L'ANGOLO DI FREDDIE
26-03-2024 di Freddie del Curatolo
Il Kenya è anche un mondo di luce.
Tra tutte le attrazioni, le suggestioni e i sentimenti che provoca questo paese a chi lo vive, tra pulsioni tangibili e trasporti spirituali, raramente si pensa all’importanza della sua luminosità e di quanto incida su quel groviglio di sensazioni che per pura comodità chiamiamo “mal d’Africa”.
Il cielo immenso e ovunque dell’equatore non è solo lo specchio di milioni di esistenze che lo attraversano, accomunate dallo stesso magnetismo pur subendo o usufruendo di destini completamente diversi.
In Kenya ci sono elementi soprannaturali così come eventi quotidiani del tutto naturali che penetrano in profondità e vengono avvertiti dall’uomo in eguale maniera, almeno inconsciamente.
La luce è uno di questi elementi.
Il grande reporter e filosofo d’Africa Ryszard Kapuscinski impreziosisce l’incipit di “Ebano”, il suo più noto e celebrato libro (per chi non l’avesse ancora letto, uno scritto imprescindibile per capire l’Africa e la genesi della sua indipendenza) con la sensazione di cui stiamo parlando.
“La prima cosa che colpisce è la luce.
Luce dappertutto, forte, intensa…”
Racconterà di un continente intero, peraltro mettendo in guardia dal volerlo considerare un’entità geopolitica unica (“in realtà, a parte la sua denominazione geografica, l’Africa non esiste”).
Eppure parte dalla luce, come elemento emblematico e unificatore.
Una luce che regola tutto e forse per questo fa dell’Africa equatoriale la terra più vicina ai ritmi circadiani, alle abitudini ancestrali dell’uomo, iniziate proprio qui nella culla della civiltà.
Una luce che si spegne all’improvviso, in poco più di mezz’ora, e si contrappone spesso al buio assoluto di zone senza corrente elettrica o dove dovrebbe esserci ma dove latita il denaro per pagarla o i trasformatori funzionanti.
Una luce che si porta via l’aria, perché in tante casupole o capanne si accendono lanterne a paraffina. Una luce che, andandosene, non oscura solo il cielo ma anche i sorrisi e attiva la paura, che mette a letto la gazzella e tiene sveglie le iene.
Ma anche una luce consolante, perché libera gli africani dalle fatiche quotidiane della sopravvivenza e interrompe le trame e la frenesia di chi ci lucra sopra.
Rimandando tutto ad un nuovo, luminoso, intenso incanto di luce al quale non prendere parte, nonostante il nero sipario ad ogni atto in attesa dello sconosciuto finale, sarebbe un vero peccato.
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