Sarà un buon Natale.
Non è tanto per ricordare Gesù, che qui si venera distrattamente ma con sussiego tutto l’anno, come emblema di una purezza e una bontà che non potrà mai appartenere agli esseri umani e soprattutto come portatore di perdono per le donne, che quasi sempre non ne hanno bisogno, e per gli uomini che quasi sempre hanno bisogno di un alibi.

Sarà un buon Natale perché ha piovuto tanto e tra poco si potrà raccogliere il mais.
L’attesa del mais è come l’attesa del Natale; per una volta, e in Africa è raro, si può star certi che arriverà.
Da queste parti solitamente si vive (e si muore) dell’attesa di un’attesa, che poi spesso resta tale.

Ci saranno parenti lontani, faranno ritorno con le tasche sempre più vuote e almeno i vecchi genitori, rimasti nel villaggio natale, avranno un bel piatto di polenta fumante da offrire loro, sperando che in cambio arrivi un nuovo utensile cinese, una coperta non eccessivamente acrilica e il sorriso di un nuovo nipote.

Ci sarà una capra da sgozzare, perché qui essere vegani non è una scelta, è una necessità di quasi tutto l’anno, ma quando c’è un matrimonio, un funerale o una festa comandata, trovami un africano che faccia lo schizzinoso o s’inalberi per questioni di principio.
Ci sarà una grappa artigianale, e che qualcuno ne controlli la fermentazione, mi raccomando.
Perché ad ogni festa c’è chi perde metà delle sue diottrie o tutto il fegato, e si aggiunge alle adolescenti che perdono la verginità e troppo spesso anche la scuola, perché rimangono incinte.

Ci saranno i sermoni dei più furbi del villaggio, che presto si candideranno per il consiglio di contea, e se faranno promesse, saranno regali che nessuno potrà scartare.
Poi la colletta per gli studenti più bravi dell’anno passato da spedire in un college, l’annuncio di prossime nozze combinate, quello della richiesta della dote da parte dei genitori della sposa.

Infine si canterà tutti insieme in chiesette, stanzoni, hangar di lamiera. Ovunque possano entrare gli ospiti più graditi del Natale, quelli che fanno capolino ogni domenica dell’anno: allegria, speranza e condivisione.
Tutti insieme si festeggerà l’attesa di un nulla andato a buon fine, che è il minimo che si spera di poter dire della vita.