Qualcuno ha detto che l’Africa da sempre subisce le colpe del resto del mondo ma che se ne fa anche un alibi.
E’ una semplificazione forse un po’ cinica, ma inquadra sicuramente alcune delle problematiche dell’era moderna per cui si superano i (pre)concetti storici dello schiavismo, della colonizzazione e dello sfruttamento delle risorse, per abbracciare quelli moderni della trasformazione dei paesi dell’ex terzo mondo in “paesi in via di sviluppo”, tramite tecnologia, infrastrutture e finanziamenti vari.

In tutto questo si inserisce la questione più attuale di tutte e in cui il continente africano torna a sentirsi sfruttato: il cambiamento climatico.
Negli ultimi 150 anni, ovvero dall’avvento della rivoluzione industriale, l'Africa si è resa responsabile solo del 2,8% delle emissioni di combustibili fossili a livello globale, molto meno della sola Gran Bretagna (4,3%).
Anche oggi, con tutto il traffico e la poca attenzione a Ztl ed altri rimedi dei nipoti, in ben 39 Paesi africani, le emissioni di carbonio pro capite rientrano nel livello di guardia del solo 1,5% al di sopra dei valori preindustriali. Questo è dovuto chiaramente alla sua natura, agli spazi aperti dell’immensa superficie, alMa il basso livello di sviluppo economico dell'Africa significa infrastrutture, accesso all'energia e sicurezza alimentare limitati, e questo è in definitiva ciò che rende l'Africa così vulnerabile. “Non è una coincidenza che 13 dei 20 Paesi più vulnerabili al clima a livello globale siano anche tra i 20 più poveri in termini di PIL pro capite” ha spiegato in un editoriale Mo Ibrahim, titolare dell’omonima fondazione che si occupa di studi sui cambiamenti climatici in Africa.

Lui, insieme al governo keniano e all’Unione Africana, sono i promotori del primo vertice sul clima in Africa (Africa Climate Summit) che si tiene da oggi a Nairobi e al quale partecipa anche una delegazione italiana del ministero dell’Ambiente, guidata dal sottosegretario Claudio Barbaro, oltre all’Ambasciatore d’Italia in Kenya, Roberto Natali.

Si dice spesso anche che questi grandi incontri, le conferenze in generale sono perdite di tempo e spreco di soldi. In questo caso però c’è un elemento positivo, che il summit sul clima sia incentrato sul tema Africa e sia organizzato dalle stesse nazioni che subiscono questo problema. Siamo stati abituati anche ad una certa “colonizzazione” della solidarietà e dell’ecologia. Qui invece parte tutto in maniera indipendente e chi è stato invitato deve venire a portare soluzioni, know-how e, non è il caso di dirlo, aiuti.

Sarà interessante, almeno per noi che viviamo nel maggiore dei paesi africani coinvolti e che ne seguiamo le vicende quotidianamente, capire cosa verrà fuori dai tre giorni di Nairobi.
Ve lo faremo sapere.