AMBIENTE
07-04-2019 di Freddie del Curatolo
Palizzate di sacchi di sabbia schiaffeggiate dall’alta marea, costruzioni di cemento di dubbio gusto con camminamenti per evitare l’effetto lago di Como, chiringuitos costretti a chiudere e baracchine di artigianato e turisticherie che rimuovono in fretta la loro mercanzia.
Questo è il presente di molte spiagge della costa keniana e il futuro non prevede niente di meglio.
Watamu, Diani e Bamburi stanno vivendo una situazione non confortante: solo vent’anni fa sulla battigia, anche senza la bassa marea, si potevano tracciare le linee per un campo da calcio regolamentare e osare sfide Italia-Kenya tra turisti e proto-beachboys che terminavano (spesso 0-0) solo con il principio d’infarto dei primi.
Oggi si può passeggiare solo nelle due o tre ore prima e dopo la minima e in alcuni tratti della spiaggia di Malindi, così come in quella di Nyali, non si può proprio passare. Alcuni hotelier iniziano ad avere le caviglie salmastre e si difendono come possono.
Effetti del cambio climatico, del surriscaldamento degli oceani, del buco nell’ozono? Come sempre le congetture e le ricerche si accavallano, si intrecciano e si negano da sole.
La verità è che l'Oceano Indiano avanza e che tra cinquant’anni la costa del Kenya potrebbe non esistere più e così molte strutture alberghiere, costruite “come se non ci fosse un domani” e soprattutto come se non ci fosse un organismo di tutela preposto non corrotto (e infatti non c’era).
A rischiare, e molto, è l’isola di Mombasa.
All'inizio dello scorso anno i Musei Nazionali del Kenya (NMK) hanno lanciato l'allarme: Fort Jesus, sito riconosciuto dall'Unesco come patrimonio mondiale dell'umanità, rischia di essere portato via dalle onde del mare.
In colpevole ritardo per schermaglie politiche tra la Contea e il Governo, è partito ora un progetto per fortificarne una parte con un muro marino. Più di metà del lavoro è già stato completato, ma manca la parte più importante, quella che riguarda le fondamenta di corallo.
Fatma Twahir, curatrice principale di Fort Jesus, ha dichiarato al quotidiano Daily Nation che senza delle paratie sottomarine ci si potrebbe aspettare un'ulteriore erosione delle mura.
"Fort Jesus è situato su una cresta di corallo, a nord-est dell'isola di Mombasa, che domina l'entrata al vecchio porto di Mombasa. Ora stiamo intraprendendo una soluzione a lungo termine costruendo un muro di protezione del mare che arresterebbe la distruzione” ha aggiuntoTwahir.
Secondo un rapporto pubblicato nel 2013 dell'Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC), Mombasa e altre parti della costa dell'Africa orientale potrebbero affondare entro il 2080 a causa dell'innalzamento del livello delle acque.
"Si stima che circa il 17 per cento di Mombasa sarà sommerso con un innalzamento del livello del mare di soli 0,3 metri. Allo stesso tempo, vaste aree potrebbero essere rese inabitabili a causa delle inondazioni o del taglio dell'acqua, o potrebbero essere inagibili dal punto di vista agricolo a causa dello stress del sale", si legge nel rapporto.
“L'alto livello di vulnerabilità di Mombasa deriva dalla sua bassa altitudine, specialmente dalla pianura costiera che copre da quattro a sei chilometri di larghezza e si trova tra il livello del mare e circa 45 metri sopra il livello del mare. È probabile che quest'area a bassa quota si sommerga se il livello del mare dovesse salire” precisa lo stesso studio.
Ma non è tutto perduto e ancora una volta l’ambiente potrebbe venire in aiuto. Il direttore dell'Istituto di Ricerca Marina e della Pesca del Kenya James Kairo assicura che ci sono diverse opzioni disponibili affinché il Paese possa prendere le adeguate contromisure all’innalzamento del livello del mare, compreso l'uso delle mangrovie per proteggere il litorale.
Ormai la parola più utilizzata da queste parti è “challenge”, come dire “è sempre una battaglia”.
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