UN MERCOLEDI' DA KENIOTI
08-06-2022 di Marco Bigi
Perché amo il Kenya e voglio viverci?
Sono sempre stato un giramondo, prima per lavoro e poi, quando ho potuto permettermelo anche per diletto. Fin da bambino, dal primo picnic sul Ticino con i miei genitori, ho sempre sofferto di una strana malattia, la Fantastichite, i cui sintomi mi fanno fantasticare sull'eventualità di trasferirmi andare a vivere nel luogo che visito, sia che si tratti di Rezzago, a 50 km dalla mia natia Milano (ove ho trascorso i miei strani ultimi 8 mesi), sia che si tratti di Papeete (Tahiti) a 16344 km in linea d'aria (ove avrei trascorso volentieri almeno 80 mesi).
Dopo aver scoperto di condividere con mia moglie Lara la passione per i viaggi, abbiamo girato insieme dai Caraibi al Giappone, dalle Canarie alle Seychelles, dalle Maldive all'Australia, perfezionando la cura alla Fantastichite con quel senno di poi che, dopo tanto sognare, ti fa dire "Bello sì, ma non ci vivrei".
E così nell'estate del 2010 trascorremmo la nostra prima troppo breve vacanza in Kenya, comprensiva di safari allo Tsavo e di visita agli amici, tra i quali Freddie (già lo conoscevo dai tempi in cui faceva il giornalista in Italia) che si offerse di farci da guida a Malindi e dintorni. Ci sentimmo persi nel contrasto tra la meraviglia della savana e la crudezza della quotidianità africana, tra i sorrisi dei bambini e la rottura di scatole dei beach boys, tra l'azzurro del cielo e la spazzatura per strada, tra il senso di libertà e il filo spinato sui muri. Lasciammo in attesa il verdetto definitivo e tornammo in Italia, ove avevamo da fare per ancora un paio d'anni.
Ormai quasi immuni alla Fantastichite raccogliemmo le foto del Kenya nel nostro decimo album fotografico e ci ributtammo entrambi nel vortice del lavoro in RAI.
Nel 2012, sentii l'esigenza di preparare un piano B, avvertendo l'imminente crollo della stabilità lavorativa in TV, e dissi a Lara che pensavo di andare alle Canarie (che avevamo visitato qualche anno prima, ospiti di un amico musicista che lavorava tutte le sere negli alberghi) per capire se poteva essere un posto adatto a noi.
Lara, inaspettatamente mi rispose "No, un posto affollato con i grattacieli sula spiaggia no, piuttosto il Kenya!". Rimasi interdetto ma la presi in parola e iniziai una lunga corrispondenza via email con Freddie partendo con questa domanda: "Mi sai dire perché a tutti viene il mal d'Africa e a noi non è venuto?"
Freddie mi rispose: "Se vieni qua sei mio ospite e te lo spiego, anzi, dato che devo venire a giugno in Italia a firmare un contratto editoriale, passo a prenderti e voliamo insieme per il Kenya".
E così fu.
Trascorsi un paio di mesi con Freddie che mi portò in giro, mi fece conoscere il suo Kenya, mi fece scoprire la filosofia del "pole pole" nella quale mi riconoscevo pienamente, cominciammo a scrivere uno spettacolo con tanto di canzoni originali, gustammo prelibati manicaretti, girellavamo alla ricerca del tramonto perfetto. Quasi senza accorgermene, ormai ero cascato in pieno anch'io nel Mal d'Africa, la cui unica cura sta nel trascorrere in Africa più tempo possibile, perché lontano da quel continente comincia a prenderti una fastidiosa nostalgia.
Fatto sta che quando Lara (contagiata ben prima di me) mi raggiunse in agosto, avevo già firmato un contratto d'affitto per la spartana villetta di fianco a quella del mio mentore e da lì, ridendo e scherzando, trascorremmo una media di otto mesi all'anno per dieci anni consecutivi a Malindi.
Perché voglio vivere in Kenya? Ma che domande... io non voglio vivere in Kenya, nel senso che non è una fantasia: io vivo in Kenya e questa è una realtà, il frutto di una scelta (e non di fortuna come molti sospirando mi dicono). In tutti gli altri posti faccio finta di vivere.
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