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TURISMO

Riaperture: perché Ruanda sì e Kenya no

Focus sui motivi della decisione del Governo italiano

28-10-2021 di Freddie del Curatolo

Perché il Ruanda è l’unico stato del continente africano a cui il Governo, attraverso l’ordinanza del 25 ottobre scorso firmata dal Ministro della Sanità Roberto Speranza, ha aperto le porte (bilaterali) del turismo, promuovendolo dall’elenco “E” dei paesi in cui è vietato recarsi per puro svago, all’elenco “D” che comprende nazioni in cui ci si può recare per turismo, con quarantena al ritorno di solo 5 giorni invece dei 10 che deve rispettare chiunque possa permettersi di andare e venire dalla fascia “E”?
E’ la domanda che da lunedì scorso si pongono moltissimi italiani che speravano in una riapertura, anche parziale, al turismo nelle destinazioni africane (come il Kenya, anche Tanzania, Madagascar e per adesso Capo Verde, per parlare delle mete più frequentate dai nostri connazionali).
Senza entrare nel merito della bontà o meno della scelta del Governo italiano, che comunque risulta essere la più restrittiva e autarchica tra tutte quelle europee, proviamo a capire e farvi capire come si è arrivati a privilegiare lo staterello dell’Est Africa che confina con Tanzania, Burundi e Uganda e ha la sua capitale Kigali collegata con voli quotidiani di circa due ore da Nairobi e settimanali da Mombasa.
Innanzitutto il Ruanda non è solo il primo paese africano con cui l’Italia ha riaperto i canali del trasporto di piacere, ma è anche l’ultimo con cui li ha chiusi, alla fine del 2020, con l’insorgere della cosiddetta terza ondata. Questo perché dall’inizio della pandemia il “presidentissimo” Paul Kagame ha stabilito regole molto chiare per l’ingresso di tutti gli stranieri e cittadini ruandesi residenti all’estero attraverso l’aeroporto internazionale di Kigali: oltre a dover eseguire un tampone alla partenza e non oltre le 72 ore dall’arrivo, qualsiasi passeggero è tenuto a farne un secondo all’arrivo ed attendere i risultati in un hotel suggerito dal Governo per un minimo di 5 giorni, a sue spese. Dopodichè può iniziare la vacanza che si concluderà con il tampone obbligatorio da effettuare 72 ore prima della partenza.
Non si creda che queste imposizioni abbiano frenato gruppi di turisti dal viaggiare verso la terra dei gorilla. Il Ruanda da sempre è meta di un turismo d’elite, anche per i prezzi decisamente non alla portata di tutti delle escursioni nel parco dei vulcani, al confine con l’Uganda. (il solo ingresso è di circa 1500 euro a persona). Il Ministero del Turismo investe moltissimo in marketing per questo tipo di safari, il marchio “Visit Rwanda” ad esempio è uno degli sponsor della squadra di calcio londinese dell’Arsenal e fa parte dei loghi pubblicizzati da quella francese del Paris Saint German, oltre ad apparire frequentamente negli stadi inglesi, francesi, tedeschi e spagnoli e in molte pubblicità di televisioni occidentali via satellite.
Al di là del potere del marketing e dell’appetibilità presso una clientela ricca che può avere anche più influenza su uomini d’affari e personaggi legati indirettamente o meno alla politica, il Ruanda relativamente al Covid-19 non ha ancora numeri che possano giustificare una riapertura, a fronte del perdurante blocco di altri. Ma c’è da dire che con il Kenya, ad esempio, c’è un certo divario.
Analizziamo i dati: i vaccinati totali del Ruanda sono circa il 14% dell’intera popolazione, che è stimata in poco più di 12 milioni di persone e il 25% degli adulti. Alla fine di ottobre i vaccinati con la prima dose saranno metà degli abitanti del Paese.
Il Ruanda ha una superficie che misura un ventesimo di quella del Kenya (26.338 km2 contro 582.650) e di conseguenza una densità media di popolazione cinque volte superiore.
Sarà dunque facile, a questi ritmi, arrivare alla percentuale di vaccinati del 50% che, a giudicare da alcune riaperture effettuate in luoghi turistici dal Ministro Speranza (recentemente ad esempio l’Oman, che è al 51%) e da quanto affermato ai tempi della riapertura dei corridoi turistici dal suo collega del Turismo Garavaglia, sembrano rappresentare una soglia ineccepibile per considerare la ripresa “tout court” del turismo.
Il Kenya, come già più volte abbiamo rimarcato, fa fatica a procedere a ritmi di 0,1 al giorno e a fine ottobre dovrebbe arrivare a 2 milioni di adulti completamente vaccinati, che significherebbe il meno dell’otto per cento degli adulti, ma soprattutto meno del 4% del totale della popolazione.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità infatti ad oggi calcola che il 2,8% degli abitanti del Kenya siano vaccinati. C’è da dire che si tratta delle categorie sensibili, come ad esempio forze dell’ordine, operatori sanitari, impiegati degli uffici pubblici e non ultimi operatori turistici e dell’ospitalità.
Sia Kenya che Ruanda, attualmente, viaggiano tra l’uno e il due per cento di casi positivi rispetto ai tamponi effettuati.
Ma questo ancora non sembra bastare all’Italia, mentre paesi come Germania, Francia e Olanda si limitano a sconsigliare i viaggi per turismo e a caldeggiare un’assicurazione sanitaria. Ma i loro cittadini possono prenotare fin d’ora una vacanza tra safari, mare e tante altre possibilità che il Kenya può offrire.

TAGS: kenya ruandaturismo kenyadivieto italiariapertura kenya

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