Martha Karua, ha chiesto ai dimostranti di uscire di casa a mezzogiorno con una pentola (la tradizionale “sufuria” per cuocere la farina di mais, il riso e i fagioli) sulla testa, battendo con il mestolo in segno di protesta per il carovita che secondo loro è una conseguenza della politica del presidente Ruto. L’opposizione ha annunciato che sarà la prima di tre giornate consecutive di proteste che dovrebbero paralizzare la capitale Nairobi ed altre città del Kenya, particolarmente nelle roccaforti del leader Raila Odinga, sul lago Vittoria.
Mentre le destinazioni turistiche si avviano a vivere una delle loro alte stagioni e non sono mai state sfiorate dal caos parallelo di cortei e manifestazioni, le ambasciate di 13 nazioni occidentali hanno emesso un appello alle due fazioni per trovare una soluzione pacifica alle loro questioni. Sotto la guida degli Stati Uniti e di Gran Bretagna, i paesi (tra cui non c’è l’Italia) hanno espresso “tristezza e preoccupazione” per la situazione che affligge economicamente i keniani, criticando sia l’operato della polizia e l’uso delle armi, sia le intemperanze di chi ha trasformato quelle che, secondo Odinga, dovrebbero essere dimostrazioni pacifiche, in battaglie contro l’ordine costituito.
Staremo a vedere cosa accade oggi e quale sarà alla fine il doloroso computo di chi avrà avuto danni alle sue attività, sarà stato ferito o peggio non tornerà più a casa.