CURIOSITA'
15-11-2020 di Freddie del Curatolo
E’ l’Africa ad aver creato il tormentone musicale più ascoltato ai tempi del lockdown, quello che da molti è definito “L’inno della resistenza al Covid-19”.
Si tratta di “Jerusalema”, una hit da 250 milioni di visitatori su Youtube, che diventano più di mezzo miliardo con i vari remix e le “cover” realizzate in mezzo mondo, comprese le Orchestre Filarmoniche e i cori Gospel.
In più sulle piattaforme come Tik Tok e simili, la “Jerusalema Dance Challenge” con le coreografie del ballo della canzone da imitare e registrare, si è raggiunto un vero e proprio record.
Gli operatori sanitari afro-americani l’hanno eletta a loro inno liberatorio e si sono esibiti nelle danze anche nei corridoi degli ospedali per esorcizzare le tensioni e le paure della pandemia ed alleviare le fatiche del duro lavoro, ma anche soldati e addirittura pastori protestanti ne hanno interpretato una personale versione.
La scorsa settimana il deejay sudafricano Kgaogelo Moagi, in arte Master KG, ha conquistato il premio per la migliore rappresentazione africana dell’anno agli European MTV Music Awards.
Ma come è nata Jerusalema?
La canzone è stata scritta nell’estate del 2019 da Master KG e dalla cantante gospel Nomcebo Zikode (è sua la voce femminile del pezzo originale) con parole in idioma zulu, prendendole dal vangelo e reimmaginando una terra promessa. Il testo è comunque abbastanza criptico.
"Gerusalemme è la mia casa, custodiscimi, cammina con me, non lasciarmi qui. Gerusalemme è la mia casa, il mio posto non è qui e non ne voglio fare il mio regno".
Inutile dire che il popolo Palestinese ha fatto suoi i versi e ha ringraziato il deejay sudafricano per appoggiare le loro rivendicazioni di sempre.
La canzone, nella sua versione “Gospel-pop” ha girato per alcuni mesi nei circuiti radiofonici sudafricani ottenendo un discreto successo ed arrivando anche nei Paesi limitrofi.
I due autori devono però molto al corpo di ballo angolano “I fenomeni del Samba”, che a febbraio, poco prima dell’esplosione del “Corona”, pubblicarono un video in cui mentre mangiavano fuori dalla scuola, iniziavano a ballare, insenando una coreografia con i piatti in mano.
Il video “virale” ancor prima del virus ha dato una nuova vita alla canzone diventando una sorta di inno panafricano.
Mentre in poco tempo in Nigeria, Ghana e Kenya tutti impazzivano per Jerusalema, il successo europeo ( numero 1 in Germania e Francia) lo si deve particolarmente all’artista nigeriano Burna Boy, mago dei suoi techno che con il suo remix della canzone ha sfondato ovunque.
Ogni Nazione ha una sua cover nella propria lingua (in Italia la più ascoltata è di Daudia, ex concorrente di X Factor).
Nonostante questo incredibile successo, Master KG sembra rimasto umile e aspetta solo di poter cantare Jerusalema e le altre sue composizioni in giro per il mondo, quando l’emergenza sarà finita e permetterà il ritorno ai concerti dal vivo.
“Non mi sento un superuomo o il personaggio del momento – ha spiegato alla stampa Moagi – so di aver composto la canzone più famosa dell’anno, ma questo non cambia né me né il mio modo di fare musica. La mia speranza è che canzoni come questa possano unire tutti i popoli di questo Continente”.
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