Editoriali

EDITORIALE

La battaglia del Kenya contro l'alcool che distrugge vite

Bar locali chiusi, licenze sospese tra rischi e cattive abitudini

13-03-2024 di Freddie del Curatolo

Gli stranieri possono scorgerli spesso anche dal finestrino, passando dai villaggi rurali lungo le strade asfaltate che portano in savana o sulla litoranea che lascia Mombasa e viaggia verso le destinazioni turistiche.
Sulla costa sono casupole rettangolari con la base di cemento che arriva ad altezza fianchi ed il resto della struttura in legno, con il tetto di palme secche, il cosiddetto makuti, che appositamente spiove ben oltre il naturale, andando quasi a lambire il cemento e lasciando penetrare solo qualche spiraglio di luce.
Meglio non vedere cosa accade lì dentro e come si trasforma chi vi entra.
A nord la lamiera sostituisce il makuti e nelle periferie più degradate spesso anche il cemento.
Questi tuguri in cui un uomo occidentale difficilmente potrà mai entrare, sono i bar locali del Kenya dove viene somministrato alcool prodotto illegalmente. Distillati artigianali fermentati con erbe, bucce di frutti o tuberi, zucchero, etanolo e qualsiasi altra roba capiti sotto mano. Li chiamano “alcolici di seconda generazione”, dove a “generazione” bisognerebbe aggiungere il prefisso “de”.


Sono la causa principale della mutazione di parecchi cittadini keniani da disperati a zombie, da depressi a mendicanti, da incazzati a malviventi. Ma sono anche causa di morte di chi magari ne fa un uso sporadico, occasionale, durante una festa, un addio al celibato o una riunione tra vecchi amici.
Poche settimane fa, a nord di Nairobi nella contea di Murang’a, venti persone, quasi tutti membri della stessa famiglia, sono deceduti dopo una bevuta di liquori illeciti in uno di questi bar.
Già un anno fa il governo aveva annunciato un giro di vite contro l’alcolismo dilagante in Kenya, prendendo di mira anche i locali che servono superalcolici legali, cercando di limitarne gli orari, i giorni di apertura e di non rinnovare le licenze a quelli vicini alle scuole.
Ma fino a quando la regolamentazione di questo sarà in mano alle polizie locali, quasi tutti i rimedi immaginabili diventano occasione per alimentare la corruzione.


Così ora il Kenya ha deciso di agire direttamente dall’alto: da una settimana ufficialmente i baretti che vendono alcolici “di seconda generazione” devono chiudere i battenti. Ogni governo di contea è stato chiamato ad operare in tal senso e già più di duecento attività al limite della legalità o che campavano a mancette sono state chiuse. Sicuramente molte a malincuore da poliziotti conniventi, tanto che il governo ha emesso anche un’altra ordinanza: i rappresentanti delle istituzioni non potranno più essere proprietari di locali pubblici che servono alcolici.
Ci sono altre voci, nell’ordinanza firmata dal ministro degli Interni Kithure Kindiki: una revisione totale delle licenze degli alcolici che potrebbe riguardare anche il turismo. Infatti è scritto che entro 45 giorni i locali pubblici dovranno rispettare alcune regole nuove, tra cui non vendere alcolici se in prossimità di scuole o strutture “sensibili” (si suppone ospedali, ma sarebbe meglio specificare) e rispettare certi orari se il locale sorge in aree residenziali (anche qui la specificazione sarebbe necessaria, onde evitare la solita interpretazione arbitraria di comodo di chi deve far rispettare le leggi…).


La repressione, benché in questi casi il pugno di ferro riduce al massimo la possibilità di "marciarci sopra", non deve essere l'unica risorsa: senza un'attenzione verso i giovani, senza educazione nelle scuole e con una morale di facciata, ogni forma di fuga dalla realtà viene estremizzata (basta vedere i danni fatti da scaltri e folli predicatori religiosi).
Il vicepresidente Rigathi Gachagua ha dichiarato che per questa battaglia definita “epocale” contro l’alcolismo selvaggio nel paese, è disposto anche a rinunciare alla sua poltrona. 
E’ sempre molto difficile cercare di cambiare alcune abitudini di questo paese, specialmente quella di stordirsi perché non si hanno gli strumenti (e per fortuna neanche le armi, altrimenti come in certe regioni della Nord Rift Valley si vede cosa accade) per affrontare una sopravvivenza sempre più ardua.

TAGS: alcoolbarettiillegaliliquorilicenze

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