EDITORIALE
17-05-2021 di Freddie del Curatolo
Sembra ieri e allo stesso tempo sembra passata un’era geologica.
17 maggio 2020, 17 maggio 2021.
In mezzo a quest’anno di italianità in Kenya ci sono stati lockdown, restrizioni, coprifuoco, menefreghismo, terapie intensive al collasso, turisti di straforo a spasso, gente che pur di tornare a Malindi e Watamu ha eletto a domicilio temporaneo la capanna del beach boy Toblerone o la camera ammobiliata di una studentessa, arzilli ottantenni bloccati alle partenze internazionali che piangendo imploravano motivi di salute e via dicendo.
Intanto, dopo la riapertura del Kenya al turismo internazionale, lo scorso agosto, l’Italia non ha ristabilito un ponte diretto, nonostante i casi nel Paese africano fossero pochissimi.
Le informazioni poco attendibili, la precarietà del sistema sanitario e la pericolosità di un andirivieni poco controllabile, con tamponi fittizi ed altri escamotage da un luogo conosciuto per l’alta incidenza della corruzione, hanno consigliato al Governo di confinare anche il Kenya, nonostante i buoni rapporti tra i due Paesi, nella fatidica fascia “E”, quella delle destinazioni a rischio.
Questo ha messo in ginocchio il settore turistico e in tanti, vista la posizione pericolosa a novanta gradi, hanno preferito chiudere piuttosto che farsi trovare aperti a pericolose esperienze.
E dopo un anno, noi residenti e lavoratori italiani in Kenya, siamo ancora più o meno nella stessa posizione, arrivando a preferire di gran lunga quella del missionario e come tali a doverci occupare di chi ha sofferto ancor più di noi delle chiusure. Dipendenti locali stagionali a cui è venuto a mancare il salario, lavoratori dell’indotto (dal pescatore al fruttivendolo, dal driver di safari al sarto delle boutique) rimasti a casa, impiegati con mansioni professionali negli hotel costretti a turni o al part-time pur di mantenere il lavoro, grazie ad imprenditori accondiscenti (a loro spese, che figuriamoci qui gli ammortizzatori sociali...già saltano quelli dei fuoristrada).
Ma torniamo indietro a quel 17 maggio 2020.
LEGGI QUI L'ARTICOLO DI UN ANNO FA: https://malindikenya.net/it/articoli/notizie/ultime-notizie/partiti-oggi-250-italiani-rimpatriati-dal-kenya.html
Allora gli italiani volevano “fuggire” dal Kenya e urlavano la loro rabbia contro il Governo italiano che li aveva “abbandonati” nell’Africa nera. La sensazione era che con l’estate in Italia sarebbe tutto finito e che invece con l’arrivo delle piogge in Kenya “sarebbe stata un’ecatombe” (citando l’Organizzazione Mondiale della Sanità). Alla fine quelli che sono rimasti, approfittando delle estensioni di visti turistici concesse dall’immigration office del Kenya, hanno probabilmente avuto ragione, perché l’Italia, tra continui tentativi di ripartenze e contropiedi, sperando di emulare l’Inter di Conte e Lukaku, forse sta uscendo solo adesso da ondate e lockdown.
Ma chi poteva saperlo e soprattutto, vuoi mettere il piacere di lamentarsi, fare le vittime e gracchiare sui social?
Noi di malindikenya.net, come molti di voi ricorderanno, abbiamo immortalato quel 17 maggio, con la mastodontica operazione-rimpatrio messa in campo dall’Ambasciata d’Italia a Nairobi e diretta dal Consolato Onorario di Malindi, che permise di riportare a casa più di 250 connazionali dal Viet...ehm, dal Kenya. In meno di due mesi sarebbero diventati 700 gli italiani rimpatriati con voli di Stato (a pagamento, cosa che fece rizzare i peli ai vacanzieri rimasti imprigionati in situazioni incresciose come piscine svuotate o ristoranti chiusi).
Il nostro ironico documento fu ripreso anche dal sito della Farnesina e dai telegiornali nazionali di quei giorni, oltre che dalle televisioni keniane.
Per chi se l’era perso e chi lo vuole rivedere, eccolo qui sotto.
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