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Elio e Carla, 50 anni di Kenya vissuti insieme

La storia della coppia italiana più longeva di Malindi

02-08-2017 di Freddie del Curatolo

Cinquant’anni passati insieme sono un bel pezzo di eternità.
Trascorsi in Africa, ancora di più: un’infinita avventura che ha bisogno di essere raccontata e che viene ascoltata con lo stesso stupore che si ha quando si è al cospetto della Natura equatoriale.
Mezzo secolo insieme in una Malindi che è passata dalle poche case in muratura e dalla gente nuda ai lati delle strade sterrate, coperta solo da uno straccetto sulle parti intime, ai resort, ai centri commerciali e ai keniani con abiti firmati sugli autobus con il wi-fi.
In mezzo, belli e immutabili come baobab, ci sono loro, Elio e Carla Altomare.
La coppia di italiani più longeva di Malindi festeggia quest’anno i cinquant’anni di Kenya, da quando cioè il tecnico specializzato Elio decise di accettare il lavoro nella neonata base San Marco diretta dal Professor Luigi Broglio. 
La giovane moglie Carolina, per tutti oggi “Mama Carla”, dopo un po’ di esitazione, decise di raggiungerlo dalla natia Foggia 
L’uomo non era ancora arrivato sulla luna, in compenso gli inglesi avevano lasciato da qualche anno il Kenya e di italiani, a parte i colleghi di Elio, sulla costa se ne vedevano davvero pochi.
“Quando arrivai in Kenya – racconta Carla – ero l’unica donna italiana. Le mogli degli altri dipendenti della base arrivavano ma se ne tornavano in Italia quasi subito. All’inizio fu un incubo, restare dalla mattina alla sera da sola in una ruspante casetta di Malindi, aspettando mio marito che tornasse dal lavoro. Senza nessuno che parlasse la mia lingua e senza sapere una parola d’inglese”.
Fuori di casa, la foresta. 
In giardino, serpenti e insetti mai visti prima. 
Ai bordi delle strade, giovani madri che partoriscono per terra e donne anziane che urlano e scappano quando vedono un mzungu.
Ma chi conosce Carla Altomare sa bene che è una donna che non ha nel suo carattere l’opzione “perdersi d’animo”. 
Grazie alla presenza di alcune signore britanniche e del ritrovo al Sinbad Hotel, di proprietà americana, la giovane italiana si fa coraggio e inizia a frequentare la vita malindina.
“Non c’era niente – racconta Carla – ci si doveva inventare tutto. Ma allo stesso tempo con un po’ di fantasia si poteva creare qualsiasi cosa e pensare che potesse avere successo. Devo ringraziare la comunità british, senza di loro non ce l’avrei fatta”.
Mentre Elio, coinvolto nell’appassionante avventura del primo lancio in orbita di un satellite italiano, la sorregge e la consola ogni sera (“le dissi, prova a stare qui per sei mesi, poi se non ce la fai vorrà dire che torneremo in Italia”), la consorte piano piano si organizza.
Quando ripercorre i primi anni, gli occhi di Carla Altomare si fanno ancora più vivi e anche un po’ lucidi. 
“Le difficoltà c’erano, non si può dire di no: la sera mangiavamo dentro le zanzariere perché eravamo attaccati da qualsiasi genere di insetto. 
Piansi il giorno che fui costretta a tagliarmi i lunghissimi capelli di cui andavo fiera.
Ogni mattina bisognava inventarsi la vita e c’era sempre qualche inconveniente. Ma piano piano iniziavo ad assorbire la meraviglia africana, ad amare la natura e il senso di libertà e sentirmi parte di una vita nuova.
Una delle prime cose che mi attirarono nella città vecchia di Malindi erano le coloratissime stoffe dei bazaar, che arrivavano dall’India e dalla Tanzania.
Quasi per gioco e per passare il tempo durante il giorno, iniziai a disegnare vestiti e copricostumi da spiaggia. In poco tempo avevo creato la mia linea e la comunità anglosassone organizzò per me una sfilata al Blue Marlin”.
Così Carla diventa la prima “stilista italiana” di Malindi.
Dagli abiti passa in poco tempo agli arredamenti delle ville acquistate dagli italiani che negli anni Settanta iniziano ad arrivare sulla costa keniana.
Tessuti per divani, coprimaterassi, cuscinerie, tovaglie, biancheria: “Mama Carla” è ormai un’istituzione.
Per la gioia e l’orgoglio di Elio che non solo vedeva la moglie ormai inserita nella comunità malindina, ma era trascinato dal suo entusiasmo che faceva da contraltare alla routine del lavoro alla base spaziale.
Non solo, i due diventano anche geometri, architetti e costruttori del loro nido d’amore, una villa semplice, sobria e colorata: a loro immagine e somiglianza, un po’ italiana, un po’ africana.
La storia di Elio e Carla s’intreccia con quella della Malindi italiana, che a cavallo del Millennio, da pochi sparuti elementi raggiunge il migliaio di presenze e si allarga sempre più, fino a diventare una cittadina nella cittadina.
Mama Carla intanto lotta con i serpenti (“un giorno finalmente uno è riuscito a mordermi, ma è morto lui” ride la donna) e si destreggia con l’inglese e con uno slang tutto suo, metà swahili metà pugliese.
Oggi i coniugi Altomare sono due splendidi vecchietti con lo sguardo e la mente da ragazzini. 
Sorridono e si guardano come le prime volte che si abbracciavano per farsi coraggio al cospetto dell’Africa nera.
Con la consapevolezza di aver attraversato mezzo secolo di storia di Malindi con leggerezza e positività.
Non c’è da stupirsi che il regista Giampaolo Montesanto li abbia scelti come protagonisti del suo documentario “Italiani in Kenya” che verrà presentato il prossimo autunno.
La storia infinita di Elio e Carla è molto più di un film, è la vita!

TAGS: Elio AltomareCarla AltomareItaliani MalindiStoria Malindi

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