Dopo quattro anni di precipitazioni sotto la media, il Kenya e la sua costa in particolare stanno beneficiando dell’arrivo della perturbazione atmosferica nota ormai da anni con il nome di “El Niño”, anche se parte della drammaturgia giornalistica vede una minaccia per l'Africa, per i rischi collegati ad eccessive precipitazioni.
Secondo un nuovo aggiornamento dell'Organizzazione meteorologica mondiale (OMM), il passaggio del cosiddetto “bambino”, che è una delle espressioni tangibili del riscaldamento globale e spesso si evidenzia con alternanza di aumenti di temperature associati a forti e continue precipitazioni, tra il Corno d’Africa e la costa swahili (Kenya, Tanzania e nord Mozambico) è iniziato a giugno e potrebbe proseguire fino a fine agosto.
"Abbiamo appena avuto gli otto anni più caldi mai registrati, anche se negli ultimi tre anni abbiamo avuto una La Niña di raffreddamento che ha agito da freno temporaneo all'aumento della temperatura globale. Lo sviluppo di un El Niño porterà molto probabilmente a un nuovo picco di riscaldamento globale e aumenterà la possibilità di battere i record di temperatura", ha dichiarato il segretario generale dell'OMM, Petteri Taalas.
Se per alcune zone del globo l’aumento del caldo e dell’umidità non è una buona notizia (ad esempio in Italia, dove la tropicalizzazione può portare nuove malattie e, come si è visto recentemente in Romagna, il cambio repentino delle temperature può provocare catastrofi climatiche come alluvioni, tornado ed altro), per l’Africa orientale può essere l’anno in cui la terra può tornare a vivere, che significa vita anche per le sue popolazioni e gli animali, dopo la prolungata siccità delle ultime stagioni.
“Il mondo dovrebbe prepararsi allo sviluppo di El Niño, spesso associato a un aumento del calore, della siccità o delle precipitazioni in diverse parti del mondo. Potrebbe dare tregua alla siccità nel Corno d'Africa e ad altri impatti legati a La Niña, ma potrebbe anche scatenare eventi climatici e meteorologici più estremi” ha evidenziato Taalas.
Le piogge di questi giorni sulla costa keniana e nell’entroterra sono state accolte effettivamente con grande sollievo dalla popolazione locale, ma guardando avanti ci si augura che questo evento, che si verifica in media ogni due-sette anni e che può durare fino a nove mesi, non sia continuo ma si alterni con giornate soleggiate, in modo da permettere l’esplosione della natura, con tutto ciò che di benefico comporta.
Anche perché se in Africa El Niño è tipicamente associato a un aumento delle precipitazioni, al contrario, può anche causare gravi siccità in Australia, Indonesia e in alcune zone dell'Asia meridionale, aumentando gli uragani nel Pacifico.
“Poiché le temperature superficiali del mare più calde della media sono generalmente previste sulle regioni oceaniche, esse contribuiscono alla previsione diffusa di temperature superiori alla norma sulle aree terrestri. Senza eccezioni, si prevedono anomalie di temperatura positive su tutte le aree terrestri dell'emisfero settentrionale e meridionale”, si legge nell'ultimo aggiornamento, che per quanto riguarda l’Africa orientale, indica in sei mesi la probabilità di presenza del fenomeno atmosferico da queste parti.