William Ruto era uno dei tanti ragazzini del nord del Kenya che ogni giorno macinavano chilometri a piedi nudi per andare e tornare da scuola.
Ha ricevuto il suo primo paio di scarpe a 15 anni perché erano obbligatorie per frequentare le scuole superiori.
Per guadagnarsi da vivere ha venduto polli al mercato e noccioline ai bordi delle strade. Il nuovo presidente del Kenya, 55 anni, è il classico “self made man”, uno scalatore sociale capace di creare dal niente in trent’anni un impero costituito da attività agricole, allevamenti, catene alberghiere ed altri investimenti.
La sua carriera politica inizia nel 1992, nei giovani del Kanu, il partito di Daniel Arap Moi, secondo presidente del Kenya della stessa sua tribù, i kalenjin. Nel 1997 al primo tentativo entra in parlamento come rappresentante di Eldoret, la città dei grandi maratoneti. Nel frattempo si laurea in botanica all’Università di Nairobi, Moi da assistente lo promuove a Ministro degli Affari Interni e dal 2002, con l’elezione di un presidente di etnia kikuyu, Mwai Kibaki, cambia partito ed ottiene il ministero dell’Agricoltura. Nel 2007 sceglie di schierarsi con l’opposizione e supportare la candidatura di Raila Odinga a presidente, vedendosi chiuso da Uhuru Kenyatta per il ruolo di vice Kibaki.
E’ l’anno delle violenze post elettorali scatenate dalle accuse di brogli da parte di Odinga. Violenze che porteranno al tragico computo di 1200 morti ed oltre 600 dispersi. La Corte Internazionale accuserà lui e Kenyatta di strage e crimini contro l’umanità. Verranno entrambi assolti nel 2014 e 2016. Alle successive elezioni, nel marzo 2013, torna con la maggioranza e supporta la candidatura di Kenyatta di cui diventa vicepresidente. Carica confermata dopo le contestate elezioni del 2017, fatte ripetere dai giudici dopo un esposto dell’alleanza di Odinga. Lo strappo con Kenyatta avviene a febbraio 2018, quando Kenyatta e Odinga vengono a patti e chiedono un referendum per cambiare la costituzione, con l’idea di creare la posizione di Primo Ministro per Kenyatta che non si potrà ricandidare alla fine del doppio mandato. I giudici bocciano la richiesta e Ruto decide di fondare un suo partito, United Democratic Alliance, e correre per la presidenza pur rimanendo vice di Kenyatta, che invece supporta la candidatura di Odinga.
L’uomo dei polli ha conquistato l’elettorato medio keniano con la narrativa dell’hustler, come si definisce. In inglese, nella migliore delle ipotesi, la parola suona come “persona disposta a tutto pur di sbarcare il lunario”.
Ruto definisce il suo Kenya ideale una “hustler nation”. Ora questa filosofia è al potere.